La storia: dal Villaggio Mancuso al Grande Albergo delle Fate

Nei giorni scorsi la notizia del sequestro di una struttura che ha fatto la storia. Come tutta la zona che la circonda

Citare il “Villaggio Mancuso” significa ugualmente ricordare “Il Grande Albergo delle Fate”. I caratteristici boschi della Sila hanno rappresentato la culla di entrambi, punto vitale del turismo e meta dei tanti catanzaresi che amano le montagne limitrofe raggiungibili in breve tempo. Giorno 22 febbraio è stata data notizia del sequestro del “Grande Albergo delle Fate”.

Un annuncio che certamente ha suscitato sconforto e, proprio in virtù dei suoi anni “ruggenti”, si vorrà ripercorrerli quasi con il desiderio di poterli rivivere. Il passo indietro da fare è notevole, poiché si dovrà fare riferimento all’anno 1929, allorquando la crisi economica invade l’Italia, inizialmente non avvertita poiché l’economia risultava tendenzialmente “rurale”, lontana quindi da quella “industriale”, a quei tempi quasi inesistente. In questo frangente, il giovane imprenditore Eugenio Mancuso, catanzarese, abile nel suo mestiere di costruttore, con al suo attivo già numerose opere di notevole valore, suo malgrado viene coinvolto dalla difficile situazione economica. Sebbene le sue finanze ancora non avessero sofferto del periodo negativo, si trovò a possedere un discreto quantitativo di legname invenduto, per ovvia mancanza di richiesta data dalla situazione del momento, tuttavia, proprio da questa circostanza si aprirono nuovi scenari lavorativi.

IL VILLAGGIO MANCUSO: La fervida mente dell’imprenditore ebbe l’idea di acquistare, tra l’altro anche ad ottimo prezzo, una vasta area boschiva dove già sussisteva una sua segheria, sul Colle della “Poverella” in contrada “Catananni” nella zona della Sila Piccola. Egli, dà materialmente corpo ad un suo progetto e, con il legname in possesso, edifica un intero villaggio turistico realizzato con casette in legno. Seguendo i suoi canoni estetici, rivolti sempre verso ciò che poteva essere gradevole, ingaggia la ditta Arturo Campo di Belluno, falegnami esperti del mestiere. Riprodurre le ambientazioni delle montagne delle Dolomiti è suo grande desiderio e la ditta Campo invia a tal proposito i suoi migliori operanti che, coadiuvati dagli operai dell’imprenditore, costruiscono villette mono familiari. Ogni casetta è diversa l’una dall’altra nell’armonica struttura, tutte edificate utilizzando legname di pino, pioppo ed ontano, di cui l’imprenditore Mancuso era fortemente fornito. Il contesto dell’intero villaggio risultò quasi fiabesco, ogni piccola casetta aveva le sue particolarità anche se contrassegnate dai caratteristici tetti spioventi, tutte arricchite da verande, piccole torrette, balconcini e finestre colorate. Anche il contesto esterno non mancava di particolari, con aiuole, siepi e diverse varietà di alberi, successivamente tutto progredisce, con le strade di accesso adiacenti al comune di Taverna, con l’istallazione della corrente elettrica, dell’illuminazione, dell’ufficio postale, della stazione dei Carabinieri e della rete idrica. A tutto ciò si aggiungono la particolare “Chiesetta”, la “Rotonda”, che divenne quasi un simbolo per il villaggio e, infine, il maestoso “Grande Albergo delle Fate”. Il “Villaggio Mancuso”, così poi denominato, divenne ben presto meta turistica regionale, offrendo in maniera particolare ai residenti di Puglia, Sicilia e Campania la possibilità di trascorrere un periodo di villeggiatura in una zona non troppo lontana dalla propria regione, avvantaggiati anche da “pacchetti turistici” promossi dalla rete ferroviaria dello Stato con destinazione “Catanzaro” e “Sila Piccola”.

IL GRANDE ALBERGO DELLE FATE: Al villaggio, forse, mancava qualcosa di particolare ed importante e così che Mancuso decide di erigere, nella parte più alta della zona, un albergo, che denominò “Il Grande Albergo delle Fate”. L’intera costruzione, realizzata sempre in legno, risultò quasi un’opera imponente, riconoscendo nel nome tutta la sua bellezza. L’inaugurazione dell’albergo avvenne il 16 agosto del 1931, una gran folla era presente, deputando pregevoli meriti per l’opera compiuta. L’edificio voleva rappresentare qualcosa di “magico” per chi vi avrebbe passato la villeggiatura, ma il soggiorno non sarebbe stato di solo riposo, tant’è che l’albergo viene corredato di un “centro sportivo” attrezzato di campo di calcio, da tennis e di tiro a volo, non mancava neanche il teatro adibito ugualmente a sala cinematografica, un ampio salone ove poter svolgere serate danzanti e, ancora, alcune “sale da gioco” dove venivano svolti innumerevoli tornei di canasta. L’albergo era stato reso particolarmente innovativo per quegli anni, negli interni, particolari con le lavorazioni in legno degli arredi, nelle rifiniture delle stanze di cui alcune con bagno in camera (pare fossero 35 in tutto, tra singole, doppie, triple e matrimoniali, due suite e 3 appartamenti da 4 posti letto) o ancora nei singolari arazzi calabresi di cui si pregiava con decorazioni alle pareti, abbinate alle coperte dei letti. Si aggiungevano, inoltre, la sala nursery, la boutique, la sala lettura, la sala di attesa con annessa cabina telefonica e all’esterno un’ampia piscina. Tutto assumeva un tono di gran classe e preziosità, tanto che ospitò innumerevoli personaggi illustri tra cui svariati attori del cinema dei mitici anni ‘50/’60.

 

Infatti, il “Grande Albergo delle Fate”, fu sede di numerosi set cinematografici, come non ricordare nel ’49 il film “Il lupo della Sila” con Amedeo Nazzari e la bellissima Silvana Mangano diretto dal regista Duilio Coletti o ancora nel ’63 il film “La ballata dei mariti” del regista Fabrizio Taglioni che girò le varie riprese tra la Sila e la costa catanzarese. Nel cast, l’indimenticabile Aroldo Tieri con l’altrettanto valente, Mammo Carotenuto.

Fu ancora meta di altri importanti attori con alcune “Premiazioni cinematografiche” (“Oscar dei due mondi” e “Premio Calabria”) con Raf Vallone, Sofia Loren, Vittorio Gassman, Giovanna Ralli, era dunque considerato uno dei luoghi più pregevoli della Calabria. A dare ulteriore lustro all’albergo fu successivamente, Silvano, figlio di Eugenio (venuto a mancare quando i tre figli erano ancora in tenera età), che, negli anni ’70, avendone preso oramai le redini, effettuò numerose opere di restauro. Insomma, un lungo periodo “d’oro”, che non può certamente essere dimenticato. Gradualmente, però, l’intensa attività del Grande Albergo venne meno e la sua funzione fu deputata al solo “ristorante” che restò attivo sino agli inizi degli anni 2000 (era stato successivamente edificato in cemento con un corpo a sé).

Di seguito, il “Grande Albergo delle Fate” dimenticò l’antico clamore che restò semplicemente un mero ricordo. Dichiarato “Monumento storico nazionale”, fino a qualche tempo fa era stato possibile visitarne in parte gli interni con un “iter culturale” e, recentemente, la “monumentale” struttura è stata inclusa nel progetto “I luoghi del cuore” del Fai (Fondo Ambiente Italiano) per la valorizzazione dei “Beni Culturali” in Calabria. (ragguagli storici da “Eugenio Mancuso – Un visionario che costruiva bellezza” di Sergio Caroleo con la collaborazione storica ed iconografica di Gioacchino Concolino).