‘Ndrangheta: operazione carabinieri clan della Jonica, 16 arresti (video)

 Tra le persone arrestate c’è anche un avvocato crotonese, Rocco Corda,  oltre che il boss Nicolino Grande Aracri LA NOTIZIA E I NOMI DEGLI ARRESTATI 

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    di Antonio Capria

    Nessun riscontro della reale capacità della cosca “Grande Aracri” di condizionare le decisioni della Corte di Cassazione, nonostante i tentativi messi in atto anche attraverso l’elargizione di denaro, e la prova di una continua ricerca di rapporti e relazioni con la massoneria, con gli ordini cavallereschi, con ambienti ecclesiastici, con quella società bene che poteva tornare utile agli interessi del clan, anche attraverso il coinvolgimento di alcuni professionisti capaci di rappresentare una maschera pulita dietro la quale condurre le attività criminali. Sono alcuni dei dettagli emersi nel corso della conferenza stampa tenuta in Procura a Catanzaro a seguito dell’operazione “Kiterion II” condotta dai carabinieri di Catanzaro e Crotone con il coordinamento della Dda del capoluogo, che questa mattina ha portato all’arresto di 16 persone tra presunti capi e gregari della cosca facente capo alla famiglia di ‘ndrangheta “Grande Aracri” di Cutro, che ha forti ramificazioni nel nord Italia.  

    Il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, che ha coordinato le indagini insieme all’aggiunto Vincenzo Luberto e ai sostituti Vincenzo Capomolla e Domenico Guarascio, ha sottolineato come, secondo quanto emerso da intercettazioni telefoniche e ambientali, “la partecipazione ai tavoli di logge massoniche o associazioni di cavalieri era vista dalla cosca Grande Aracri come uno strumento di incontro con persone per bene che potevano tornare utili agli interessi della stessa cosca”. 

    Le indagini  rappresentano gli sviluppi di quelle che già nel gennaio del 2015, con la prima operazione “Kiterion” parallela all’operazione “Aemilia” diedero vita a 36 fermi, e hanno consentito di far luce sulle attività del clan, dall’usura alle estorsioni, all’omicidio del vecchio boss Antonio Dragone, ritenuto esponente di spicco della vecchia guardia ‘ndranghetista e ucciso in un agguato a Cutro nel 2004. Le indagini hanno consentito di individuare in Nicolino Grande Aracri il mandante dell’omicidio e in Angelo Greco l’esecutore materiale.

    Tra le persone arrestate ci sono appunto il boss già detenuto Nicolino Grande Aracri, il fratello Antonio Grande Aracri, e anche un avvocato penalista crotonese, Rocco Corda, il cui nome era già emerso nel corso di altre indagini nelle quali non risultava tuttavia indagato.  L’avvocato, secondo gli inquirenti, viene ritenuto “inserito organicamente nella cosca” quale soggetto referente del boss Nicolino Grande Aracri, e avrebbe cercato di “aggiustare” un processo in Cassazione a favore del clan. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’avvocato veniva mandato nei cantieri, e a partecipare con il ruolo di mediatore in riunioni importanti, nelle quali si trattavano temi delicati, compresi gli omicidi. 

    Ma secondo gli investigatori c’erano anche altri professionisti che avevano un ruolo di rilievo a supporto delle attività della cosca “Grande Aracri”. Tra questi Grazia Veloce, giornalista 72enne attualmente ai domiciliari, il cui nome appare già a gennaio 2015, nella prima fase dell’operazione Kiterion ma la cui posizione era stata in seguito stralciata in sede di rinvio a giudizio, e che avrebbe utilizzato le sue relazioni personali in ambienti ecclesiastici romani per favorire il trasferimento in un carcere calabrese di Giovanni Abramo, genero del boss detenuto per l’omicidio di Antonio Dragone.  “Alla cosca servivano professionisti in grado di avvicinarla agli ambienti curiali, ai cavalierati di Malta e alle organizzazioni massoniche”, ha spiegato il procuratore Bombardieri. Dietro ai rapporti con ambienti influenti spiccano anche le figure dell’avvocato romano Benedetto Giovanni Stranieri (non colpito da questa ordinanza, ma coinvolto nella precedente inchiesta) e della sorella, anch’ella avvocato, Lucia Stranieri, per la quale il gip ha ritenuto di non dovere applicare alcuna misura restrittiva per mancanza di esigenze cautelari, pur riconoscendo il coinvolgimento nell’inchiesta. I due, in particolare, avrebbero provato ad intervenire sulla Corte di Cassazione che avrebbe dovuto giudicare Giovanni Abramo nel processo per l’omicidio di Antonio Dragone. “Non sono emersi elementi per ritenere che ci sia stato effettivamente un intervento sulla Cassazione – ha però specificato Bombardieri – ci sono intercettazioni inquietanti, ma potrebbe trattarsi di semplici millanterie”.

    Tra i reati contestati a vario titolo nell’ordinanza emessa dal gip Domenico Commodaro su richiesta della Dda, figurano l’associazione di tipo mafioso, il concorso esterno in associazione mafiosa, omicidio, rapine, ricettazione, violazioni in materia d’armi, usura ed estorsioni. 

    Nelle pagine dell’ordinanza emerge come il controllo del clan di Cutro tendeva ad espandersi su tutte le attività del territorio crotonese e non solo. A farne le spese erano le imprese che finivano nel mirino della cosca, come la Acciona Eolica Calabria Srl che aveva avuto la gestione del parco eolico di Isola Capo Rizzuto, e che i Grande Aracri attraverso attività estorsive tentavano di farsi cedere, ma anche altre attività imprenditoriali come alcuni villaggi turistici della costa ionica a cui venivano anche imposte ditte vicine per l’erogazione di servizi.

     

    LA “CELLULA CATANZARESE”. 

    Alla conferenza stampa tenuta in Procura a Catanzaro hanno preso parte anche il comandante provinciale dei carabinieri di Crotone colonnello Salvatore Gagliano e il comandante del reparto Operativo del Comando provinciale dell’Arma di Catanzaro tenente colonnello Alceo Greco. 

    Quest’ultimo in particolare ha spiegato che un particolare filone dell’indagine riguarda quella che già nel precedente provvedimento “Kiterion” veniva definita come “cellula catanzarese”, e che dimostra l’estensione verso il capoluogo del raggio degli interessi delle cosche crotonesi.  In particolare nell’ordinanza si fa riferimento ad un episodio del giugno 2013, riferito ad un momento di attrito legato probabilmente ad un cavallo di ritorno non andato a buon fine, e che ha coinvolto Gennaro Mellea, Giuseppe Celi ed Esterino Peta. 

     

    Gli arrestati

    Sono in tutto sedici le persone raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione “Kiterion II”. Uno dei provvedimenti è stato notificato in carcere a Nicolino Grande Aracri, 56 anni, detenuto e sottoposto al 41 bis, indicato dagli investigatori come il boss di Cutro ed al vertice della coincidente, ma meno estesa, struttura denominata Locale di Cutro. In carcere sono finiti anche Antonio Grande Aracri, 55 anni, fratello di Nicolino; Rocco Corda, detto “Rocchino”, 45 anni, avvocato, Salvatore Scarpino, detto “Turuzzo”, 50 anni, e Giuseppe Altilia, 50 anni. Sono stati disposti gli arresti domiciliari per Grazia Veloce, 72 anni, ed Esterino Peta, 27 anni. L’ordinanza è stata notificata in carcere, dove erano già detenuti per altra causa, oltre al presunto boss Nicolino Grande Aracri, anche ad Angelo Greco, di 50 anni, Gennaro Mellea, di 38 anni, Francesco Lamanna, di 54 anni, Alfonso Diletto, di 48 anni, Vito Martino, di 45 anni, Romolo Villirillo, detto “Pietro U’ Porziano”, di 37 anni, ai cugini Pasquale e Michele Diletto, rispettivamente di 36 e 29 anni, ed a Giuseppe Celi, di 38 anni. Questi ultimi si trovano detenuti presso le carceri di Catanzaro, oltre che di Milano, Oristano, Sassari, Spoleto, Taranto, Torino e Viterbo, in virtù dei fermi disposti nel gennaio 2015 o delle ordinanze cautelari attuate nella ricollegata indagine “Aemilia”, condotta dai Carabinieri dell’Emilia Romagna sotto la direzione della Dda di Bologna. Su ulteriori indagati sono stati raccolti elementi tali da configurare responsabilità di rilievo, pur in assenza di presupposti che consentissero l’adozione di provvedimenti cautelari.    

    Antonio Capria 

    (Ultimo aggiornamento 14.57)

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