Bertolone alla città San Vitaliano: ‘Risvegliamoci’

Vivere nella città comporta, dargli un’anima, comporta l’impegno di tutte persone autentiche che si forzano di mettere a tacere gli egoismi per contribuire a costruire il comune sentire

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    Il pensiero dell’Arcivescovo Bertolone dettato ieiri sera al termine della processione di San Vitaliano, Patrono della città di Catanzaro e della diocesi. 

    1.   Carissimi, La festa di San Vitaliano, nostro patrono, ci offre l’occasione per interrogarci ed immedesimarci con tutto il cuore nel tessuto della nostra vita cittadina. San Vitaliano, che appartiene all’anima della nostra città, rappresenta uno stimolo perché Catanzaro ritrovi un’anima.

    2.   Affermando che “le città hanno un’anima”, l’indimenticato Giorgio La Pira intendeva dire che le relazioni tra cittadini e tra chi svolge funzioni e servizi grazie ai quali incontra i propri concittadini costituiscono il volto quasi sconosciuto, ma forse il più vero e più profondo, della città (che per lui era Firenze). Vivere nella città comporta, dargli un’anima, comporta l’impegno di tutte persone autentiche che si forzano di mettere a tacere gli egoismi per contribuire a costruire il comune sentire, espressione di democrazia certamente, ma anche del concetto evangelico di “ fraternità”. Dal mio punto di vista, l’anima della nostra città non si esprime adeguatamente a livello di memoria del passato remoto e di quello prossimo. Il rischio di una patologia sociale di tipo neuro-degenerativo è alto, in quanto la maggior parte di noi ha la memoria corta, asfittica, quasi resettata. Il primo impegno di tutti deve essere il recupero del patrimonio valoriale del passato perché su di esso dovranno poggiare i progetti per il domani. Come dire: cucire la memoria alla fede, alla speranza. Speranza era, nei primi secoli cristiani, un modo per dire la nostra religione, come l’apostolo Pietro ricorda ai destinatari di una sua lettera: “Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt 3,15). Non c’è domani senza presente e senza ieri.

    3.   In quest’ottica, Dalla nuova amministrazione, ovvero da coloro che il libero voto popolare ha designato al servizio della cittadinanza, ci si aspetta perciò che dia ad ognuno di noi una cospicua dose di speranza. Invertiamo la rotta: spes non più ultima ma prima dea! Diamo, tutti, contenuti alla speranza! Soprattutto i cattolici impegnati in politica, sia individualmente che attraverso l’associazionismo: il Comune apra subito uno sportello h. 24, per ascoltare i bisogni della gente; faccia il censimento delle persone indigenti (gli indigenti sono qualcosa di più in basso dei poveri), inserisca in bilancio la voce “aiuti ai poveri”, sia più presente nelle periferie geografiche ed esistenziali; in ogni senso, vigili sulla presenza della ‘ndrangheta che – neanche a dirlo – trova nelle condizioni di degrado sociale, di povertà, di disoccupazione, l’humusfavorevole per seminare la zizzania, anziché il buon grano.

    4.    San Vitaliano, forse ti abbiamo deluso per aver  abbandonato e trascurato la Città del vento, che soffia buono e generoso sul cuore dei catanzaresi e di tutti coloro che qui sono venuti e qui forse ancora in tanti verranno, solo se saranno favorite nuove politiche turistiche e culturali. Tu hai amato e protetto la nostra Città, pur non essendoci nato e non avendola vissuta. Ora ti chiediamo un aiuto particolare. Uno solo, dal quale far rinascere il nostro spirito catanzarese: renderci più uniti. Una maggiore coesione sarà frutto del nostro esserci incontrati. Tanti, si spera tutti. Nelle chiese. In questa piazza davanti alla prima Chiesa della città, nelle piazze della laicità e della politica. Nei bar, nelle scuole e nelle università. Nelle strade. Nei posti di lavoro, come in quelli chiusi alla qualità e dignità del lavoro. Ed in quelli chiusi all’ attività produttiva e che il lavoro hanno cancellato. Tu sai bene che la sfiducia, se non ribaltata, si trasforma in rassegnazione e disperazione. Un popolo rassegnato si svuota di idealità. Un popolo disperato cede all’abbandono e al pessimismo, l’altra faccia del dolore e della sconfitta dell’uomo nella società.

    5.   Nelle sue radici antiche, Catanzaro ha avuto una dimensione interculturale. La laicità non è esclusione del religioso, ma accettazione inclusiva di tutti gli apporti costruttivi, religiosi, culturali, politici e sociali messi in dialogo per il bene comune. Siamo tutti corresponsabili del bene, della pace degli altri . Si combatta l’individualismo esasperato, il disimpegno fatalista, la polemica sterile e dannosa, il lobbismo, le consorterie e prepotenze. Tali fenomeni favoriscono l’interesse di parte, scoraggiano la partecipazione civica ed il dialogo costruttivo.

    6.     Io, che ho imparato a conoscere Catanzaro in questi ormai lunghi anni di servizio  episcopale, so che così non sarà. So che il cuore dei catanzaresi è ricco di una forza e di una passione che non si ferma solo sulle bandiere giallorosse della rinascente squadra di calcio. È cuore antico, stampato con il sangue sul più vecchio gonfalone della Città. Questo cuore tornerà a pulsare. Forte. Pieno. Un battito che farà rumore come ogni azione della vita del santo che sei. Allora, una sola cosa ti chiedo: dammi la forza di guidare saggiamente questo popolo. E rendi questa mia umile persona di prete sempre più degno di essere il vescovo, tuo successore. 

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