Graziano, commissario Pd: ‘Oliverio ultimo giapponese’ (video)

Appuntamento politico nel quartiere Pontegrande.'Lo statuto parla chiaro: le primarie sono una possibilità un’opzione'

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    di Lello Nisticò

    Non c’è più il profumo di forno a legna nel circolo Pd di Catanzaro Nord a Pontegrande, ricavato in una vecchia pizzeria di cui rimangono ancora sui muri i graffiti sgrondanti di calorie. A richiamare le margherite che furono c’è però il simbolo del Pd, con il rosso il bianco e il verde della bandiera e il tocco finale del ramoscello d’ulivo. Fu scelto apposta nel 2009 dai padri fondatori quel richiamo botanico per significare l’innesto di nuova vita su radici antiche di tradizione mediterranea. Vennero poi i capibastone a rompere l’incanto. Impedendo al rametto di sviluppare tutti i suoi rami, mischiando l’olivo con l’olivastro.

    I capibastone. Quando a proposito del Pd calabrese lo disse Fabrizio Barca nel 2013, all’epoca in predicato di diventare addirittura segretario nazionale del Pd, per poco dalla Calabria  non lo proposero per il confino. Adesso il termine è sdoganato anche in un circolo ufficiale del Pd. Lo usa Sandro Benincasa nell’introdurre il commissario regionale Stefano Graziano, al suo primo contatto diretto con la base dem catanzarese. Davanti a una platea, tra gli altri, di volti conosciuti: Pino Soriero, Donato Veraldi, Raffaele Mammoliti Cgil, Mario Muzzì, Antonio Argirò, Carlo Piroso, Benedetta Primerano, Massimilinao Cassandra, Lino Puzzonia, Elena Bova, Maurizio Caligiuri. Da Crotone arriva Caterina Villirillo di Libere Donne, da Serra San Bruno Brunello Censore.

    Benincasa usa pure il termine “truppe cammellate” per indicare l’insieme dei pretoriani che negli ultimi anni hanno impedito il libero dispiegarsi delle energie positive di cui il Pd locale avrebbe potuto disporre: «Ci hanno impedito il dibattito, hanno deciso tutto chiusi in una stanza, senza dialogo con i circoli, ammettendo nel partito chiunque portasse voti senza guardare se fosse di destra o di sinistra. Per fortuna che adesso c’è un commissario che è una persona per bene, voluto direttamente dal nostro segretario Zingaretti, e che finalmente ci porterà al congresso cittadino». Il verbo, in terza persona plurale, è senza soggetto. Ma anche con questa amputazione sintattica, il discorso di Benincasa è zucchero per le orecchie di Graziano. Che può toccare con mano quanto ha sostenuto tra le righe in questi ultimi giorni roventi di pre-campagna elettorale: che non tutti i circoli sono con Oliverio, nonostante i muscoli mostrati al Comunale due settimane fa e nonostante le 4500 firme pro primarie recapitate in Largo del Nazareno dai comitati pro Oliverio.

    Non si scompone di tanto il commissario: «Lavoriamo nel cambiamento e nell’unità. Bisogna andare verso un candidato civico, e da qui non si torna indietro. Lo ha detto Zingaretti, lo abbiamo detto noi. Discutiamo con tutto, sulla linea del cambiamento, che vada oltre ciò che è stato prima perché c’è bisogno s di un cambio di passo anche in Calabria, in sintonia con il nuovo governo. Sono rispettoso dello Statuto e dei regolamenti. Lo statuto parla chiaro: le primarie sono una possibilità un’opzione, non un obbligo. Ma non è questione statutaria, né regolamentare. Noi facciamo politica, non prassi notarile. Chi vuole lavorare nella direzione di rompere l’unità e creare difficoltà, è il migliore alleato della destra. Il mio obiettivo è non fare tornare la destra al governo di questa Regione. Stiamo lavorando anche ai nomi, non ne faccio nemmeno uno perché è uno sforzo delicato che si sta compiendo in questi giorni per arrivare  a una sintesi per vincere in Calabria. Le firme pro Oliverio non mi fanno impressione, soprattutto quando le raffronto con le centinaia di migliaia di elettori che guardano al Pd. Non leggere che c’è un cambio completo dio fase politica, non vedere che oggi c’è una chiara rottura tra il governo regionale e l’opinione pubblica in Calabria, significa essere come l’ultimo giapponese nella foresta dopo la fine della guerra del Vietnam».

    Chiaramente, non era il Vietnam, ma al presidente e commissario Graziano si può perdonare il piccolo dislocamento storico, per un riferimento buttato sotto l’urto di dieci microfoni sullo stretto marciapiede della SS 19 delle Calabrie (tratto urbano). «Chi lascia il partito  – riprende Graziano – per andare con Occhiuto  (il riferimento è al consigliere regionale Ciconte e al capogruppo Pd al Comune di Catanzaro Costa, ndr)  lo fa per una scelta maturata in precedenza. Adesso sono curioso di capire cosa succede nel centrodestra. Non mi pare che in quel campo regni l’armonia. Noi lavoriamo per non fare tornare la destra al governo della Regione Calabria, di cii abbiamo visto l’azione nefasta. Noi lavoriamo per l’accordo con i Cinquestelle. L’altro ieri nell’incontro tra Zingaretti e Di Maio si sono fatti passi avanti. Come diceva Hegel la ragione è fatta di scale, facciamole una alla volta».

    Al commissario Hegel piace, non è la prima volta che fa riferimento al filosofo tedesco. Curioso che quasi contemporaneamente, nell’aula del Consiglio regionale, Oliverio, per difendere le sue tesi, citava Sigmund Freud. Se le citazioni fossero buona politica, il Pd volerebbe alto. Non vorremmo somigli alla nottola di Minerva, che si alza solo al crepuscolo, quando il sole (dell’avvenire) è già tramontato.

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