‘Le Rsa rischiano il collasso’ (CON VIDEO)

I rappresentanti delle strutture socio assistenziali sulla vicenda della quota sociale delle rette L'INTERVENTO DI WANDA FERRO 

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    di Antonio Capria

    “In Calabria è a rischio l’intero sistema di welfare socio-sanitario, con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro ed il venir meno della stessa rete territoriale di assistenza”. A lanciare l’allarme sono le associazioni rappresentative delle strutture socio-assistenziali  Uneba, Anaste, Agidae e Aris, che con una conferenza stampa hanno posto l’attenzione sulla vicenda della quota sociale delle rette destinate alle Rsa.

    “Fra il 2010 e il 2014 la Regione ha versato solo il 50 per cento della quota sociale. Per anni le aziende sono state costrette a rivolgersi ai Tribunali per vedersi riconosciuto quanto dovuto”, denunciano i rappresentanti regionali Ferdinando Scorza, Michele Garo, Massimo Poggi e Pietro Siclari. “L’ultimo pagamento risale al settembre 2016, ma non solo le quote non vengono versate da 13 mesi – aggiungono i rappresentanti delle strutture –   addirittura la Regione, attraverso l’avvocatura, ci chiede la restituzione delle somme trasferite negli anni tra il 2010 e il 2014”.

    Ciò in forza della sentenza della Corte di Cassazione secondo cui la quota sociale non deve essere pagata direttamente dalla Regione, ma dalle Aziende Sanitarie. “Un falso problema”, secondo i rappresentanti delle strutture, poiché questi soldi devono essere comunque destinati alle Asp dalla stessa Regione. Per questo le strutture chiedono di riunire un tavolo tecnico per evitare questa sorta di “partita di giro” che rischia di mandare al collasso le strutture, considerato che nel frattempo le Aziende sanitarie  non accettano le fatture emesse dagli erogatori per ottenere il pagamento della quota sociale. Dalla Regione, spiegano le associazioni, sembra non esserci disponibilità a risolvere il problema.

    “La Regione Calabria non vuole pagare e non interviene sulle Aziende Sanitarie per metterle in condizioni di accettare le fatture. Nessuno vuole pagare la quota sociale delle rette, nessuno vuole rispettare le sentenze della Corte di Cassazione, tranne che per richiedere la restituzione delle somme già pagate. Quasi che la Cassazione abbia detto che le prestazioni non devono esser pagate”, protestano i rappresentanti delle strutture.  

    “Il tutto – proseguono – con grandi danni per la stessa Regione Calabria che, alla fine, dovrà pagare capitali, interessi spese legali e danni causati da tale incomprensibile atteggiamento. Le strutture, che già versano in grosse difficoltà economiche, non possono sostenere la restituzione delle somme che hanno incassato perché quei soldi sono serviti per pagare gli stipendi in ritardo, i contributi arretrati, gli interessi legali, i costi relativi ai servizi”. 

    Infine c’è la questione dell’applicazione del Dca 118 emanato dal Commissario alla sanità Massimo Scura, con cui è stato previsto una riduzione delle rette. Un taglio che potrebbe portare alla riduzione di oltre 400 posti di lavoro in tutta la regione, personale qualificato che potrebbe essere mantenuto attraverso l’attivazione di nuovi servizi sul territorio, come l’assistenza domiciliare. Secondo quanto riferito dai rappresentanti delle strutture, le Asp avrebbero immediatamente applicato il taglio alle rette, ma non avrebbero dato corso all’attivazione dei nuovi servizi previsti dallo stesso decreto commissariale.

    “I primi ad essere penalizzati da questo atteggiamento sono proprio i lavoratori, che pur nelle difficoltà hanno garantito in questi anni elevati livelli qualitativi nell’assistenza. Un patrimonio che non può essere disperso”, hanno rimarcato i rappresentati delle strutture.
    Ormai esasperati, gli erogatori sono pronti a rivolgersi alla magistratura per ottenere il risarcimento dei danni patiti dalle strutture, nonché a denunciare alla Procura ordinaria e a quella della Corte dei Conti eventuali ipotesi di reati e irregolarità nella gestione del denaro e del patrimonio pubblico.

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