Bocciature agli esami di procuratore legale, Pino Pitaro apre una strada che potrebbe fare giurisprudenza

Si attende la conclusione dell'iter già avviato

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    Spesso alcune sentenze, magari talvolta precedute da ordinanze e decreti per così dire molto “significativi”, mutano profondamente la giurisprudenza. Merito di avvocati davvero capaci, che studiano il diritto e lo sviscerano in ogni sua piega. Ecco perché bisogna dare grande merito a Giuseppe Pitaro, capace di aprire forse una via (dipende infatti da come andrà a finire l’iter avviatosi con il principio sollevato dallo stesso Pitaro e di cui per ora il Tar Calabria ha riconosciuto la fondatezza) in una materia complessa e delicata come quella dei ricorsi rispetto alle bocciature ai vecchi esami di procuratore legale. E già, perché una prova che non è di fatto un concorso pubblico per l’assegnazione di un lavoro a tempo indeterminato con tanto di stipendio è ormai diventata a tutti gli effetti una draconiana “soglia di sbarramento” per l’accesso delle nuove leve alla professione forense (per la verità un po’ troppo inflazionata. Questo va detto). Uno stop che viene però imposto con criteri privi dei crismi dell’oggettività, talvolta persino parecchio opinabili, essendo prevista l’effettuazione di tre prove (una la giorno, come ovvio): un parere di Civile, uno di Penale e un atto a scelta di Civile, Penale o Amministrativo, giudicate poi da una sede di Corte d’Appello abbinata dal ministero della Giustizia (nell’ultima occasione è stata Venezia) nel caso di specie a quella di Catanzaro (Distretto in cui ricadono tutte le province calabresi tranne Reggio). Condizione indispensabile per essere ammessi agli esami orali – ultimo step prima di ricevere la sospirata toga – il raggiungimento della quota di 90, come la paura, che però potrebbe beffardamente non bastare. E il motivo è semplice: il fatidico numero va ottenuto nel computo totale con la possibilità di colmare una sola insufficienza, tanto è vero che sono stati bocciati candidati con una votazione pari a 28-34-28 (la cui somma fa naturalmente 90) o addirittura con un quasi inconcepibile 28-36- 29 (un 93 in cui, ancor più che in precedenza, al danno si aggiunge una clamorosa beffa). Ma esistono anche casi per così dire meno limite, ma ugualmente beffardi quali 27-34-28 o ancora 27-34-27 e via dicendo. Ecco allora che, in particolare la scorso fine di giugno, quando l’amara sorpresa è toccata a diversi aspiranti legali, sono scattati alcuni ricorsi (strada che molti rinunciano a percorrere a causa della sua onerosità dovuta a un contributo unificato di ben 650 euro oltre ad altre indefettibili spese accessorie come, ad esempio, il giusto onorario dell’avvocato scelto per farsi assistere dal ricorrente). Ma fin quando la musica non cambierà, e non sembra possa accadere, bisognerà per forza ascoltarla. C’è stato però chi non si è lasciato scoraggiare (avendone le possibilità economiche o comunque affrontando grossi sacrifici) e adesso grazie all’egregio lavoro compiuto dall’ottimo Pitaro, sebbene l’Avvocatura abbia già deciso di appellarsi al Consiglio di Stato contro l’ordinanza del Tar (atto di cui c’è già stata comunicazione ufficiale ai diretti interessati), spera ancora di essere ammesso a sostenere gli orali. Resta però, giova ribadirlo, quanto fatto dall’avv. Pitaro – peraltro noto per il suo impegno su vari fronti e il ruolo, a lungo ricoperto fino al recente passato, di sindaco di Torre di Ruggiero – di cui hanno riportato il notevole risultato fin qui raggiunto tutti i siti, specializzati e non, e hanno preso spunto un nutrito gruppo di colleghi. Merito che gli va legittimamente riconosciuto. Questo comunque, in estrema sintesi, il presupposto che ha portato all’importante decisione del Tar: “La commissione esaminatrice che ha effettuato le operazioni di raggruppamento e rimescolamento dei plichi non era costituita in sessione plenaria”. Il Tribunale competente adito ha oltretutto rilevato “la violazione della regola sull’anonimato volta a garantire la parità di trattamento tra gli esaminandi”.

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