Saverio Loiero in ricordo del figlio Peppe: “Essere disabile vuol dire anche un diverso modo di interpretare i momenti di socialità stereotipati”

L'avvocato catanzarese scrive una lettera al figlio che non c'è più con "le scuse" per "non aver capito"

Di Saverio Loiero*

Il 25 dicembre sarà il compleanno di Peppe. Lui ci teneva a festeggiarlo, ma in modo sobrio e lontano da merletti e ostentazione.

Anche in questo gradiva la discrezione e la semplicità, così come era il suo stile di vita :essenziale e diretto.

Non riusciva mai a festeggiare il compleanno con i suoi amati compagni di classe, perché era Natale e avevano problemi a raggiungerlo.

Così, in verità, erano pochi gli amici che riuscivano ad esserci… Però, c’erano i “grandi”, gli amici di mamma e papà, che adoravano Peppe. Non mancavano mai e lo riempivano di regali, in particolare di gadget della sua amatissima Inter.

Lui era contento, perché sapeva che questo appagava anche noi… Ma in cuor suo non amava il frastuono. Avrebbe preferito un semplicissimo incontro con le sue amiche e i suoi amici al vociare dei “grandi”.

Nella sua infinita sensibilità sapeva che sottrarsi al rito profano della torta avrebbe fatto dispiacere alla mamma,

che mesi prima programmata come farla decorare con simboli o immagini che lui amava, o a me, che andavo alla ricerca delle migliori bottiglie di champagne per onorare un giorno di festa.

Peppe era avulso da tutto ciò.

Mi rendo conto adesso di quanto i suoi compleanni li abbia festeggiati più per non dispiaceri che per soddisfare se stesso.

La sua grandezza era anche questa: l’essere perennemente proiettato a non fare dispiacere il prossimo più che a maturare piaceri personali.

Soltanto ora capisco che tutti i nostri affanni per regalargli un giorno di festa, un giorno “normale”, per lui non avesse alcun senso. Credevamo di fare bene,  con l’illusione che, almeno in poche circostanze, si potessero cancellare quelle differenze che viveva giornalmente. Differenze con le quali sembrava a suo agio, e sereno.

I pochi, fantastici, amici che venivano a trovarlo erano la sua gioia più grande, ci teneva a pubblicare le foto e a verificare quanti consensi avessero riscosso, era l’unica punta di vanità.  Poi riprendeva a dissertare sui problemi delle minoranze e dei disagiati: questo era lo scopo principale delle sue appassionate speculazioni sociologiche.

Solo adesso mi rendo conto di quanto anche le ricorrenze non possano essere omologate.

Essere disabile vuol dire anche un diverso modo di interpretare i momenti di socialità stereotipati.

Non ci rendiamo conto che la diversità non si manifesta solo nella minoranza logistica ma essenzialmente nel diverso modo di vivere i fenomeni sociali, nella diversa percezione di tutte quelle manifestazioni che appagano noi, non portatori di disagio.

Chi vive una disabilità rifugge dall’interpretazione omologante delle ricorrenze civili e personali.

Per poter omologarsi bisogna avere le stesse opportunità di vita.

Perdonami, figliolo… solo adesso mamma ed io ci rendiamo conto che a te di festeggiare il tuo compleanno non interessava nulla. Era solo un altro atto d’amore nei nostri confronti.

*Avvocato – Fondazione Peppe Loiero