Quella ‘panchina infame’ a due passi dalla Prefettura

Proveniente chissà da dove. Finora relegata in qualche sottofondo di antro comunale, oppure prelevata da un giardino in disuso di proprietà pubblica.

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    di Lello Nisticò

    È piovuta dal cielo, insieme all’acqua novembrina, come un meteorite di cui ha il colore murino e una certa pesantezza d’impatto. Trasportata e sistemata, beninteso, dagli operai del Comune, ufficio Gestione del territorio. In piazza Prefettura, nel posto più centrale che si possa immaginare. A dieci metri dall’ufficio del governo, difronte alla basilica dell’Immacolata, rivolta all’edicola che fu di Pucci dando la spalliera al palazzo della Provincia momentaneamente oscurato da incombente tendone da porto delle sabbie. Nel punto più stretto, però, tra due fioriere in ghisa, il dehors e il marciapiede. Che se mai qualcuno avesse il cattivo gusto di sedersi verrebbe denunciato per attentato colposo plurimo alla sicurezza dei pedoni per via degli involontari sgambetti che distribuirebbe agli sprovveduti colà circolanti.

    È una panchina. Proveniente chissà da dove. Finora relegata in qualche sottofondo di antro comunale, oppure prelevata da un giardino in disuso di proprietà pubblica. Se dovessi dire, così ad occhio, direi Scuola media Mazzini. Forse da ragazzino ci ho battuto la testa. Smangiata agli angoli, rosicchiata dalle intemperie, corrosa dall’abbandono. Eppure assurta a elemento caratterizzante l’arredo urbano. Lo stesso per il quale ogni tanto, con periodicità lustrale, si fanno le gare e si pagano le ditte, spesso sempre la stessa. 

    Qualcuno, vedendo installare il manufatto, che di per sé ha qualcosa di esoterico, ha pensato a un’opera d’arte, di quelle che adornano gli angoli belli della città. Arte povera, forse. Per cui, molti, i più, per non fare la figura di Alberto Sordi e moglie alla Mostra di Venezia (“Dove vai in vacanza?”, 1978), hanno evitato di provarne nell’immediato la rotonda seduta. Anche perché uno dei presenti, il più competente avendo conseguito il diploma di geometra quando era una cosa seria, notando la convessità della spalliera, ha sentenziato che la collocazione era quella e non potesse essere che quella, seguendo in parallelo l’andamento rientrante della sede stradale, a suo tempo, all’epoca del rifacimento del corso, già oggetto di studio da parte della commissione edilizia (giuro che è vero, basta leggere la rassegna stampa del periodo). Un altro che non è geometra però segue sempre Alberto Angela in tv ha riscosso notevole successo personale quando ha fatto notare che la nuova arrivata fa pendant con un’altra panchina, sempre grigia e di cemento, collocata nei mesi scorsi un po’ più avanti, sempre in Piazza, davanti le Poste. Che anche quella, a dire il vero, a qualche esteta o semplicemente a qualche architetto, uno di quelli che partecipa ai concorsi di idee per il Corso più bello e vince e non viene più chiamato, sembrava un po’ distopica, fuori posto. Ma tant’è. Come una rondine non fa primavera, una panchina non fa una piazza. Però, due, comincia a essere preoccupante. Errare humanum … A proposito di latino. Mi sa che sarà un problema rimuoverla. Perché non si può promuovere. E quindi non si può applicare il vecchio “promoveatur ut removeatur”. Però si potrebbe promuovere chi ha firmato l’ordine di servizio.   

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