Chiosco – bar a Lido, respinto il ricorso. La spunta il Comune

Si tratta di una diatriba tra una ditta e l'ente per per l'annullamento dell'ordinanza del Settore Patrimonio avente ad oggetto “revoca occupazione suolo pubblico"

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    Ricorso al Tar, la spunta il Comune. Si tratta di una diatriba tra una ditta e l’ente per per l’annullamento dell’ordinanza del Settore Patrimonio avente ad oggetto “revoca occupazione suolo pubblico”. Cronistoria. Il 21 maggio 2018 l’Ente disponeva la “revoca occupazione suolo pubblico”, con ordine di “sgombero dell’area” nei confronti del proprietario di un pubblico esercizio di Lido per il quale aveva ottenuto concessione dell’occupazione di suolo pubblico permanente finalizzato alla realizzazione di un chiosco Bar. Il proprietario ha impugnato il provvedimento presentando ricorso. Il Comune di Catanzaro, dal canto suo, ha contestato l’inammissibilità e fondatezza del ricorso chiedendone, al contempo, il rigetto.

    La sentenza. Il perché i giudici del Tar hanno respinto il ricorso si legge nel dispositivo di sentenza: ” Il Comune di Catanzaro con determinazione n. 2269 del 11.7.2003 ha autorizzato il ricorrente all’occupazione del suolo pubblico per la realizzazione di un “chiosco bar” con l’espressa previsione di un canone annuale, in aggiunta alla tassa di occupazione del suolo pubblico, con l’espressa previsione in forza della quale in caso di ritardi nei pagamenti superiore ai 30 giorni il Comune avrebbe provveduto alla “rescissione del presente atto”. Ebbene, occorre considerare che, come anche sottolineato da parte ricorrente, al momento della concessione predetta non esisteva il c.d. regolamento “dehors” sicchè non era nemmeno possibile distinguere tra “dehors” e “chiosco”. Da tale circostanza, d’altronde, non discendono le conseguenze dedotte da parte ricorrente, ma al contrario, deriva il fatto che nel concetto di “chiosco” di cui all’art. 42 del regolamento gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Catanzaro, devono essere ricompresi tutti quei manufatti separati dall’edificio (in tal senso da considerarsi “isolati”), aventi caratteristiche strutturalmente durevoli e ipoteticamente utilizzabili per finalità plurime. Nel caso di specie, la struttura chiusa oggetto di contestazione rientra nel concetto sopra esposto e, quindi, nella tipologia indicata dalla norma regolamentare predetta, senza che abbia alcun rilievo il fatto che nello specifico il titolare abbia inteso adibire tale volume a “dehors” essendo comunque potenzialmente idoneo a fungere da “chiosco” esattamente come previsto nella concessione. Del resto, se si interpretasse diversamente il concetto di “chiosco-bar” indicato nella concessione, il ricorrente non avrebbe avuto alcun titolo per poter occupare lo spazio in questione con l’attuale dehors. Da quanto sopra ne consegue che parte ricorrente era tenuto a pagare non solo la Tosap, ma anche il canone annuo concessorio, provvisoriamente determinato, con riserva dell’amministrazione di definitiva quantificazione. Peraltro, occorre sottolineare che il ricorrente, nel corso del rapporto, ha riconosciuto il mancato pagamento del suddetto canone, tanto da chiedere la rateizzazione del relativo debito che, tuttavia, non è stato adempiuto. Proprio il mancato e perdurante inadempimento ha giustificato il provvedimento impugnato, senza che possa rinvenirsi in atti alcun vizio procedimentale da parte del Comune, in quanto, a fronte del perdurare dell’inadempimento, da un lato, la rinnovazione della comunicazione dell’avvio del procedimento di decadenza/revoca non si pone in contraddizione con l’obbligo di definire il procedimento entro tempi certi, e, dall’altro lato, non era necessario alcun apprezzamento circa l’interesse perseguito ex art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990, trattandosi di conseguenza, la revoca/decadenza, nel caso di specie vincolata, in quanto, come detto, prevista puntualmente nella concessione di occupazione del suolo pubblico”. Sulla base di questi assunti il ricorso è stato respinto.

    a.b.

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