Acqua pubblica, a che punto siamo?

L’interrogativo e le risposte di Cambiavento


di Lello Nisticò

Il problema dei referendum è che ce ne sono troppi. Tanto che passato qualche anno se ne perde traccia. Succede a quelli che non arrivano al quorum di validità. Ma càpita anche ai referendum validi, che raggiungono lo scopo per il quale sono stati indetti e bastevolmente votati. Per cui occorre ogni tanto un ripasso. È il caso del referendum sull’acqua pubblica andato in scena nel 2011, precisamente il 12 e 13 giugno, quando il 96% dei votanti, ben 26 milioni di italiani, si sono espressi contro la privatizzazione dell’acqua. In provincia di Catanzaro addirittura questa percentuale arrivò al 98. Segno che i catanzaresi all’acqua ci tengono. Per forza. Buon acqua non mente.

Nell’Ottocento il Lenormant, francese ottimo viaggiatore, la definì “la città giardino” per via del verde e delle 22 sorgenti d’acqua sgorganti tra le sue mura, alimentate, anche, da quel vanto dell’ingegneria idraulica napoleonica che fu l’acquedotto del Visconte. Lo ha ricordato Antonio Giglio nel corso dell’incontro alla Sala concerti del Comune messo su da Cambiavento sul tema “Acqua pubblica. A che punto siamo?“.

Giglio è giovane, ma ha rivestito bene la parte del saggio che racconta e spiega. Così, partendo dal Visconte, un acquedotto che è ancora pervio e visitabile con guida esperta, ma non funzionante, è arrivato a fornire un quadro completo della distribuzione attuale dell’acqua a Catanzaro, senza disperdersi in superflui tecnicismi.

In sintesi: ci sono 4 punti di approvvigionamento per le utenze cittadine. L’acquedotto del Guerriccio di proprietà e gestione comunale che serve la zona Nord; i pozzi di Corace che servono la zona Ovest; i pozzi di Alli che servono la zona Est; e l’acquedotto di santa Domenica che serve molta parte della città in modo trasversale da nord a sud, compreso il centro cittadino. Tutti hanno problemi nella distribuzione, chi più chi meno, per non parlare dei furti d’acqua e della dispersione, mentre la qualità negli impianti di origine è ottima. Osservato speciale deve essere Santa Domenica, che presenta tre punti critici principali. È un impianto complesso che prende acqua dal lago del Passante, pompata nelle vasche di Magisano da dove raggiunge l’impianto di potabilizzazione a Santa Domenica, risollevata e quindi distribuita a caduta nei serbatoi. A monte le vasche di Magisano sono in una zona di dissesto geologico. Per scongiurare il pericolo di crollo sono stati stanziati 4 milioni di euro, si è in attesa dell’inizio dei lavori. Poi il collegamento viaggia all’interno della strada provinciale 25 il cui crollo ha già causato l’interruzione di acqua nel capoluogo nel 2017, e poi a valle nel tratto interrato nell’alveo dell’Alli il cui venir meno ha causato l’interruzione nel 2013. Ci sono interventi strutturali, alcuni già effettuati, altri a venire. Per ovviare futuri problemi si sta cercando di riattivare dei pozzi ad Alli costruiti dalla Cassa e chiusi negli anni 90. Problemi più amministrativi e giuridici che tecnici ne impediscono il riavvio. Insomma, acqua Catanzaro ne ha tanta, ma se non si interviene a dribblare i punti critici può fare la fine di Tantalo, il mitico gigante immerso nell’acqua che rischia di morire di sete. L’accostamento è dello stesso Giglio che lo ha messo a sigillo del suo intervento.

A Giglio ha fatto seguito Giovanni Peta, da Spezzano della Sila, del Coordinamento Comitato Acqua pubblica Bruno Arcuri. Il Coordinamento, sulla scia del referendum e della precedente esperienza del Forum nazionale dei Movimenti per l’acqua, nel 2013 raccolse e depositò alla Regione Calabria 12 mila firme a corredo della sua proposta di legge popolare su “Tutela, governo e gestione pubblica del ciclo integrato dell’acqua”. Intanto nel 2011 la relazione della Corte dei Conti sulla gestione non trasparente del servizio idrico a capo della Sorical e la sua messa in liquidazione decisa dal Cda nel 2012, sono state altre spinte ad accelerare il processo di formazione della legge regionale 18/2017 che riorganizza il sistema idrico regionale, istituendo l’Autorità idrica della Calabria (Aic) quale organo di governo del servizio idrico integrato nell’Ambito territoriale ottimale unico regionale.

Su questo organismo è intervenuto il vice presidente Aic, sindaco di Cicala, Alessandro Falvo. Nel 2018 dopo alcuni tentativi andati a vuoto è stata eletta l’Assemblea dei sindaci, forre di 40 componenti, che solo nel luglio 2019 ha eletto gli organi direttivi, il Consiglio di 6 componenti, il presidente e il vice. Si è da poco emessa la manifestazione di interesse per la nomina dei revisori dei conti e del direttore dell’Aic, che sarà il rappresentante legale dell’ente. Fatto questo, l’Autorità sarà in grado di operare nella pienezza. E arrivare alla scelta decisiva che è poi quello che più interessa: il tipo di gestione, a chi affidarla, se in mano pubblica, oppure con l’intervento del gestore privato, come è capitato con la Sorical in cui il socio privato, la francese Veolia, è stato fortemente determinante.

A scanso di equivoci, è bene ricordare che l’acqua, bene primario, è per definizione pubblica. Ciò di cui si parla, se pubblico o privato, è il sevizio di gestione, ovvero di rete e di distribuzione. Poi, acqua pubblica non vuole dire acqua gratis. È un bene la cui disposizione ha un costo che deve essere pagato. Ciò che i sostenitori del pubblico vogliono è che non ci siano margini di profitto per un bene essenziale. Come è invece nella ragione d’essere del privato.

Il dibattito, moderato da Giulia Menniti, si è intrattenuto su queste scelte. Ricordando i casi di Saracena e di Riace, comuni nei quali i sindaci hanno reso pubblico l’intero servizio. Così come i casi più pesanti di Napoli e di Agrigento. Hanno portato le loro esperienze Francesco Perri, ex sindaco di Sersale, e Gregorio Gallello, sindaco di Gasperina. Sono intervenuti Caterina Salerno, Nicola Fiorita, Gian Michele Bosco ed Eugenio Occhini. L’intento di Cambiavento è togliere il tema acqua pubblica dalle secche degli apparati e farlo diventare oggetto di campagna elettorale. Se non ora, qua