La musica torna su corso Mazzini con il primo appuntamento del Festival d’autunno fotogallery

Il taglio del nastro della diciottesima stagione è toccato a Peppe Servillo e al Solis string quartet

Vedere Corso Mazzini pieno di gente, in una serata anche climaticamente perfetta per stare insieme, pure solo per una passeggiata, è sicuramente il primissimo colpo a segno della nuova edizione del Festival d’autunno firmato da Antonietta Santacroce.

Generico settembre 2021Peppe Servillo

Il taglio del nastro della diciottesima stagione è toccato, ieri sera in piazza Prefettura, a Peppe Servillo e al Solis string quartet con una selezione della canzone tradizionale napoletana, raccolta nel progetto “Presentimento”. In scaletta tutti i brani inclusi nell’album  – il secondo nato dalla collaborazione tra il quartetto e il cantante/attore -, e qualcosina in più: le canzoni più o meno note, sono state proposte ai tanti giunti in piazza  in maniera nuova, raffinata. La voce e la presenza scenica di Servillo – maschera teatrale d’altri tempi, dalla mimica pazzesca – hanno offerto una raccolta di preziosità, veri capolavori, a partire dalla title track, “Presentimento”, preceduta da “Canzone appassiunata” – entrambe di E.A.Mario, pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta –  con cui i primi ospiti del Festival d’autunno 2021 hanno aperto il concerto. Pene d’amore, passioni passate, segreti, paure, sono gli argomenti di quegli «autori profeti», come li ha definiti lo stesso Servillo, che con le “carte” dei sentimenti popolari hanno reso immortali queste canzoni e che hanno rivissuto nelle parole e nelle melodie di “Palomma” di Armando Gill, “M’aggia curà” di Pisano e Cioffi, “Tutta pe’mme” di Fiore e Lama, passando per “Te voglio bene assaje” e la composizione strumentale del Solis string quartet, “Mozartango”, di rara eleganza, un fine gioco tra il Libertango di Piazzolla e il Quartetto K456 di Mozart. C’è da dire che la scena, che poteva essere dominata da Servillo – per i più -, è stata in realtà divisa equamente con il quartetto d’archi, apparso in forma smagliante, che ha offerto una esecuzione brillante, capace di enfatizzare anche l’interpretazione del compagno di palco, in un continuo dialogo tra canto e strumenti. Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio ai violini, Gerardo Morrone alla viola e Antonio Di Francia al violoncello e alla chitarra hanno ancora una volta centrato il bersaglio con interessanti arrangiamenti  anche per “Scalinatella” di Bonagura e Cioffi, “‘A serenata ‘e Pulecenella” di Cannio e Bovio, “Dicitencello vuje” di Falvo e Fusco, “Tarantella segreta” di Raffaele Viviani e “So’ le sorbe e le nespole amare” di Leonardo Vinci.

Prima dell’encore, che avrebbe visto il ritorno in scena dei cinque, il direttore del Festival è voluto salire sul palco e consegnare per tutti a Servillo – che aveva pure trovato un momento per ricordare insieme ai presenti le prodezze calcistiche di Massimo Palanca -, il premio del maestro orafo Michele Affidato, ringraziando per la serata, diffusa in streaming negli istituti italiani di cultura di 200 paesi nel mondo.

Grande chiusura, a seguire con “‘A casciaforte” di Valente e Mangione e “Dove sta Zazà” di Cutolo e Cioffi, eseguite, come è facile immaginare, tra gli applausi fragorosi del pubblico presente.