Settembre al Parco, la musica e il concetto di nazionalpopolare

Una riflessione sulla nozione scomodata nel corso della presentaziona della rassegna che si svolgerà nelle prossime settimane

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    di Lello Nisticò

    Ma perché in Italia tutto deve essere buttato in politica? Anche le cose più innocenti, più tranquille, più de planu, direbbe il mio amico colto. Prendi ieri a Catanzaro. C’è stata la presentazione al pubblico e alla stampa di Settembre al Parco. Tutti contenti per questa settimana di musica e divertimento finalmente in collina e non sulla spiaggia. Alleluia alleluia. Arriva la bella musica, la Pfm, gli Osanna, uno dei Van der Graaf (tutti ad annuire, pochi a sapere, escluso Piergiorgio), il Jannacci piccolo, finanche Eman. A un certo punto sono venuti fuori i paragoni. Il prima e il dopo. Riferito a due aspetti particolari. Il primo lo stato del Parco. E qui non ci piove. Da quando lo supervisiona Michele Traversa, è tutta un’altra cosa. È ritornato curato, pulito, ordinato come lo abbiamo visto nascere e crescere. Poi, nel cambio di Amministrazione, qualcosa non ha funzionato. Questo è assodato con buona pace di chi non ci sta. Complici Del Rio e la famigerata legge a suo nome. Ma anche colpa del vizio di lasciare le cose a metà, di appendere le Province al chiodo lasciandole sospese in attesa di aprire la cabina armadio. E di altro che non interessa qui, e che non sappiamo, e possiamo solo intuire. Ma delle cose che non si sanno è bene non parlare. 

    Il secondo paragone è stato costruito intorno alla musica che gira intorno. Qui le cose si complicano. Lo hanno ripetuto in tanti, in conferenza. Come se la cosa fosse stata discussa in separata sede, messa ai voti e approvata. Nel programma c’è stato un ritorno all’antico, al rock delle origini, dopo l’intermezzo durato cinque anni, dal 2014 al 2018, in cui l’ha fatta da padrona la musica nazional – popolare. Attribuendo a questo termine un significato negativo, si può dedurre. Perché se tutti sono contenti del ritorno del rock , vuol dire che l’altra musica è da evitare, per non dire peggio. Lo ha detto il presidente Abramo, lo hanno ripetuto il vice Montuoro, l’esperto Caruso, il promoter Lucchino, il presentatore Trapasso. Lo ha ribadito, circostanziando nomi di artisti singoli e gruppi, Wanda Ferro nel pomeriggio con una nota stampa nel ricordare Rino Amato e ringraziando per la dedica a lui meritoriamente intestata della grande serata del 7 settembre, con gli Osanna eccetera.

    Nulla da dire, se non che è questione dei gusti, e sui gusti, come si sa …

    Ciò che mi preme è dire qualcosa sulla nozione di nazional – popolare, che si presta di per sé a qualche equivoco. Prendiamo il dizionario Treccani, cosa dice dell’aggettivo nazional-popolare (o nazionale popolare): «Propriam., che è insieme nazionale e popolare, con specifico riferimento alla concezione estetica di A. Gramsci (1891-1937), secondo la quale le opere letterarie o artistiche, e in generale usi, costumi o manifestazioni di una civiltà, devono esprimere i caratteri distintivi della cultura nazionale in modo da essere riconosciuti come rappresentativi di tutto il popolo e contribuire così alla presa di coscienza dell’identità concettuale di nazione e popolo: in Italia è sempre mancata e continua a mancare una letteratura nazionale-popolare, narrativa e d’altro genere (Gramsci). 2. estens. Con valore riduttivo, di tutto ciò che rappresenta gli stereotipi e gli aspetti più superficiali di un gusto e di una presunta identità nazionali».

    È da presumere che ieri al Parco, escludendo che ci si possa essere riferiti a Gramsci, si sia voluto attribuire a nazional-popolare il secondo significato, quello estensivo e riduttivo. Con il curioso corollario che il gusto musicale e la presunta identità nazionale in tema di canzoni sarebbero più vicini all’amministrazione di centrosinistra che a quella di centrodestra. Ma queste sono sottigliezze, suggestioni.  

    Quel che più è interessante, e che ai più giovani sicuramente sfugge, è ricordare che la polemica sul nazional-popolare non è nuova, e che negli anni passati ha già interessato il mondo della musica e la politica, addirittura toccando il Pippo, quello sì, nazional-popolare.  

    Era successo che durante nella trasmissione Fantastico del 1987 in qualità di ospite si era esibito un certo comico di nome Beppe Grillo, che aveva regalato al pubblico una delle sue battute fulminanti sui socialisti. C’era stato un viaggio ufficiale di Craxi e seguito in Cina. All’epoca in Cina erano ancora tutti socialisti di stato, più di un miliardo. Grillo riferiva di un imbarazzato Martelli che telefonava a Craxi per sapere a chi rubassero, se erano tutti socialisti. Successe un putiferio. La Rai di allora era in mano a Enrico Manca, socialista di ferro e intellettuale di notevole spessore, che naturalmente se la prese molto, prima di tutto con Pippo Baudo che aveva quell’anno la conduzione di Fantastico. Nel farlo disse testualmente: «È ora di finirla con questa tv nazional-popolare. E non è un complimento». Pippo Baudo non fu molto contento dell’accostamento e rispose piccato, più o meno: «Ritengo offensiva questa definizione del presidente Manca che parla troppo. Vuol dire che da questo momento farò solo trasmissioni regionali e impopolari». Da notare che insieme a Baudo quell’anno conduceva Lorella Cuccarini, di recente annoverata tra le supporter più convinte di Salvini.

    Insomma, erano altri tempi. Ma somigliano ancora ai nostri. O no?

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