Fotografi a Catanzaro, quei particolari scatti in bianco e nero degli anni ’50

Il primo studio fotografico nel 1857. Negli scatti di illustri professionisti la storia della città dell'ultimo secolo

Non si può certamente negare la bellezza di una fotografia e quanto essa possa trasmettere a chi ne ammira il contesto riprodotto. Particolare, attrattivo, suggestivo è ciò che si potrebbe dire di uno “scatto fotografico” attuale, tuttavia il fascino di una foto retrò in bianco e nero non può essere sostituito, poiché in quei particolari fotogrammi è in primis la storia a riaffiorare, la storia dei nostri luoghi, dei nostri avi, degli usi e dei costumi e perché no, anche della tecnica usata nel tempo. Questo breve excursus nasce dal ritrovamento di una foto in bianco e nero su cartoncino, un piccolo ritratto di un signore d’altri tempi, rigorosamente in giacca e cravatta e grossi baffi neri con le punte all’insù, che ne contraddistinguono il viso. Una scritta impressa sulla foto: “D.co Scarpino & Figli – Catanzaro. Studio di prim’ordine fondato nel 1863. Encomiati da S.M. il Re d’Italia. Via Monte, Catanzaro. Specialità per bambini, ingrandimenti inalterabili al platino, carbone, porcellana. Fotocopie coi colori naturali, si conservano le negative”. Una foto che nel suo piccolo potrebbe raccoglierne le memorie e proprio in virtù di ciò si vorrà fare un passo indietro nel tempo, allorquando il regno della fotografia fece il suo “trionfale ingresso” e di cui in maniera sommaria se ne vorrà ricordare i passi salienti.

L’AVVENTO DELLA FOTOGRAFIA. La fotografia nasce intorno al 1830. Questa particolare invenzione sconvolgerà il “mondo” delle immagini. Un mezzo che avrebbe permesso di fermare il tempo, cogliendone quasi l’attimo. Le prime fotografie furono destinate al “ritratto” in bianco e nero e le macchine usate erano grossi apparecchi, quasi delle scatole di legno che venivano supportate da un treppiede. “Dagherrotipi”, così venivano chiamate le fotografie, nome derivante da Louis Daguerre, che si potrebbe definire l’ideatore del processo fotografico.  I “dagherrotipi” venivano realizzati su lastra di latta, preparati con una soluzione di cloruro d’argento. I tempi di preparazione erano molto lunghi, tant’è che i soggetti ripresi dovevano restare immobili per circa 4/5 minuti, affinché l’immagine si imprimesse sulla piastra. Nel tempo l’evoluzione mirò a migliorare le apparecchiature fotografiche e i materiali da usare. Proprio su questi ultimi si fecero gradualmente dei progressi affinandone le tecniche. Il progredire della fotografia ebbe una svolta con l’introduzione (1840) dell’obiettivo per le macchine fotografiche e, quasi nello stesso tempo, anche le lastre di latta introdotte da Daguerre vennero sostituite dalla carta. Si trattava di nuovo tipo di “carta sensibilizzata” con collodio (una gelatina specifica) e sali d’argento che ottimizzava i tempi di posa ed ugualmente la foto. Tuttavia la vera svolta determinante avvenne alla fine dell’ottocento grazie alla nascita della pellicola in celluloide, segnando l’avvento della “fotografia moderna”.

LA FOTOGRAFIA IN CALABRIA Nell’aspetto dell’innovazione fotografica anche la Calabria si adeguò, tant’è che la fotografia arriva in regione intorno alla metà dell’ottocento sviluppandosi soprattutto nei grandi centri. Ad introdurla la “media borghesia”, usandola quasi come curiosità, un modo per mantenere uno “status”. Anche se le macchine fotografiche vennero in regione grazie ai “viaggi” dei signori, la loro diffusione si deve soprattutto ai fotografi che mantennero quei rapporti con le più grandi città, poiché la Calabria, come sempre, restava lontana da ogni tipo di flusso informativo. E furono proprio questi “contatti” che diedero modo ai fotografi calabresi, con le loro antiche macchine fotografiche, di produrre delle raccolte di inestimabile valore con un repertorio fotografico sulla Calabria dell’800 e del ‘900. La “memoria del territorio” venne impressa effettuandone un importante percorso “storico/paesaggistico”.

FOTOGRAFI A CATANZARO. Anche a Catanzaro la fotografia non si fece attendere, tant’è che nel 1857 Domenico Scarpino (citato in apertura) “apriva il primo studio di pittura e fotografia a Catanzaro e forse dell’intera Calabria e avviava una preziosa collaborazione con Parigi (notizia estremamente interessante che sta a significare l’arrivo in Calabria della fotografia nell’età del collodio, 1850-1880)”. “Nascevano pertanto i primi fotografi, ad esempio Eugenio Tulelli operava fra Catanzaro e Napoli, Rosario Bellini, che aveva lo studio fotografico a Catania sua città d’origine, apriva anche a Catanzaro. E poi sempre a Catanzaro, tra fine ‘800 e primi ‘900 aprirono lo studio Pietro Scarpino, Pietro Monteverde, Giuseppe e Cisberto Scarpino, Battista Altomare, Umberto Mazzocca, Ilario Daniele, Ernesto Nocera, Manfredino, Francesco Scarpino” (da “Cara Catanzaro” di A. Panzarella e B. Mazzocca – da cui sono stati tratti alcuni spunti sulla fotografia in Calabria e Catanzaro). La loro attività giova molto alla città che si mostra commercialmente attiva, con i suoi negozi, i suoi caffè, il suo teatro e la sua cultura. Gli studi fotografici diventano dei veri e propri “scenari” dove la fotografia assume le sembianze di un’opera d’arte.

ANNI ’50 LA FOTOGRAFIA IN CITTA’. La fotografia avanza nelle sue particolarità, le si dà sempre più spazio e, ai grandi innovatori del settore in città, se ne affiancano altri, mantenendo quel filo conduttore reso sempre più determinante. Fra i numerosi “precursori” se ne vorrà menzionare qualcuno che rappresentò quella parte preminente della fotografia degli anni ’50 a Catanzaro. In questo contesto si potrà certamente includere Benedetto Carlostella che esercitò la propria professione per più di quarant’anni. A dare preziosi ragguagli il figlio Massimo ugualmente dedito all’arte fotografica oramai da quarant’anni. Di lui ne racconta la parte professionale dedicata alla fotografia, ma anche quella “emozionale”, con l’amore che ebbe per la propria famiglia. Nel 1948 Carlostella giunge a Catanzaro per realizzare un servizio fotografico (originario di S. Agata Militello lavorò a Milano e Roma) e qui restò a svolgere la sua attività poiché conobbe la sua futura moglie. Apre lo studio fotografico in via “Discesa Leone” su Corso Mazzini, fondando la “Foto Lux Carlostella”, “assoldando” alcuni fotografi (che indossavano una maglietta blu con la scritta “Foto Lux Carlostella”) per effettuare ciò che all’epoca veniva denominata “foto su strada”. Scatti realizzati al momento a chi si prestava (per lo più turisti), scegliendo le zone più frequentate come la “Marina”, “Villaggio Mancuso” o lo stesso “Corso Mazzini” della città. Fu il promotore delle prime vendite di macchine fotografiche e la sua attività venne associata alle migliori testate giornalistiche: Gazzetta del Sud, Agenzia Ansa e tante altre ancora. Ebbe la carica di “fotografo ufficiale” della squadra calcistica del Catanzaro ed epica restò la foto del goal di Mammì della prima volta in “serie A” effettuata con un unico scatto (per quell’epoca non vi era la possibilità di produrne in maniera ripetuta). Famoso per la sua immediatezza e velocità degli scatti, al suo attivo numerosi furono gli “scoop” e servizi fotografici su importanti avvenimenti.

“Fu il primo a realizzare un servizio quando venne liberato Paul Getty – racconta il figlio Massimo – o ancora per l’incidente della caduta del treno della “Calabro” che sconvolse l’intera città e fra i suoi numerosi scatti ebbe modo di fotografare l’affascinante Ingrid Bergman in visita a Catanzaro con Rossellini allorquando pernottarono al Grande Albergo Moderno”. La sua carriera, che la si potrebbe definire proprio da vero “fotoreporter”, venne anche coronata dalla carica di presidente della SIAF (Sindacato Italiano Artigiani Fotografi) per Catanzaro e provincia. “Il suo carattere aperto – aggiunge il signor Massimo – lo rese amico di tutti i suoi colleghi, anzi lo si potrebbe quasi definire “il papà” di tutti i fotografi. Per la città rappresentò la “nuova era” della fotografia toccando i più svariati campi: politica, cinema, sport e tutto ciò che poteva accadere in città”. Padre di sette figli, mai mancò di essere presente in famiglia nonostante il suo incessante lavoro. Ed è con “personaggi” come Carlostella che la fotografia diventa memoria storica, imprimendo in uno scatto fotografico i vari accadimenti cittadini. Oltre a coloro precedentemente citati, la “rosa” dei fotografi della città si allarga con altri nominativi, si ricorderà ancora Toraldo, Chiatante e Itria, ben noti a quei catanzaresi che rammentano la loro “opera” (ci si scuserà se qualcuno per mera dimenticanza non viene citato nell’articolo).

La fotografia in città assume un’importanza notevole e sarà proprio Antonio Itria, meglio conosciuto come “Nino”, a dare alcuni ragguagli che costituiscono quei ricordi della Catanzaro di una volta. “Ho sessantadue anni di attività – afferma il signor Itria – iniziandola come “ritoccatore di foto” nello studio di Ilario Daniele all’epoca situato vicino al bar di Colacino, accanto alla Chiesa dell’Immacolata, quando ancora c’era l’antico “Corso Stretto” che noi chiamavamo “’U strittu ‘e Colacinu” e fuori si allestivano i tavolini per i clienti”. Il racconto del signor Itria è un vero “amarcord”, la Catanzaro d’altri tempi vista attraverso gli scatti di un fotografo. La sua prima attività, nello studio fotografico “Daniele”, fu deputata al “ritocchino”, così veniva chiamato in gergo il ritocco fotografico, anche all’epoca molto in voga e voluto in particolar modo dalle signore (che chiedevano di ridimensionare le rughe), anche quelle provenienti dai paesi vicini come Nicastro, Sambiase e zona jonica. Per il comprensorio adiacente la fotografia rappresentava una sorta di novità e molti si recavano negli studi per la riproduzione delle “foto/tessera”. L’attività fotografica si allargava poi ai matrimoni, soprattutto alle foto effettuate proprio in studio. Il giorno seguente al matrimonio vi si recavano sposi e parenti, i due coniugi nuovamente vestiti con gli abiti delle nozze posavano davanti ad una scenografia riproducente un altare.

Per meglio “costruire” lo scatto, addirittura veniva affittato un mazzetto di fiori per la sposa (in genere lo faceva lo stesso fotografo da un fioraio che stava alla discesa del mercato). Alcuni minuti di posa e la foto, con l’antica macchina a “soffietto”, era pronta. Alle foto dei matrimoni si associavano quelle dei “ritratti”, grandi quadri voluti da avvenenti signore della città con i loro lunghi e preziosi abiti, scatti rigorosamente in bianco e nero (solo successivamente – come informa il signor Itria – vennero riprodotte le foto a colori che venivano dipinte con “colori ad olio”, alcuni scatti di Ilario Daniele e “colorati” dallo stesso signor Itria sono ora esposti nel Teatro Cinema Comunale e riproducono paesaggi silani). Pian piano l’attività evolve e si realizzano le foto dei matrimoni nelle chiese, nei cui interni, quando la luce non era sufficiente, veniva usato il “flash al magnesio”, ovvero una “torcia” su cui si versava una piccola quantità di magnesio che veniva accesa nel momento dello scatto. Poi arrivarono le prime “rollei”, il lavoro venne facilitato con più scatti e con i famosi rullini.

“Quando negli anni 1974/1975 vennero abbattuti gli edifici dell’antico “Corso Stretto” – continua nel racconto il signor Itria – aprii un studio fotografico, “Poster Foto Nino Itria”, ubicato lungo la salita del Duomo. Oramai avevo acquisito l’arte fotografica e proseguii con le attività ad essa concernenti”. E’ quasi un “percorso” cittadino quello che racconta Nino Itria, segnato da importanti avvenimenti, ma anche da ciò che mostra una città pienamente attiva, come in occasione della venuta di alcuni divi del cinema (c’è il ricordo di una foto particolare a Sofia Loren sul cofano di una macchina), dei primi passaggi in città del “Giro d’Italia” o delle famose serate all’Imperiale con l’orchestra Monizza. Il tempo è volato in fretta nella sua evoluzione, tuttavia “quel fotografo”, che sotto al panno nero aspettava i tempi giusti per lo scatto, fotografando la città, le signore dai vestiti ricchi di trine e merletti, i signori dai particolari cappelli, le carrozze, ma anche quel vissuto giornaliero, forse non sapeva di aver fatto un enorme regalo ai posteri con quelle particolari immagini che avrebbero narrato la storia.