Bambina di 7 anni al pronto soccorso: una mozzarella al posto del ghiaccio

Storia assurda raccontata da una madre dopo una caduta della sua piccola bambina. Mozzarella e ore di attesa 

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    Storie di ordinaria follia di un Sistema Sanitario Calabrese- improprio chiamarlo sistema ( semmai, andrebbe “SiSTEMAto”), inopportuno definirlo sanitario –dove accade che una bambina, nel 2016, possa attendere otto ore per essere curata! E’ il primo di agosto, poco prima delle 18:00, quando mia figlia B., 7 anni, cade rovinosamente dalla bici: cade a terra colpendo il viso, il sangue è un fiume, le si muovono, oscillando, i denti incisivi superiori fatti da poco. Per capire la gravità, le svuoto sul viso parte del contenuto di una bottiglietta di acqua minerale per levare il sangue! Ci troviamo vicino casa, corro subito per chiedere aiuto ai vicini e lasciare il fratellino di tre anni. Il sangue è copioso, la bimba sembra avere conati di vomito, non capisco se sia a causa del sangue in bocca o per il trauma subito. Decido pertanto di portare la piccola al vicino pronto soccorso ( abitiamo a Catanzaro, giusto a due minuti dall’ospedale). Mi accompagna la vicina, B. tiene del ghiaccio avvolto in dei fazzoletti sul musino. Arriviamo al pronto soccorso alle 18.15 e chiedo subito di entrare per avere del ghiaccio! Un infermiere gentile e indaffaratissimo mi dice che provvede e, poco dopo, arriva con un bicchiere di acqua congelato. Mi guarda come a dire “ non abbiamo di meglio” e torna subito ad occuparsi degli altri pazienti. Attorno a noi il caos più totale: sala e corridoio pieni di persone in attesa di essere visitati, ci sono solo uno o due medici intenti, senza sosta, a prendersi cura di un pronto soccorso che serve un territorio vasto; mi dicono di attendere per regolarizzare la nostra presenza, tranquillizzo la bimba, avvolgo il bicchiere di ghiaccio in una maglietta ( per fortuna ho sempre un cambio con me). All’accettazione, dopo un pò di attesa, regolarizzo la nostra presenza: spiego della caduta, del trauma, del sangue copioso, ora attutito grazie al ghiaccio che è un vasocostrittore e spiego che mi spaventa il fatto che la bimba a tratti, pare stia per vomitare. Accanto all’infermiere dell’accettazione è seduta una signora in evidente stato confusionale: mi guarda e mi dice “ Vuoi essere ammazzata?” Capisco che l’infermiere la tiene vicino a sé per evitare che possa andare vicino agli altri pazienti. Provo quasi pena per la condizione in cui l’infermiere si trova a lavorare e, naturalmente, anche per la signora. Ci assegnano il codice (verde) , ci dicono di attendere.

    Sono le 18 e 43. Il ghiaccio si sta sciogliendo, la maglietta che lo avvolge è zuppa di acqua ghiacciata mista a sangue; appare di nuovo l’infermiere gentile, non lo avevo chiamato eppure mi dona un guanto monouso nel quale richiudo il ghiaccio rimasto per evitare che scoli. Il personale lavora senza sosta, ma l’utenza è troppa. Nel frattempo arriva una ambulanza a sirene spiegate: un signore di Bologna con sospetto principio di infarto viene fatto scendere dalla barella e fatto accomodare nella sala di attesa dove ci troviamo noi. La sala è piena e poco arieggiata: mi guarda come a dire “ cose da pazzi”. Il nostro è uno sguardo di intesa! Tace. E tacciono anche gli altri pazienti presenti: evitano lamentele di dolore e di protesta in rispetto di una bambina che, in silenzio, sopporta dolore ed attesa. Il tempo passa, il ghiaccio è sciolto. Chiedo altro ghiaccio. Mi rendo conto che, in assenza di ghiaccio, B. sanguina. Il muso è gonfio, non riesco a capire da quale punto preciso il sangue fuoriesca, se dalla gengiva o dal labbro internamente. Lo faccio notare all’infermiera quando mi consegna il bicchiere di ghiaccio ed il guanto monouso. L’attesa continua. Nel pronto soccorso non c’è linea. Mi sposto per telefonare un dottore mio amico al quale spiego la situazione di B., mi dice che è opportuno aspettare per fare RX per valutare eventuali rotture o fratture e che comunque è necessario valutare il trauma nell’immediatezza. Poi il problema sarà risolto da un odontoiatra ma, allo stato, è bene che la piccola sia monitorata. La telefonata aveva lo scopo di valutare, con l’ausilio di un professionista, l’opportunità di continuare a tenere una bimba in un posto insano con persone su barelle e carrozzine stile deposito industriale. Mi armo di pazienza e cerco di scherzare con B. per far sentire meno il peso del dolore, dell’attesa e, soprattutto, della situazione. Nel frattempo, un paziente nella sala accanto va in escandescenza ed inizia a gridare parole irripetibili che, di certo, non dovrebbero giungere all’orecchio di nessuno, men che meno di una bambina . L’attesa è snervante … da una parte lo capisco, ma provo allo stesso tempo dispiacere per il personale che, sia chiaro, continua a lavorare senza sosta. A causa dello scompiglio ulteriore, la signora in stato confusionale entra nella nostra sala e si siede accanto a noi. Inizia a fissare una signora in barella che attende dalle 11.00, le faccio cenno di abbassare lo sguardo. La signora in stato confusionale viene ripresa in custodia dall’infermiere: un pò mi tranquillizzo, almeno da questo punto di vista.

    IL GHIACCIO? NO UNA MOZZARELLA: Il tempo passa, il ghiaccio si scioglie. Chiedo altro ghiaccio ad un infermiera. Mi guarda con l’espressione di chi ha ricevuto una proposta indecente: non hanno ghiaccio. Poco dopo torna con una mozzarella in busta ghiacciata (!!!) , mi dice di non avere di meglio, abbassa lo sguardo e torna al lavoro. Il ghiaccio all’interno della busta con la mozzarella inizia a sciogliersi: continuare a tenere la busta sul muso non produce alcun effetto; bucare la busta per far aderire il ghiaccio “mozzarellato” residuo alla ferita sarebbe peggio! Faccio capolino sulla porta di ingresso del pronto soccorso, fuori c’è mio marito al quale chiedo di andare a casa a prendere altro ghiaccio. Mi sembra di vivere un incubo, ma non posso avere segni di cedimento: B. è bravissima e coraggiosa, i miei sorrisi la tranquillizzano, ma è dura mantenere la calma. Mio marito ritorna col ghiaccio, sono passate quasi 4 ore, mi avvicino ad una infermiera, le dico: “ capisco che state lavorando senza sosta, ma si metta nei miei panni, quelli di una madre … mia figlia è in una sala di attesa da 4 ore con un trauma, ha solo 7 anni, lei, al mio posto, cosa farebbe? Tra l’altro, la valutazione del trauma si avrebbe solo con gli esami diagnostici quindi perché farla aspettare ancora in questa situazione? …. Mi spiace ma non ho altri mezzi di tutela, se la bimba non viene visitata, io non posso fare altro che denunciare”. L’infermiera è mortificata. Io mi sento frustrata nell’attaccare, seppure con educazione, una operatrice che lavora. Medici ed infermieri lavorano in condizioni disumane e sotto uno stress incredibile. Provo quasi pena ( nel senso alto del termine) ma non so come altro fare per proteggere la mia piccola. Trascorsi altri 15 interminabili minuti, in cui la mia bimba, stremata e dolorante, è costretta, col ghiaccio sul musino quasi sciolto, a guardare coi suoi occhi il caos di un pronto soccorso intasato, e, notando che la piccola, come non tiene il ghiaccio continua a sanguinare dopo ben oltre quattro ore, mi avvicino ad un’altra infermiera pronunciando le stesse parole dette alla collega poco prima aggiungendo che la bambina sanguina ancora. Questa, meno gentile dell’altra, inizia a parlarmi di protocollo e regole. Avrà avuto pure le sue ragioni, ma anche io ho le mie. Esco per sporgere denuncia al posto di polizia. Sullo stesso piano del pronto soccorso sono indicate due postazioni: entrambe deserte. Mi avvisano che la postazione di polizia si trova ai piani superiori. Per quanto abbia fatto entrare mio marito per stare accanto a B. , non mi sento di allontanarmi da lei. Chiamo il 112. Nessuno risponde. Provo a richiamare. Non ho campo. Mi sento persa ma non posso crollare: sono una mamma! Ritorno dentro. Sorrido alla mia B., da una parte sono quasi felice di non avere sporto denuncia: la denuncia avrebbe colpito chi lavora. Non è certo questo il mio obiettivo.

    Alle 22.20 è finalmente il nostro turno! Il dottore visita la piccola, anche lui stremato come o forse più della bambina. Faccio notare che perde ancora sangue dopo un minuto che non tiene il ghiaccio, ma in quel momento non sanguina particolarmente. Il dottore cerca di scherzare con lei per tranquillizzarla e la visita. Dispone RX del massiccio facciale e, conseguentemente, consulenza pediatrica. Nel tempo trascorso nella sala medici, la visita, ha assunto rilievo marginale: i dottori, loro malgrado, sono chiamati a prestare maggiore attenzione al profilo burocratico che medico. Le leggi sembrano orientate più a dimostrare il rispetto del protocollo rispetto alla cura del paziente. Mi sento mortificata io per loro. Usciamo finalmente dal pronto soccorso, attendiamo per l’RX, che fortunatamente scongiura fratture o rotture. Saliamo in pediatria, B. è stremata, chiedo del ghiaccio, anche loro non ne hanno, ma l’infermiera, gentile, recupera dei cubetti, dal congelatore, che dispone, su mio consiglio, in un guanto monouso. Attendiamo per la visita: ci sono altre consulenze prima. Il ghiaccio si scioglie. Lo richiedo al reparto. L’infermiera mi dice che non ha altro se non una bottiglietta d’acqua congelata. Accetto e ringrazio. Sono le 00.20 quando finalmente entriamo per la consulenza pediatrica. B. viene invitata a salire sul lettino. Mentre spiego la situazione quasi si addormenta. Faccio notare che ancora, a distanza di 6 ore, in assenza di ghiaccio per qualche minuto, sanguina. La Dottoressa la visita e dispone consulenza chirurgica per il frenulo lacerato. Ci spostiamo per la consulenza chirurgica, attendiamo l’arrivo del dottore. B. dorme su una barella. Il medico visita la piccola e ci rinvia al pronto soccorso. Alle 01:30 rientriamo nella sala medici del pronto soccorso. Il dottore controllando e premendo sul labbro, individua il punto da cui esce il sangue: è necessario un punto di sutura. Preciso che era davvero difficile individuare il punto esatto. La parte è gonfia, solo premendo si poteva vedere. Il dottore cerca di spiegare a B. il da farsi per tranquillizzarla e riconquistare la sua fiducia persa a causa della pressione esercitata sulla parte dolorante per individuare con esattezza il punto di lacerazione. Tengo le mani di B. . Il dottore è bravissimo a dare il punto di sutura. Prescrive terapia e saluta B. con un bacio sulla guancia. B. gli manda un bacio: il labbro è troppo dolorante per darglielo davvero. Lo saluta e lo ringrazia. Sono di nuovo amici. Scorgo nella sala d’attesa, sulla barella, il signore di Bologna. E’ ancora lì. Usciamo dal pronto soccorso alle 02.08! sono passate otto ore. Io e B. ci teniamo per mano! Abbiamo superato pure questa! Attendiamo l’arrivo del papà che ci aspettava col piccolo in macchina. B. mi guarda e, muovendo pianissimo le labbra doloranti, con un filo di voce mi dice: “ Mamma! Però dovrebbero fare un pronto soccorso solo per i piccoli!!” Ecco! Lo capisce pure un bambino!!! Ora, qualunque politico che avesse davvero a cuore il bene dei cittadini e fosse davvero al nostro servizio e non al proprio, si attiverebbe per un pronto soccorso pediatrico. Invece si parla solo di tagli, di sprechi. Tutti i soldi sembrano “sprecati” quando si tratta di servizi per il cittadino. Mai quelli per i loro stipendi. Non è populismo il mio! La politica, quella vera, è un servizio per il bene di tutti, non per il proprio! E il bene comune non si attua coi tagli sui servizi! Specie sulla sanità e ancor di più a discapito dei bambini! La responsabilità di questa vicenda è politica! La Calabria è una terra meravigliosa, abitata da persone di gran lunga migliori di chi, questo territorio, lo governa. Ma se noi calabresi non alziamo la testa, vorrà dire che meritiamo questo. Diceva un antico adagio: “Questa è la storia di quattro persone chiamate ognuno, qualcuno, ciascuno e nessuno. C’era un lavoro importante da fare e OGNUNO era sicuro che QUALCUNO lo avrebbe fatto, CIASCUNO avrebbe potuto farlo, ma NESSUNO lo fece. Finì che CIASCUNO incolpò QUALCUNO perché NESSUNO fece ciò che OGNUNO avrebbe potuto fare!” … e finirà così: che il responsabile della vicenda non sarà chi è parte del sistema politico che ha mandato al collasso il sistema sanitario, ma chi lavora! Cose da rimanere ghiacciati!  E allora finalmente avremo ghiaccio!

    Lettera Firmata

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