Quando Dc e Psi tagliarono fuori Catanzaro dal percorso dell’A3

L'autostrada del Sole era stata concepita con un tracciato litoraneo. Nel 1964 Mancini e Misasi con un colpo di mano cambiarono il progetto e lasciarono fuori il capoluogo 

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    Di Giulia Zampina

    Tempo di vacanze. Tempo di turisti che si spostano ancora, in troppi potremmo dire, su gomma, tempo di strade e autostrade intasate, alla folle ricerca del giorno giusto per non rimanere imbottigliati. E dire che su quella che viene comunemente chiamata A3, Salerno – Reggio Calabria, oggi A2, già nel 1955, qualcuno aveva pensato ad un tracciato diverso, più funzionale già all’epoca, che potesse evitare tutto quello che l’A3 ha rappresentato in questi anni. Lungaggine nei lavori, morte, disagi.

    NEL PROGETTO ORIGINARIO IL TRACCIATO ERA COSTIERO

    Nel 1955 infatti  la legge 463 (detta legge Romita) approva un programma di costruzione della rete autostradale in dieci anni, con un piano finanziario di 100 miliardi di lire. La realizzazione della Salerno-Reggio Calabria è disegnata su un tracciato costiero tirrenico con due corsie per senso di marcia.

    L’A3 è un’autostrada che collega due città di mare, Salerno e Reggio Calabria, appunto, ma lo fa passando per la montagna, nonostante avrebbe potuto avere lungo la costa del basso Tirreno la totalità del proprio tracciato. Quest’autostrada insomma da lì non doveva neanche passare non doveva passare da Rogliano, dove è morto un ragazzo catanzarese a causa di una frana provocata dalle grandi piogge. .Non doveva passare da Lauria e Lagonegro, dove ogni anno, d’inverno, si moltiplicano i disagi provocati dal freddo e dalla neve. Non doveva passare, in sostanza, dalla Valle del Crati e da Cosenza.E infatti il progetto originario dell’autostrada, realizzato nel 1961, prevedeva proprio un tracciato litoraneo: ma alla politica cosentina non andava bene.  Fu Giacomo Mancini, politico socialista del capoluogo Silano, supportato anche dal democristiano Riccardo Misasi, ad accendere quei grandi dibattiti a livello Regionale e Nazionale sulle possibilità di realizzare l’autostrada che avrebbe dovuto collegare il nord al sud del Paese su percorsi alternativi.

    Nel 1961 Anas approva il progetto dell’autostrada SA-RC. La progettazione viene realizzata da due gruppi di tecnici: uno per il tronco da Salerno alla Basilicata, l’altro per la restante parte. Per il tratto da Lagonegro a Reggio Calabria sono previsti tre percorsi alternativi: quello tirrenico, quello jonico e quello interno.

    IL DIBATTITO ED IL COLPO DI MANO DI MANCINI E MISASI DEL 1964

    Si apre un dibattito, al termine del quale prevale la proposta di Giacomo Mancini, che dal luglio 1964 è diventato ministro dei Lavori Pubblici: viene scelto il tracciato interno, che abbandona la costa e attraversa le montagne, passando per Cosenza, ignorando il capoluogo Catanzaro (che sarà collegato con la SS280) e allungando il suo percorso di circa 40 km. Questa scelta aumenta il costo (da 200 a 400 miliardi) e la complessità dell’opera, provocando anche alcune morti sia durante la costruzione che l’ammodernamento, data l’impervietà del territorio. Inoltre, nel 1972 a causa di una frana nei pressi di Lagonegro vengono danneggiati i due viadotti Taggine e Sirino, determinando la chiusura di una tratta, con una deviazione e una strozzatura che dureranno fino al 2014.

    L’autostrada del Sole aveva il compito di unificare il Paese. Ancora più di quanto aveva fatto nel secolo precedente la mitica strada ferrata che aveva rappresentato per tutte le nazioni europee un motore di crescita economica e sociale di straorinaria portata. Siamo nel 1964 e il 4 ottobre il Presidente del Consiglio Aldo Moro inaugura l’Autostrada che dovrà rappresentare un ponte di collegamento tra il Nord e il Sud del Paese. Sponsor principali di quella infrastruttura furono l’Eni di Enrico Mattei e la Fiat di Giovanni Agnelli. Chiarissime sono fin da subito le ragioni che spingono lo Stato ad accollarsi una spesa del genere per l’ammodernamento infrastrutturale della rete stradale. Il sogno era quello della rivoluzione Fordista d’oltreoceano che fino ad allora in Italia non era decollata a causa dei bassissimi consumi interni. Meno chiare sono invece le ragioni per le quali l’Autostrada non raggiunge da subito l’estremo sud del Paese. Sul finire degli anni ’50 l’intervento dell’Iri da un nuovo impulso al piano nazionale di viabilità costruito dal Ministro Romita. Come era stato per l’epoca delle strade ferrate, la strada e l’automobile vengono indicate come il traino di sviluppo per una nuova rivoluzione dei trasporti che porta con se benefici per produttori e consumatori.

     

    Ma i tecnici, i progettisti e le imprese che hanno il compito di realizzare la Salerno-Reggio Calabria si trovano di fronte uno scenario ben diverso da quello prospettato. La richiesta di costruzione dell’Autostrada lascia il vecchio tracciato litoraneo, dove figurava da decenni seppur solo come un tratto di penna sulla carta, per addentrarsi nel cuore della montagna calabrese.

    LA PRIMA PIETRA E L’NSENSATA SCELTA DI ‘BUCARE’ LA MONTAGNA 

    La prima pietra viene posta nel 1962 dal Presidente del Consiglio Amintore Fanfani che promette addirittura il completamento dell’opera entro due anni. Come per la Milano Napoli i primi appalti vengono varati ai due estremi, iniziale e finale: nella zona di Salerno sono affidati ad imprese emiliane, a Reggio a imprese romane, mentre il tratto centrale, che passa nei pressi della città Cosenza, viene diviso tra imprese emiliane e romane.

    Abbastanza chiaro è il motivo per il quale viene’ scelto proprio il tracciato, tra i tanti possibili, che attraversava la Calabria passando dal massiccio della Sila. L’obiettivo è quello di includervi il territorio urbano di Cosenza, città dalla quale provengono due soggetti che hanno grande influenza sui Governi di quegli anni: il democristiano Riccardo Misasi e soprattutto il socialista Giacomo Mancini, deputato e segretario regionale del Psi calabrese, Ministro della Sanità prima e poi dei Lavori Pubblici, nonché Presidente dell’Anas e successivamente Ministro per il Mezzogiorno. Le ragioni più forti sostenute dai cosentini,  si legge nelle cronache storiche , riuniti in un Comitato Provinciale per il proseguimento dell’Autostrada del Sole, si fondano essenzialmente su concezioni di stampo meridionalista che vedono nella costruzione dell’autostrada un’occasione di riscatto per i territori più depressi. Essi sostengono che il tracciato interno avrebbe favorito la mobilità e lo sviluppo di entrambi i versanti e si sarebbe potuto coniugare con una direttrice viaria interregionale che dalla Puglia alla Sicilia metteva in comunicazione tutti i territori pianeggianti (Tavoliere, Metapontino, Materano, Sibaritide e Piana di Sant’Eufemia) fino a formare una sorta di “piccola Val Padana del Sud”.

    DEBOLE OPPOSIZIONE AL PROGETTO MANCINI/MISASI ANCHE DA PARTE DELLA SICILIA

    CHE SPERAVA ANCORA NEL PONTE SULLO STETTO

    Le opposizioni e le critiche a questo tipo di impostazione sono deboli, frammentarie e nella maggior parte dei casi anch’esse dettate da ragioni campaniliste.  Un basso profilo anche quello siciliano, solo in parte spiegabile con la convinzione che la costruzione di una direttrice autostradale verso il profondo sud, seppure su un tracciato montano a velocità ridotta e senza corsia d’emergenza, avrebbe in ogni caso agevolato le comunicazioni verso la Sicilia e che il nascente progetto del Ponte sullo Stretto avrebbe potuto completare l’opera.

    Ma proprio nel cuore di questo dibattito, l’Anas delibera nel 1961 l’esecuzione del tracciato interno in un consiglio di amministrazione a parere di molti non regolarmente convocato, in assenza del rappresentante della Regione Sicilia Giuseppe Tesoriere, tra i più competenti esperti di ingegneria stradale in Italia, e dei rappresentanti del Cnel e della Cassa per il Mezzogiorno. Nei giorni seguenti anche la Federazione Italiana della Strada critica aspramente l’operato dell’Anas, e non solo per vizio, ma per il sospetto di non aver approfondito in maniera adeguata un’analisi comparativa tra le diverse ipotesi di tracciato. Ma la decisione perentoria dell’Anas spegne progressivamente ogni dibattito e i lavori proseguono sul tracciato stabilito. E nonostante l’inevitabile aumento dei costi dovuto al passaggio montano ed un successivo tentativo fallito di Mancini di affidare una parte della costruzione all’Iri, l’Autostrada prosegue inesorabilmente il suo percorso e viene completata definitivamente nel 1974, ad esclusione del breve ed impossibile tratto si 2,3 Km sul Sirino, nei pressi di Lagonegro, franato e successivamente dismesso.

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