Tra rock e western la prima giornata del Magna Graecia Book Festival

Ieri sera con due ospiti d’eccezione, Massimo Cotto e Italo Moscati

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    Si è aperta a suon di rock e di western la prima edizione del Magna Graecia book festival. La rassegna, ideata da Gianvito e Alessandro Casadonte come evento parallelo dell’omonimo festival cinematografico delle opere prime – giunto quest’anno alla sua sedicesima edizione -, ha tagliato il nastro ieri sera con due ospiti d’eccezione, Massimo Cotto e Italo Moscati. Accompagnati dal direttore artistico del Book festival, Andrea Di Consoli, e introdotti rispettivamente dalle giornaliste Teresa Pittelli e Donatella Soluri, i due autori hanno raccontato davvero tanto. La prima presentazione ha riguardato “Rock live” di Massimo Cotto, deejay radiofonico passato da Radio Rai a Rai24 e Radio Capital, oggi a Virgin Radio. Il testo, edito da Mondadori, offre una carrellata ricca di aneddoti e tanta musica sui backstage dei più grandi concerti rock ai quali l’autore ha avuto la fortuna di assistere nel corso della sua lunga carriera. Dai Beatles ai Rolling Stones, passando per Patti Smith, Bob Marley e Bob Dylan, giusto per citarne qualcuno, Cotto è stato un fiume in piena con racconti che sono andati ben oltre la musica, ben oltre i singoli eventi, per quanto straordinari. Con chi non ha perso l’occasione di sentire dalla voce di chi c’era e li ha potuti vivere da un punto di vista privilegiato, cosa hanno significato gli anni d’oro del rock, le contestazioni e quanto hanno cambiato le generazioni a venire, con ironia e umiltà rare, Cotto ha condiviso sue riflessioni personali su argomenti delicati – religione, il rock come religione, senso della vita -, rendendosi conto lui stesso della eccezionalità dei suoi resoconti: «Mi sento un po’ come Gianni Minà», ha detto ridendo come un matto. Senza troppi giri di parole è stato Italo Moscati. Se nella prima serata del Film festival è stato proiettato il suo personale omaggio a Sergio Leone, ieri sera è stato il turno della sua “versione” – per così dire -, cartacea, “Sergio Leone. Quando i fuorilegge diventano eroi”, edito da Castelvecchi. Lo scrittore, regista e storico del teatro e del cinema attraverso questo libro ripercorre la parabola cinematografica di uno dei registi italiani che ha saputo conquistare e continua a farlo, il mondo intero. E’ andato dritto al punto, Moscati: «La sua è stata una rivincita sul piano personale, in soli sette film. Nessuno ha ritrovato la carriera con il western, eppure nel 1964, in cui il cinema italiano aveva toccato un punto bassissimo per incassi, lui ha avuto l’idea vincente», che ha saputo conquistare il pubblico che lo ha scoperto prima ancora della critica. Anche qui sta l’eccezionalità di questo regista: «Leone aveva la capacità di prendere distanza da ciò che raccontava, il suo è uno sguardo doloroso su quello che racconta, non lo banalizza mai. Anche i duelli, ad esempio, sono confronti di psicologia», non semplici pistolettate. E sul cinema contemporaneo, Moscati non l’ha mandata a dire: «Ci sono scarsissimi testi e scarsissimi talenti. Nelle competizioni non vinciamo se non con grandissimi sforzi. Non ci sono più i grandi registi, non abbiamo grandi attori. Poi, se volete, possiamo continuare a raccontarci sciocchezze». Carmen Loiacono

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