Autobiografia di un giornalista, biografia di un Paese (CON VIDEO)

Antonio Padellaro si racconta e racconta l'Italia degli ultimi 40 anni 

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    L’autobiografia di un giornalista, ma anche la biografia di un Paese, di un mestiere e della politica che sono cambiati quasi in maniera proporzionale, senza che questo significhi essere diventati migliori. Dalle relazioni dei segretari alla politica dei Twitt, dalla ricerca minuziosa dell’ oggettività (verità è un concetto filosofico) , fino alle tante troppe ricostruzioni che viaggiano veloci sul web. Antonio Padellaro, già direttore de Il fatto quotidiano, durante un incontro organizzato da Sinistra Italiana nel circolo culturale di via Settembrini, incalzato dalle domande di Antonio Cantisani, racconta si se’ parlando degli ultimi 40 anni di un Paese che è rimasto imprigionato da stereotipi e sovrastrutture mentali che sono diventate vere e proprie gabbie, per chi ne è rimasto affascinato , ma anche per chi ne ha fatto oggetto di una battaglia che oggi può dirsi persa. E ancor di più lo sarà, dice Padellaro, dal 5 dicembre in poi. Quel giorno il Paese sarà diviso perché chi vincerà , tra il si e il no, avrà vinto. 
     
    Ma Padellaro resta fedele ad alcuni principi. I fatti separati dalle opinioni, e una certa idea di giornalismo di cui l’autore de il Fatto Personale fornisce testimonianza da postazioni davvero particolari: il Corriere della Sera, L’Espresso, L’Unità e infine il Fatto che ha diretto fino al 2015. Nel libro il direttore de Il fatto parla della sua famiglia fascista, gli anni in via Solferino, ma anche dell’impresa editoriale de il Fatto, gli scoop (da Vatileaks al caso Ruby), le querele subite a causa del giornalismo d’inchiesta: “Nel 90 per cento dei casi, i giornalisti del Fatto vengono querelati perché toccano santuari mai neppure sfiorati prima. Un sistema intimidatorio al quale abbiamo deciso di non piegarci” Padellaro ha fatto, come tutti, degli errori; e qualche gaffe, ammessa con candore: “Anche io porterò la mia pietruzza al conformismo di sinistra” – siamo negli anni del Corriere – “quando sostengo davanti al direttore che il ruolo dei giornali è quello di ‘formare’ più che di informare. Una bestialità di cui mi vergogno ancora oggi” . Interessante, invece, la coerenza con cui difende i compagni di squadra quando, negli anni dell’Unità, subisce l’attacco del “fuoco amico”. E’ troppo scomodo, per la direzione del partito, un giornale diventato la coscienza critica della sinistra. Bisogna tagliare le teste pericolose. 
     
    Il libro è ricco di aneddoti, storie, fatti, interpretazioni. Parole che trovano la lucidità necessaria quando si tratta di raccontare lo scontro con Napolitano sulla trattativa Stato-mafia. Padellaro denuncia – tra l’altro – l’assuefazione, il silenzio dei grandi giornali: “Così, come già accaduto ai tempi di Berlusconi, l’informazione diventa la guardia reale dell’intoccabile potente di turno, che Napolitano incarna alla perfezione. E’ questo il nostro mestiere?” 
     
    Il lavoro di Padellaro non è un libro di memorie: è il diario di una carriera, attraverso una serie di istantanee folgoranti, ma anche una visione del giornalismo e della vita democratica in questo Paese. Nel ‘Il Fatto Personale’ Padellaro racconta i retroscena di un fenomeno editoriale, gli aneddoti, gli scetticismi iniziali e poi l’improvviso successo. Il racconto del fondatore e primo direttore de Il Fatto Quotidiano, oggi presidente della società editoriale Il Fatto s.p.a., non è però rivolto al passato, ma proiettato in avanti. La lezione del “Fatto”, spiega Padellaro, è che una forte comunità di lettori che reclama un’informazione più indipendente, una politica più onesta e un Paese più democratico può ottenere tutto. E cambiare le cose. 
     
    Giulia Zampina

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