Sanità: strutture private, a rischio welfare e occupazione

Associazioni a Prefetto Catanzaro,"Asp accettino nostre fatture"

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    “La Corte di Cassazione ha stabilito che la quota sociale delle rette delle strutture socio-sanitarie debba essere pagata dalle Aziende Sanitarie (e non più dalla Regione). La Regione, quindi, non procede più al pagamento delle prestazioni fatturate, in virtù di quanto stabilito dalla Suprema Corte. Le Asp, tuttavia, contravvenendo al principio stabilito dalla Corte, rifiutano le fatture relative alla quota sociale 2010-2014 (che dovrebbero, invece, accettare) e, conseguentemente, non provvedono a chiedere i fondi necessari per procedere con i pagamenti”. E’ quanto denunciano, in una nota, le associazioni che raggruppano le strutture di assistenza calabresi Uneba, Aiop, Anaste, Aris ed Agidae che si rivolgono al prefetto di Catanzaro per chiedere che le Aziende Sanitarie accettino le fatture per come stabilito dalla Cassazione. “La beffa è che la Regione – prosegue la nota unitaria – non solo non vuole più pagare quanto ancora in sospeso ma, addirittura, sta agendo per avere la restituzione di tutte le somme già pagate a titolo di quota sociale. Nessuna struttura è in grado di restituire i soldi percepiti perché sono stati già spesi per provvedere alle spese di gestione. E’ opportuno, a questo punto, evidenziare che, dall’entrata in vigore della legge 11/2015, le competenze relative alla quota sociale delle rette sono state trasferite alle Aziende sanitarie. E le Asp, quindi sono tenute al pagamento nei confronti degli erogatori. Ebbene, gli erogatori, nonostante ciò, non ricevono il pagamento della quota sociale delle rette da luglio/ settembre 2016, per un valore di circa ulteriori 30 milioni. I tanti inadempimenti delle Istituzioni hanno messo le strutture in ginocchio”. “Chiediamo che si intervenga – è detto ancora nel comunicato – affinché le Aziende sanitarie accettino le fatture per poter quantificare il dovuto per il periodo 2010-2014 e chiedere i fondi necessari, e, inoltre, affinché procedano ai pagamenti della quota sociale delle rette per il 2016 e 2017. Le nostre strutture, case protette, Rsa, centri di riabilitazione, offrono assistenza a soggetti anziani e disabili su tutto il territorio regionale, anche nelle zone dell’entroterra, e rappresentano una risposta ai bisogni della popolazione calabrese cui la rete ospedaliera non può far fronte. Inoltre, offrono lavoro a ben 5.000 operatori”. “Pertanto – riporta ancora la nota – è necessario affrontare il caso con tutta l’attenzione che merita una situazione tanto delicata: è a rischio la sussistenza del sistema di welfare socio-assistenziale con la consequenziale perdita di migliaia di posti di lavoro ed il venir meno della stessa rete territoriale di assistenza. Chiediamo, inoltre, al fine di approfondire tutte le problematiche, di voler concedere, a breve, un incontro agli erogatori ed ai rappresentanti delle nostre associazioni”.

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