‘Le Aquile, il riscatto che vogliamo, l’incontro con i nostri anni’

Un ricordo pieno di figure del passato e di emozioni sempre vive nel racconto di Gregorio Calabretta dopo l'ultima partita del Catanzaro 

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    Riceviamo e pubblichiamo la riflessione firma di Gregorio Calabretta

    Prima di uscire mi sono voltato ancora una volta a guardare se anche loro andavano via. Ma restavano là, fermi. No, non mi riferisco alle mie speranze o ai sogni che quest’anno mi hanno riportato ancora allo stadio. Si capiva già da prima che quella di mercoledì scorso non sarebbe stata una partita come le altre. Man mano che ci si avvicinava allo stadio aumentava la voglia di entrare. I respiri, le voci, l’anima del Catanzaro superava muri e barriere e invocava la presenza di tutti.

    Ad attenderci non c’èrano solo due squadre pronte ad affrontarsi a viso aperto, ma tanti volti che si portavano amarezze lontane. Salivamo in silenzio, con le spalle incurvate dalle delusioni, da un riscatto che noi catanzaresi tardiamo a conquistare e da quelle gioie mancate dipinte sui volti dei più giovani; i tifosi di oggi uniti a quelli di ieri. “Noi siamo il Catanzaro. Noi siamo il Catanzaro. Noi siamo il Catanzaro .

    “All’inizio della partita, vecchi e nuovi tifosi ci siamo ritrovati con le stesse paure e propositi di sempre che continuavano a martellarci nella mente. Davanti a me c’era un signore anziano col berretto giallorosso che guardava in silenzio. Seduto e piegato in avanti, se ne stava tranquillo appoggiato al suo bastone. Mi sembrava una sagoma nota ma non sono riuscito a scorgerlo in viso. La partita è andata avanti senza ancora sbloccarsi, quando tra i tifosi ho riconosciuto alcuni che guardavano in tenuta da partita, con maglietta e pantaloncini: Luigi Tonani, l’immortale Angelo Mammì, Mario Tribuzio, Carlo Petrini. Anche loro volevano essere presenti e si facevano sentire.

    “Siamo sempre con voi, siamo sempre con voi, siamo sempre con voi, non vi lasceremo mai”. La partita stava per finire quando ho riconosciuto loro, seduti su quel posto che si erano conquistati negli anni e che società, tifosi, gli conservano gelosamente: Aldo Ferrara, il presidentissimo Nicola Ceravolo, Adriano Merlo, Pino Albano.

    Anche loro guardavano gli ultimi minuti dell’incontro con l’ansia di chi freme per questi colori. E al fischio dell’arbitro sono rimasti seduti e in silenzio continuavano a guardare il campo con gli stessi occhi smarriti dei miei. Leggermente in disparte ho riconosciuto gli imprenditori Guglielmo Papaleo e Giovanni Colosimo che seduti uno a desta e l’altro a sinistra confabulavano con Leonetto Noto.

    Quest’ultimo ruotando l’indice della mano destra sembrava dire ai suoi amici: “L’anno prossimo noi saremo sempre qua”. Proprio come ancora intonava il coro degli ultras guidati da Massimo Capraro.

    “Noi saremo sempre qua finché magico esisterà, perché magica è la squadra degli ultrà.” A sera tardi sono ripassato dallo stadio e al di là del cancello, dall’interno c’era uno che mi guardava. Mi sono avvicinato e ho riconosciuto quel signore anziano col bastone. Era mio nonno. Non lo vedevo da anni. Mi ha sorriso e in silenzio allungandomi il braccio mi ha dato la sua sciarpa. Loro e noi saremo sempre là, presidente, ad aspettare e lottare ancora. Abbiamo ancora bisogno dei sogni e non ci stancheremo mai di lottare per rivivere e ritrovare i nostri anni trascorsi assieme al Catanzaro. 

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