Il murales del generale Dalla Chiesa raccontato dalla figlia Simona: “Trasmette l’energia del bene”

L'opera in gara nel contest di e-distribuzione

Un viso che parla. Capace di raccontare una storia, una vita. In grado di esprimere la fierezza e l’umiltà. La grandezza e la semplicità. Il coraggio e la paura. L’amore per la famiglia, per la gente e per l’Arma. Da quasi un anno, arrivati a Girifalco imboccata via dei Papaveri, c’è un’immagine che racchiude tutto questo. E’ il volto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’eroe. L’uomo. Il servitore dello Stato. Il marito, il padre. L’uomo forte, il generale di ferro – come lo definì, in un articolo del 1982, Giorgio Bocca.  In quest’opera – ed è, forse, questa la sua forza – Carlo Alberto Dalla Chiesa appare, prima di tutto, come l’uomo. Una figura rassicurante che vigila sugli uomini dell’Arma che, ogni mattina, inevitabilmente ne incrociano lo sguardo. Che sorride, con gli occhi, ai tanti giovani che, attraversando quella via, ne scoprono il valore magari proprio perché incuriositi dal murales.

L’opera realizzata dall’artista Claudio Chiaravalloti sulle pareti di una cabina dell’Enel – dietro input dell’allora amministrazione Cristofaro – a pochi passi dalla sede della Compagnia dei Carabinieri è candidata a divenire la cabina più bella d’Italia. In gara nella street art challenge lanciata da E-distribuzione, per il ciclo “Tracce di Legalità”, la “versione graffito” del generale Dalla Chiesa, ha superato le varie sfide fino a giungere in finale. Ora per farla arrivare sul gradino più alto del podio basta aprire la foto del murales e lasciare un like;  c’è tempo fino a  martedì alle ore 12.

https://www.facebook.com/edistribuzione/photos/a.204563513410021/806449033221463/?type=3

Ed a votare ad ogni fase della competizione è stata, anche, Simona Dalla Chiesa. La figlia minore del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso a Palermo, dove era prefetto da 100 giorni, il 3 settembre 1982.

Simona Dalla Chiesa

Un’opera, realizzata a Girifalco da Claudio Chiaravalloti, raffigurante il volto del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, è in gara per diventare la cabina artistica più bella d’Italia.  Che sensazione le dà, signora Dalla Chiesa?

Mi dà una sensazione di commozione profonda perché è un modo per ricordare mio padre e mantenere vivo il suo messaggio. Come qualcuno ha scritto, nei commenti ai post, papà trasmette l’energia del bene. Ritengo, inoltre, si tratti di un’opera bellissima. Tra le varie realizzazioni artistiche realizzate su di lui, in questa di Girifalco, l’artista è riuscito a cogliere gli occhi di mio padre. Claudio Chiaravalloti ha saputo, con delicatezza e professionalità, ritrarre il suo sguardo. Mi piace molto che sia in bianco e nero sullo sfondo della bandiera italiana. È un emozione vedere la sua immagine, carpirne il significato e cogliere la sensibilità dell’ artista”.

Tra i tanti attestati di apprezzamento registrati sul murales, quello che colpisce di più è, sicuramente, la forza empatica del volto di suo padre. Quei lineamenti morbidi, familiari che arrivano dritti al cuore. Era così il generale Dalla Chiesa?

Lo avvertivo anche io così. E sono felice che questa stessa emozione venga trasmessa agli altri, alle nuove generazioni che non hanno avuto modo di seguirlo ed incontrarlo. L’immagine che viene restituita non è quella austera di un generale ma di un uomo buono delle istituzioni che lavorava per il bene della comunità.

Uno sguardo, un volto rassicurante a cui potersi affidare 

Secondo Lei, quale sarebbe stato il commento di suo padre nel vedere l’opera.

Secondo me sarebbe stato tanto orgoglioso. Personalmente, di fronte a quest’opera, vivo una sensazione molto particolare visto che Girifalco fa parte della mia famiglia acquisita. Vedere mio padre nel luogo dove mio suocero – persona per me molto importante – ha lasciato la sua impronta professionale (ex ospedale psichiatrico), è una grande emozione. Ricordo, ancora oggi, la sera in  cui – insieme a mio fratello Nando e a mia sorella Rita – siamo venuti a Girifalco e gli organizzatori dell’iniziativa ci hanno portati alla cabina. E’ stato un colpo al cuore”.

Quanto è importante veicolare messaggi e storie, come quelle di suo padre e della sua famiglia, alle nuove generazioni?

Credo sia fondamentale. La memoria è un valore da coltivare.  La memoria della storia del  nostro Paese e dell’Europa è un valore fondamentale per far capire che ogni passo avanti è frutto di una conquista di persone conosciute ma anche non conosciute.

Penso che dimenticare o sottovalutare il ricordo degli anni passati produca un vuoto che non consente di capire l’oggi.

La civiltà di un popolo si misura nella sua capacità di valorizzare la memoria della sua storia”.

 “Ci sono cose che non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”. Questa frase è impressa sulla parete a fianco del murales. Ricorda la circostanza in cui suo padre la pronunciò?

“L’ha pronunciato nel corso di un’intervista che gli venne fatta da Enzo Biagi. Il giornalista chiedeva a mio padre se avesse paura. E lui rispose pronunciando questa frase.  Aggiungendo, in un altro passaggio, che per lui guardare gli occhi dei giovani era lo stimolo maggiore perché i giovani hanno lo sguardo pulito. Era un messaggio rivolto ai figli ma, anche, ai giovani carabinieri e ai nipotini che non ha avuto il tempo di godersi. “Guardare in faccia i figli e i figli dei nostri figli”, in questo messaggio c’è un lato privato ma ce n’è uno ancor più ampio”.