La Calabria di Tony Micelotta, barman delle star alla Mostra di Venezia

Originario di Bivongi è una leggenda nell’arte dei cocktail. Al Festival la sua ultima creazione con champagne e peperoncino di Diamante

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    Ha una lunga e meravigliosa storia che inizia da Bivongi, Tony Micelotta, uno dei migliori barman del pianeta, per i più esperti il top del top. Nato a Bologna nel ‘56, ma figlio di Calabria, con papà Nicola sarto che nel primo dopoguerra si trasferisce nel capoluogo emiliano, fa presto a diventare una leggenda. Dalla bottega di casa assorbe giorno dopo giorno il gusto per il bello, il senso dell’estetica e quello dell’immortalità dello stile. Non ancora maggiorenne inizia a muovere i primi passi come garzone di bar al Teatro dell’Opera nella sua città. Siamo nei primi anni ‘70 quando si sposta sulle sponde del Lago di Como, all’Istituto Alberghiero di Bellagio e consegue successivamente il diploma al Caterina de’ Medici di Gardone Riviera sul Lago di Garda. A Londra, nel ’76, lo vediamo all’apertura dell’Inter Continental Park Lane di Londra, al fianco di Bryan Page per approdare, dopo due anni, al Templio europeo dell’American Bar del Savoy con Harry Viccars e Peter Dorelli, successori di Craddock e Gilmore: in questi quattro nomi è racchiusa la storia del cocktail dal 1930 al 2003. E poi, all’Hotel Londra di Venezia, all’Ambasciatori di Via Veneto a Roma e al Grand Hotel di Gardone Riviera. Fin quando un giorno i Berkley di Londra offrono a Tony l’altare del Dukes in Saint James (home of Martini) lasciato orfano di Gilberto Preti. Al Dukes entra di diritto nella ”hall of fame” col soprannome di “Duca del Martini”. Memorabili gli incontri con Raissa Gorbaciova, Vanessa Redgrave, Emma Thomson, Richard Harrys, Paul McCartney, Frank Sinatra, Al Pacino, Robert Redford, QuentinTarantino, la Regina Elisabetta e Capi di Stato e governo da ogni latitudine. Da sette anni dirige il Blue Bar dell’Excelsior di Venezia (affiancato dalla vice Sandra Civieri e da 15 barman), quartier generale della Mostra Internazionale del Cinema dal 1932.

    Tra pochi giorni il suo Blue Bar diventerà il fulcro delle interviste e della bella vita durante il Festival del Cinema di Venezia, che inizierà il 31, come sempre l’ultimo mercoledì d’agosto, e durerà per 11 giorni consecutivi. “Quest’anno tra l’atro attendiamo Mel Gibson” ci dice Tony “ma in fondo passano tutti da noi .. E’ un bar che ha visto suonare al piano anche i Pink Floyd lo sa? Il nostro è un lavoro mitico, suggestivo, però ai giovani dico sempre che c’è molto da capire e poco da imparare. Oggi noto un approccio filosofico sbagliato, in tutte le dinamiche, a prescindere dal lavoro. Manca il vero apprendistato di una volta, non si inizia dalla gavetta ma da qualche step più avanzato e questo non crea le basi. Non per il lavoro sotto l’aspetto tecnico, su quello chiunque senza deficit può imparare, ma sotto l’aspetto del bagaglio umano complessivo che poi arricchisce la persona, per quando dovrà essere, semmai ci arriverà, mentore di qualcuno. Oggi i giovani non cominciano col passare lo straccio dal retrobottega, ma da questi pseudo corsi, come li chiamo io, dove si fanno togliere anche qualche centinaia di euro dalle tasche per un pezzo di carta che non serve a nulla, neanche dopo una settimana. Figuriamoci, oggi chiamano master tutto, una volta era quello che ricevevi dopo un dottorato. Ed è sbagliato: crei un’illusione nel giovane il quale pensa che avendo fatto quello, può accedere a un lavoro, che io ho sempre visto come una professione nobile avendo iniziato 42 anni fa quando ci si credeva veramente ed esisteva una clientela “vera” in giro per il mondo da cui imparavi tanto, mentre adesso è rimasto solo qualche rimasuglio d’asta… Un tempo imparavi ad osservare, a comportarsi, imparavi quella forma di educazione in parte formale ma, come dico sempre, è la forma che completa la sostanza, proprio come quel buon piatto che mi hanno servito l’anno scorso a Soverato con i miei grandi amici Patrizia e Pietro, una buona pietanza completa dei giusti contorni. Beh, la forma e l’estetica devono camminare in parallelo”. Tony va fiero della sua calabresità e la mixa con la goliardia di Bologna. “Il calabrese ha qualcosa in più a livello endocrino secondo me. Se mantiene l’umiltà, lasciando da parte quei difetti come la presunzione e quella tipica forma di possesso, ha davvero dei numeri in più. Perché ha una forma di educazione, di pudore, di passione nascosta, che se lievita gradino dopo gradino, fa la differenza. Lo vediamo in giro per il mondo, ci sono dei grandi personaggi, dei signori che hanno fatto veramente bene, non solo per la Calabria ma per l’italianità in genere. Basti vedere la famiglia Librandi, o alcuni produttori di Bergamotto, miei clienti. Ma avrei una sfilza di nomi da fare”. Tornando alla famiglia Micelotta… “I miei genitori sono di Bivongi; mio padre si era trasferito a Reggio per aprire una sartoria, ma sa come succede, anche se aveva un’ottima clientela, in tanti invece di pagare spesso gli dicevano: ok, passo dopo… E allora  decise di trasferirsi a Bologna, che aveva frequentato durante la guerra. Lì trovò terreno fertile anche perché i veri calabresi  sono persone serie e precise e si fanno stimare. Ma poi trascorrevo tre mesi all’anno, ogni estate, a Bivongi con delle puntate a Scilla e a Bagnara dove risiedeva la sorella di mia madre. E a 18 anni sono andato via in giro per il mondo”. Sempre con un po’ di Calabria nel cuore e nel mestiere: “Mi sono portato sempre dietro la passione e soprattutto la sensibilità dei calabresi. Sottolineo la sensibilità, quella che ti permette di fare anche un passo indietro quando è il momento, rivelando il senso del pudore che trovo sia una forma d’intelligenza e di dolcezza. E poi i miei amati agrumi, di cui faccio tanto uso. A proposito, l’altro giorno, mi è nato, dopo un anno e mezzo, il primo bergamotto sul terrazzo di casa mia a Salò… Da bambino restavo incantato prima di entrare in paese a Bivongi dinanzi alle distese di aranceti e di limoni profumati che stavano dall’altra parte della fiumana. Anche oggi al Blu Bar ho sempre una cesta piena di limoni con la foglia e non quelli trattati con la cera. E poi, l’immancabile peperoncino..”. E qui arriva la sorpresa: “Il drink della Mostra del Cinema quest’anno si chiamerà The Journey, a base di champagne, con una rondella di lime e la nostra pepita, il peperoncino di Diamante, la splendida cittadina sul Tirreno. Un cocktail che diamo a 21 euro e che vuole essere un calcio alla miseria e un po’ una provocazione. E’ la mia bolognesità che viene fuori. Mi si può dire: ma come sprechi lo champagne col ghiaccio? Intanto il ghiaccio è secco, e c’è differenza con quello bagnato, poi aggiungo il lime che mi ricorda tanto il bergamotto, ma che purtroppo non è commestibile, e il peperoncino, la nostra pepita appunto”. Tony Micelotta sogna ancora una Calabria migliore. “Non manca nulla a questa terra. Le sue spiagge sono belle come quelle della Sardegna ma quando scendo giù vedo grossomodo le stesse cose di 40 anni fa. Certo Soverato, a cui sono affezionato, è diventata una città balneare importante, il Museo Civico di Reggio è davvero straordinario e non vedo l’ora di visitarlo, ma abbiamo fatto così poco per il turismo e manca soprattutto la mentalità legata al mondo dei servizi. La mia speranza è che tanti bravi calabresi, una volta fatta esperienza fuori dalla regione, riportino maggiore dinamicità a tutto il sistema calabrese”.   

     

    Giovanni Merlo

     

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