Un libro per non dimenticare la tragedia della Fiumarella

Il giovane scrittore Giovanni Petronio e il suo lavoro 'I ragazzi della Fiumarella'. Una generazione intera scomparve in quell'incidente ferroviario del dicembre '61. I morti furono 71, molti giovanissimi

 

Generico febbraio 2020

di Antonio Capria

Erano figli di semplici contadini. Molti dei loro genitori non si erano mai allontanati dal paese, neppure avevano mai visto il mare. Pochi erano già stati in città, per lo più per portare al mercato i prodotti della terra. Ecco perché quel sottile binario che dal Reventino arrivava a Catanzaro ha davvero rappresentato la possibilità di un futuro diverso per un intero territorio e per le sue comunità. Sulle “littorine” delle Ferrovie Calabro Lucane viaggiavano ogni mattina tanti giovani a cui è stata data l’opportunità di studiare e di conoscere. Molti di loro sono diventati medici, avvocati, affermati professionisti. Per trentacinque di quei ragazzi invece i sogni si sono schiantati sul greto della Fiumarella dopo un volo di cinquanta metri. Il rimorchio sul quale viaggiavano si staccò dall’automotrice su un viadotto in curva, vicino a Catanzaro, finendo nella vallata percorsa dal torrente. Settantuno le vittime complessive: il più grave incidente ferroviario mai avvenuto in Italia.

E’ il 23 dicembre del 1961. Mancano due giorni a Natale, quei ragazzi tornano a scuola per le ultime due ore di lezione prima delle vacanze. Ma non ci sarà festa in quei giorni. Troppo forte lo strazio, il dolore che i sopravvissuti si porteranno dietro per sempre insieme ai familiari delle vittime. Sulle comunità del Reventino piomba il buio. Soprattutto su Decollatura, il paese che paga il prezzo più alto con le sue 31 vittime.

A tenere viva la memoria di quella tragedia il giovane scrittore Giovanni Petronio, un figlio di quei luoghi che con il suo libro “I ragazzi della Fiumarella”, edito da Link, ha voluto strappare il ricordo e le testimonianze di quella tragedia al rischio dell’oblio.

Il libro, nella sua edizione aggiornata e arricchita, è stato presentato nella sala “Augusto Placanica” della biblioteca “De Nobili” di Catanzaro, con i contributi e le testimonianze, tra gli altri, degli ex sindaci di Decollatura Anna Maria Cardamone ed Eugenio Adamo, quest’ultimo fra i superstiti della sciagura.

“Un’intera generazione d’un colpo non c’è stata più – ha affermato Anna Maria Cardamone – e non so quanta ricchezza avrebbe potuto portare. Settantuno persone, 31 cittadini di Decollatura con età media di 19 anni, non hanno avuto la possibilità di crescere nel loro paese e di dare al proprio paese con le professionalità che avrebbero certamente conseguito. Per molti anni di questa tragedia non si è parlato, molti l’hanno voluta cancellare, comprendo che il dolore è stato troppo forte. Oggi vogliamo portarla alla memoria affinché sia da monito anche a chi governa oggi, perché queste tragedie non si devono più verificare. Quel treno è stato importantissimo per le comunità interne, era allora l’unico mezzo di comunicazione tra le due città di Cosenza e Catanzaro, consentiva di raggiungere il capoluogo per lavorare e studiare. La ricchezza quel treno la porta ancora oggi, anche se viene usato meno, ma chi ci viaggia lo fa con un po’ di paura. Bisogna garantirne la sicurezza”.

Con un’appassionata indagine e un’approfondita ricerca documentale, Giovanni Petronio ha voluto segnare con il suo libro la rinascita di una memoria collettiva.

“Il treno delle Calabro-Lucane – ha spiegato Petronio – ha portato sviluppo ad un territorio bisognoso, ha dato la possibilità a decine di giovani di studiare, nelle scuole di Catanzaro o di Cosenza, e di cambiare così il percorso del loro futuro. Quel giorno, il 23 dicembre del ’61, molti di loro non sono tornati a casa. Sono morti per cosa? Io ritengo che siano morti per ricordarci, dopo 60 anni, che noi abbiamo una grande responsabilità sul nostro territorio, e non possiamo nasconderci. Fare memoria del più grande deragliamento ferroviario italiano significa riflettere, dopo quasi sessanta anni, su ciò che oggi abbiamo. Significa dare attenzione ad una ferrovia, la Cosenza-Catanzaro, che dal 19 febbraio del 2009 ha una interruzione di esercizio ferroviario. Per spostarsi dal Reventino a Cosenza andata e ritorno con i mezzi sostitutivi si impiegano sei ore. Sei ore per fare cinquanta chilometri, mentre i 570 chilometri che separano Roma a Milano con i Frecciarossa si percorrono in poco più di due ore”.

Un lavoro, quello di Petronio, che proseguirà con l’approfondimento della vicenda giudiziaria seguita al disastro.