Storie di donne, di mafia e di coraggio. Al liceo Fermi due testimoni speciali

Gli studenti hanno incontrato Vincenzo Chindamo, fratello di Maria, e Marisa Garofalo, sorella di Lea, vittime di 'ndrangheta 

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    Sensibilizzare le giovani generazioni alle tematiche riguardanti la legalità è tra gli impegni che il Liceo Scientifico “Fermi” del quartiere Lido di Catanzaro sta portando avanti con determinazione ormai da tempo, ecco perché questa mattina, presso la biblioteca dell’istituto, i ragazzi hanno avuto l’occasione per riflettere nuovamente sul  concetto di legalità, inserendolo accanto al tema della violenza di genere, attraverso le testimonianze di Marisa Garofalo e Vincenzo Chindamo. L’incontro dal titolo “Storie di donne: tra mafia, violenza e…”, organizzato dal professore Orlando Miriello in collaborazione con il centro antiviolenza “Attivamente coinvolte”, ha permesso ai ragazzi di confrontarsi con le figure di due donne che per vivere il valore della legalità hanno pagato un alto prezzo, quello della propria vita.

    “Abbiamo lavorato tanto con i nostri alunni sulle tematiche riguardanti la legalità, la violenza e la memoria – ha sottolineato il professore Miriello nel suo intervento, dopo  i saluti del Dirigente Scolastico Luigi Antonio Macrì – avere la possibilità oggi di interagire con Marisa Garofalo, sorella di Lea Garofalo, testimone di giustizia e vittima di mafia, e Vincenzo Chindamo, fratello di Maria Chindamo, scomparsa nel 2016 e probabilmente anch’essa  vittima di mafia, rappresenta un momento per portare avanti la riflessione sul tema, per non dimenticare quello che è successo in passato, educando al contempo alla legalità grazie a testimonianze dirette.” A condividere il pensiero del professore anche il Presidente di “Attivamente coinvolte”, Stefania Figliuzzi, che durante il suo intervento ha parlato dell’importanza di un cambiamento culturale, sottolineando quanto sia necessario prevenire i fenomeni di violenza anche attraverso l’educazione alle relazioni: “Occorre lavorare con i ragazzi che sono il nostro futuro – ha detto – abbiamo deciso oggi di portare queste due testimonianze forti perché è attraverso l’esempio concreto che si contribuisce a formare menti critiche rispetto a questa tematica.

    ” E infatti sono stati proprio i racconti fatti da chi è stato coinvolto in due vicende drammatiche a captare l’attenzione dei ragazzi, che durante il dibattito hanno rivolto numerosi i propri interrogativi agli ospiti, che con il loro impegno quotidiano nelle scuole contribuiscono a formare giovani consapevoli, educandoli al rispetto dell’altro: “Maria era una donna qualunque, cresciuta come tante donne in questo territorio, una mamma che ha cresciuto i suoi figli, una professionista dedita al lavoro, una donna  a cui è stata negata la sua scelta di libertà”, ha detto Vincenzo Chindamo che ha sottolineato quanto in Calabria sia necessario combattere le radici della violenza portata avanti dalla subcultura mafiosa che vive quasi indisturbata. La forza più grande che la società ha per combattere questa subcultura sono i giovani e durante il dibattito è stato sottolineato più volte quanto sia necessario conoscere i fenomeni di illegalità per meglio interpretare gli avvenimenti e soprattutto per porre in essere atteggiamenti in grado di sconfiggerli. “La storia di Lea è drammatica – ha detto sua sorella –  di Lea se ne parla tantissimo, sono state fatte molte cose per ricordala, si è parlato di lei nel mondo del cinema, in quello sportivo, letterario e musicale. La vicenda di Lea ha colpito la mia faglia – ha proseguito – ma grazie all’impegno di tanti è diventata un fenomeno culturale e questo è importante perché è proprio grazie alla cultura che si possono sconfiggere le mafie.” L’esortazione a conoscere gli avvenimenti e a combattere gli atteggiamenti mafiosi e la violenza è stata rivolta più volte ai ragazzi, riflettere su queste storie drammatiche ma anche piene di coraggio e valori è necessario per comprendere quello che è stato, per non dimenticare e per contribuire a creare una società rinnovata che affonda le sue radici nel principio di legalità.

    Maria Teresa Rotundo

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