Viale Isonzo, 40 anni di assenze e la ‘paranza dei bambini’

Il primo insediamento popolare è del 1980. Nessuno sa che fine abbiano fatto i fondi Gescal. E i minori sono usati come corrieri della malavita IERI I CONTROLLI STRAORDINARI A CATANZARO SUD

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di Giulia Zampina 

È l’inizio degli anni ‘80 quando in Viale Isonzo nasce il primo insediamento popolare. La politica di allora pensa a ripulire lo scempio dell’accampamento Rom del bivio Nalini ma senza avere una vera idea prospettica e amministrativa rispetto ad un problema che negli anni è cresciuto. Si pensa che la soluzione , in una città che per accontentare diversi appetiti imprenditoriali e politici di quegli anni si espande inspiegabilmente verso i monti, sia quella di nascondere la polvere sotto il tappeto nella periferia a Sud dei tre colli. Si contamina un’edilizia popolare media con una di più basso livello , sperando in una osmosi tra le comunità, senza però mettere in campo alcuna politica concreta. Ecco che si gettano le basi per alimentare un vero bubbone. Un bubbone che non è mai esploso in tutta la sua potenziale devastazione tutto insieme, ma sempre poco per volta, creando situazioni emergenziali affrontate sempre in prima battuta dalle forze dell’ordine e mai risolte dalle istituzioni. 

CHE FINE HANNO FATTO I FONDI GESCAL? È una domanda che da almeno dieci anni insieme alle altre aspetta delle risposte. Gli unici interventi, solo programmati, sono stati quelli previsti dalla Legge Regionale 36/2008, confluiti in un bando di gara del marzo 2009, con cui venivano messi a disposizione dell’edilizia sociale 155 milioni (79 milioni per alloggi da assegnare in locazione ed il resto ad appartamenti da cedere in proprietà), derivanti dalle risorse dei fondi ex Gescal, per la realizzazione di circa 3.000 case tra nuove costruzioni, recupero del patrimonio immobiliare esistente e riqualificazione di aree degradate. Ma il bando, rallentato da intoppi e vicende giudiziarie, ancora non si è trasformato in cantieri aperti. 
ATERP E COMUNE, UN DIVORZIO SENZA DEFINIZIONE DEI PATTI. In questi giorni in cui l’attualità e la cronaca diventano stringenti sull’argomento poiché una istituzione terza , come la Questura di Catanzaro diretta da Amalia Di Ruocco , ha richiamato i due enti alle proprie responsabilità in maniera pubblica ed ufficiale ,Aterp e Comune, come due coniugi che devono definire un divorzio e vorrebbero farlo in maniera civile, provano a scrollarsi di dosso qualche responsabilità in merito ai confini oltre i quali o entro i quali ognuno deve agire. Raccolta spazzatura e fogne sono le questioni più evidenti. Di chi sono le strade ? Chi deve scendere fin sotto le viscere della città per assicurare che nelle case arrivi acqua in maniera adeguata? Dopo 40 anni nessuno lo sa. Entrambi gli enti piangono la miseria delle casse, ma nello stesso tempo nessuno pare volersi ingegnare per attingere ad altri fondi. Magari proprio quelli Gescal.  Dai numeri di Aterp pare che l’area espropriata sia di circa 40.000 metri quadrati. Aterp ne avrebbe ha utilizzati soltanto 19.000 circa pagando i relativi oneri agli espropriati e soltanto sulle aree pari a 19.000 metri quadrati che sono gli spazi utilizzati per la costruzione dei fabbricati;nessuna altra somma è stata corrisposta da Aterp per le restanti aree. Quindi , se la matematica non è un’opinione, per i restanti dovrebbe rispondere il Comune. Ma se il Comune ritiene di non doverlo o poterlo fare , che si trovi una soluzione alternativa. 

LA QUESTIONE SOCIALE E LA CONDIZIONE DEI MINORI. Da via Mole’, prima che diventasse la via Mole’ di oggi, a viale Isonzo, passando per Aranceto, Corvo e zone limitrofe a preoccupare è la condizione sociale, in particolare quella dei minori. Sono così alti i dati della dispersione scolastica che gli addetti ai lavori non riescono ad averne giusta contezza. Ma prima di arrivare ancora una volta alle carte, basterebbe che per qualche giorno i vari garanti le varie commissioni, i vari servizi sociali, facessero una passeggiata in quei quartieri per rendersi conto che minori in età scolare, quando dovrebbero essere seduti tra i banchi di scuola, sono invece per strada, in compagnia di adulti spesso pregiudicati. I bambini diventano grandi non per ciò che gli si insegna a parole , ma per ciò che vedono e imitano. È una regola pedagogica base è banale. Ma pare che nelle situazioni di degrado non la di voglia applicare. E così, in una mattina in cui le forze dell’ordine portano avanti un’attività di bonifica , capita di imbattersi in minori  che quel giorno magari dovrebbe solo fare i capricci perché non vuole andare a scuola e invece assistono alle operazioni di polizia , quasi fossero esso stessi adulti, e da soli, fanno il giro del quartiere da una parte all’altra per marcare il territorio. Perché , anche se nessuno ci ha ancora scritto un libro , anche se Catanzaro non fa notizia come Napoli, ognuno ha le sue periferie con le proprie paranze di bambini , che nessuno però vuol vedere , impegnati tutti a stare con il naso tra le carte sperando che i problemi si risolvano mettendo in colonna dei numeri.

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