Operazione Passo di Salto: progettavano Catanzaro come Scampia (VIDEO)

Cinquantuno arresti nell'operazione di Polizia e Carabinieri su input della Procura. Gratteri: una organizzazione considerata seria e credibile dalla ‘ndrangheta di serie A PASSO DI SALTO: 51 ARRESTI IL VIDEO DELL'OPERAZIONE I NOMI DI TUTTI I FERMATI COINVOLTI PROPRIETARI DI DUE LOCALI LE INTERCETTAZIONI LA DIRETTA FB DELLA CONFERENZA STAMPA 

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    di Antonio Capria

    Il loro progetto era quello di creare a Catanzaro una piazza di spaccio sul modello di Scampia. E non per emulare l’organizzazione di Gomorra, ma perché i canali di acquisto del gruppo erano così forti da giustificare uno sviluppo in quella direzione. Nel corso di una conferenza stampa tenuta in procura, gli inquirenti hanno svelato i dettagli dell’operazione congiunta di Polizia e Carabinieri “Passo di Salto” che all’alba di questa mattina, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Federico Zampaoli su richiesta del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dei sostituti Domenico Guarascio e Paolo Petrolo, ha portato in carcere 51 presunti appartenenti ad una organizzazione criminale che aveva il monopolio della distribuzione della droga nel capoluogo e nei principali centri della costa ionica catanzarese. Cocaina, eroina, hashish, nel linguaggio criptico del gruppo diventavano a seconda dei casi “prosecco”, “prosciutto”, o qualche altro codice convenzionale, ha spiegato il comandante del reparto operativo provinciale dell’Arma, colonnello Alceo Greco.  
    Collegamenti di serie A  Tra i loro clienti anche tanti giovanissimi ai quali lo stupefacente era venduto fuori dalle scuole e nei luoghi di ritrovo. Alcuni di loro, clienti abituali, ha spiegato il capo della Squadra Mobile Nino De Santis, venivano utilizzati a loro volta come pusher. 
    L’intero mercato era controllato dal gruppo che, partito da una organizzazione a conduzione familiare operante nella zona sud della città, era arrivato ad accreditarsi presso le più potenti cosche di ‘ndrangheta della Ionica reggina e del Crotonese, in particolare di Isola Capo Rizzuto. 
    “Le famiglie Pelle e Pizzata di San Luca, le cosche di Gioiosa Ionica” – ha spiegato il procuratore Gratteri – rappresentano “una ‘ndrangheta di serie A, diffidente, che non parla con chiunque, che non accetta di confrontarsi con chiunque”, quindi evidentemente consideravano questa organizzazione “seria, credibile e affidabile”. 
    Indagini tecnologiche Una crescita esponenziale che è stata monitorata in maniera paziente e capillare da Polizia e Carabinieri, che a partire dal 2009 hanno utilizzato tecnologie avanzate e raccolto tantissimo materiale probatorio, documentando le cessioni di stupefacente a riscontro dell’attività di intercettazione ambientale, veicolare e telefonica, che si è avvalsa anche dell’utilizzo di telecamere nascoste a lunga distanza, e che ha portato nel corso degli anni a sequestrare diversi quantitativi di droga. 
    Le indagini sono state avviate in maniera autonoma dai carabinieri della stazione di Catanzaro Lido e dai poliziotti del Commissariato del quartiere marinaro, che hanno concentrato la loro attenzione sull’attività di spaccio nei quartieri sud e su due omicidi, quelli di Giuseppe Fraietta e di Luigi Grande. All’attività si sono quindi aggiunti i militari del Reparto operativo provinciale e dagli investigatori della Squadra Mobile, e i due filoni investigativi sono stati riuniti in un unico fascicolo con il coordinamento della Procura.

    Le dichiarazioni di Mirarchi Il contenuto dell’inchiesta, definita dal procuratore Nicola Gratteri “granitica” sul piano probatorio, è stato corroborato e arricchito dalle dichiarazioni di Santino Mirarchi, l’ex capo del sodalizio diventato collaboratore di giustizia nel 2016, la cui escalation criminale è stata via via documentata dagli uomini del Commissariato di Polizia di Lido guidato da Giacomo Cimarrusti. 
    “Le attività illecite di questo gruppo – ha ricordato il procuratore aggiunto Capomolla – si sono quindi intrecciate con tante altre al centro di altre nostre inchieste, come quella denominata ‘Jonny’ che ha rivelato i rapporti con gli ambienti criminali della zona di Roccelletta di Borgia”. 


    Tre livelli L’organizzazione criminale, hanno spiegato gli inquirenti, era suddivisa in tre livelli: fornitori, grossisti e spacciatori al minuto. Una vera e propria holding dello spaccio, che aveva come peculiare modalità operativa quella della cessione in conto vendita della droga, il cui regolare pagamento era garantito dalla forza di intimidazione esercitata sugli spacciatori al dettaglio e sui consumatori.  
    Nell’organizzazione ci sarebbero stati ruoli e funzioni differenti e ben definite: in particolare emerge il rapporto di supremazia di Santino Mirarchi rispetto agli altri soggetti catanzaresi, il livello superiore dei referenti di Guardavalle, con Vincenzo Ierace, e di San Luca, con Sebastiano Pelle, in relazione ai quali lo stesso Mirarchi si sarebbe posto in modo ossequioso. 
    Nella stessa organizzazione avrebbero avuto un ruolo di fiducia anche Ignazio Catalano e Domenico Falcone, mentre Leye Kane sarebbe stato il “magazziniere” dello stupefacente.

    Gli inquirenti “Siamo soddisfatti perché – ha spiegato Gratteri – abbiamo bisogno anche di questo tipo di indagini. Non sono importanti soltanto le operazioni sui grandi traffici internazionali o quelle con sequestri di tonnellate di stupefacente, ma anche le indagini che stroncano la vendita al dettaglio perché dobbiamo preoccuparci anche della sicurezza delle famiglie e dei cittadini”. 
    “Sarebbe importante discutere nelle scuole della pervasiva offerta di droga – ha commentato a margine della conferenza il procuratore Luberto – perché sarebbe il caso di riflettere sui danni che subisce chi fuma marijuana. Forse la nostra generazione è responsabile di un certo lassismo, ma ci sarebbe bisogno di parlare con i formatori. Noi possiamo portare la nostra esperienza, ma la scuola si deve fare carico di questo problema che ancora una volta balza all’evidenza dalle indagini”. 
    Per il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Marco Pecci, “la sola azione di contrasto non basta, per questo da tempo stiamo accompagnando i giovani delle periferie a rischio in percorsi di legalità e cultura dell’ambiente, coinvolgendo anche i carabinieri della Biodiversità guidati dal colonnello Nicola Cucci”.

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