I diritti calpestati del corto di Calabretta vincono importante premio

Autore e regista ha ottenuto l'importante riconoscimento previsto dal concorso indetto dal consiglio di Stato 'Libertà. Solidarietà. Giustizia'


Primavera piuttosto impegnativa e altrettanto carica  di soddisfazioni, per Gregorio Calabretta. L’autore e regista, nonché insegnante, ha da poco visto il debutto, con successo, della sua ultima creazione “La leggenda di Calabira”, andato in scena al Teatro Impero di Chiaravalle come conclusione di un laboratorio teatrale; nel frattempo, però, ha pure vinto il concorso “Libertà. Solidarietà. Giustizia”  indetto dal Consiglio di Stato e rivolto agli istituti scolastici.

A ottenere il prestigioso riconoscimento è stato infatti il cortometraggio “La sedia vuota” che Calabretta ha realizzato per il Centro istruzione adulti di Catanzaro, dove insegna. Il lavoro racconta il viaggio di alcuni immigrati e dei loro diritti calpestati proponendo un parallelo con la vita di tre Premi Nobel per la Pace: Malala Yousafzai, Elie Wiesel, Liu Xiaobo. Proprio la sedia di quest’ultimo, rimasta vuota alla consegna del Premio poiché l’attivista e scrittore cinese si trovava in carcere, è quella a cui si ispira l’intero lavoro: la parola, la scrittura, la penna possono essere strumenti per cambiare il mondo, per farlo conoscere, sebbene possano essere considerati crimini, oltraggi, lì dove fanno paura. Non a caso, la frase conclusiva del corto – che il giornalista Gianni Bianco, dopo la proiezione alla cerimonia non ha esitato a definire «un lavoro ben fatto. Non solo per le emozioni scaturite, ma anche per le inquadrature, i primi piani e il montaggio, mi ha ricordato la tecnica utilizzata da Gianni Amelio nel film “Lamerica”» -, è affidata a un giovane immigrato, uno degli studenti/interpreti del cortometraggio: «E tu, sì, tu, se un giorno vorrai vedermi ancora, guardati attorno. Mi troverai ovunque ci sarà una sedia vuota. Io sarò là che aspetto. Aspetterò finché un giorno mi potrò sedere». 

Per Calabretta, va detto, questo del concorso indetto dal Consiglio di Stato è solo l’ultimo riconoscimento, in ordine di tempo, che ha ricevuto a riprova della “bontà” dei suoi lavori: con all’attivo una sessantina di laboratori teatrali in diverse località calabresi, tra scuole, enti, istituti penali, associazioni, Calabretta diffonde la passione per il teatro anche là dove potrebbe sembrare lontano. Se solo lo scorso anno si era aggiudicato il Premio come migliore drammaturgia al concorso Pirandello Uno, nessuno, centomila con lo spettacolo teatrale “Il treno ha fischiato”, realizzato con i ragazzi della scuola media di Isca Sullo Ionio, e un suo spettacolo al Teatro delle Briciole di Padova sulla “consistenza”, dalle Lezioni americane di Italo Calvino, ha ispirato una tesi di laurea  che ha direttamente preso spunto dal suo lavoro, sono le dichiarazioni dei partecipanti ai laboratori a dirla tutta sul suo operato.

Nel 2017, a esempio, ha realizzato “Il viaggio di Malah”, all’Istituto penale minorile di Catanzaro: «Mi ha lasciato tanta speranza dentro, che qualsiasi cosa succeda devo continuare a crederci», ha detto uno dei partecipanti al progetto; «A me è piaciuto fare teatro con il maestro perché mi ha fatto capire tante cose – ha affermato un altro -, soprattutto che se uno vuole con l’impegno si può riuscire»; «Per me il maestro Calabretta all’inizio non era niente, anzi non lo sopportavo proprio – ha aggiunto un altro -. Ora voglio chiedere scusa al maestro perché mi ha veramente insegnato cose che sono utili per il mio futuro». L’essere riuscito a coinvolgere con successo anche persone che mai avrebbero pensato di calcare le tavole di un palcoscenico per differenti percorsi di vita e culturali – dai giovani imprenditori coinvolti nell’omaggio a Guglielmo Papaleo con “Guglielmo, quando nessuno ci credeva” ai detenuti della Casa circondariale di Siano, dove ha tenuto laboratori per ben otto anni consecutivi -, trova il suo punto di forza nei testi: mai banali, arrivano al cuore attraverso una cura maniacale dei gesti degli attori, nell’impostazione della loro voce, dei loro movimenti in scena. Così la “lezione” arriva sul palco, ma ne valica velocemente i confini, scuola vera e di vita per tutti i giorni.

Carmen Loiacono