Lido: il vecchio mercato, gli albori, il commercio, la tradizione foto

Nel Mercato, che fu quindi edificato e che sorgeva ove tutt’ora è ubicato, era consentita la vendita di alcuni generi alimentari come verdura, frutta, carni, pesce e pollame

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    di Elisa Giovene

    Alcune dinamiche cittadine potrebbero essere paragonate, idealmente, alla famosa “tela di Penelope”, in alcuni momenti, infatti, parrebbero in via di definizione, in altri invece la loro risoluzione appare quasi lontana, dovendo intraprendere nuovi percorsi. Ciò, nel particolare, viste le varie vicissitudini, sembrerebbe riguardare l’antico Mercato del quartiere Lido, anche se ultimamente nuove “chances” si presentano per il vecchio edificio poiché inserito in “Agenda Urbana” e quindi ben speranti di avere positive determinazioni che dovrebbero risanare la condizione. Si ricorderà, brevemente, che “Agenda Urbana” è un progetto che prevede la riqualificazione urbana che include anche il recupero di immobili vecchi ed abbandonati, come nel caso del Mercato. Al momento, però, si tralasceranno le “scartoffie” ed i procedimenti burocratici, infatti si vorrà delineare un tratto significativo del vecchio Mercato, con la sua antica attività commerciale, particolare e determinante per l’intero quartiere. Da come appurato in alcuni testi, negli anni ‘50 da parte dell’Amministrazione comunale vi fu la determinazione di revocare tutte le licenze di chi eseguiva un commercio in strada, come ad esempio la vendita di frutta, verdura e quant’altro. Proprio in riferimento a tale deliberazione, il Comune s’impegnò ad edificare un Mercato al coperto. Nel Mercato, che fu quindi edificato e che sorgeva ove tutt’ora è ubicato, era consentita la vendita di alcuni generi alimentari come verdura, frutta, carni, pesce e pollame, anche esternamente era consentita la vendita degli stessi prodotti, però solo in alcuni giorni di festa, come la Fiera di S. Vito, le festività natalizie ed altre occasioni similari. All’interno del mercato, come molti ricordano, le varie postazioni erano “fisse” o “ libere”, le prime erano per coloro che avevano concordato preventivamente il posto, mentre le seconde potevano essere liberamente occupate da chi arrivava per primo. In entrambi i casi, per tale “occupazione” veniva pagata una tassa, concordata a seconda della superfice e del tempo per cui sarebbe stata utilizzata. I vigili, erano assegnatari di tale incombenza, nello specifico, le salumerie, le beccherie ed i panifici pagavano un mensile più alto rispetto ai commercianti di frutta, pollame o pescherie. Occupando, invece, una zona all’esterno la retta era notevolmente ridotta, infatti molte erano le “pacchiane” che dai paesi limitrofi si recavano al mercato per la vendita dei loro prodotti, optando per questa scelta poiché molto più economica. Era dunque consueto vedere, specie in alcuni periodi dell’anno, un tripudio di colori in grandi ceste di vimini che contenevano di tutto, frutta, uova, ortaggi, verdura ed a volte anche oggetti per la casa. A visionare che il commercio fosse eseguito in maniera consona, i vigili, che avevano “sede” proprio in una zona del Mercato e, nelle loro candide divise verificavano che non vi fossero schiamazzi, che il consumo di acqua non fosse eccessivo e che tutto procedesse nella normalità. Il Mercato, con la sua estensione di 650 metri quadrati, constava di due ingressi e vari erano gli anditi ove, per l’appunto, erano sistemati i vari commercianti, le macellerie ad esempio erano ubicate all’inizio dell’ingresso posto sul lato ove sussiste il ponte della ferrovia, nella zona centrale i fruttivendoli ed in fondo le pescherie.

    Entrando, il tramestio delle massaie era inconfondibile, spostandosi da un bancone all’altro, quelli delle macellerie caratteristici con il loro ripiano in marmo e rivestimento in piastrelle ed il taglio delle carni risuonava per l’intero mercato, mentre la zona delle pescherie era costantemente bagnata d’acqua, regolarmente in uso per eliminare il forte odore del pesce. Con la bella stagione i “profumi” erano particolari, le nuove primizie emanavano i classici odori, come quello dell’origano appena raccolto, del basilico fresco e degli ortaggi del periodo. Fuori dell’ingresso, sempre lato “ponte ferrovia”, c’era un piccolo negozio di alimentari e sembrerebbe che fosse l’unico per questo genere di vendita. L’appuntamento per la spesa era dunque consueto, gli orari d’ingresso erano stabiliti dal Comune, il pubblico poteva accedervi mezz’ora dopo la sua apertura ed andare via sempre mezz’ora prima della chiusura. Come tutti i mercati, anche il “vecchio Mercato” rappresentava l’anima del quartiere, con il suo vociare, i suoi colori, la sua genuinità, un misto di cultura e tradizione popolana. Quella tradizione che, indubbiamente, rappresenta l’identità di un luogo con tutte le sue sfumature. Anche il semplice ricordo, può costituire un segno “tangibile” di quella storia che ha particolarmente caratterizzato un percorso di vita, sicuramente incisivo per il quartiere marinaro della città. ( foto dal web )

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