Al Politeama Lino Guanciale in ‘Non svegliate lo spettatore’ . Gli anni ’60, Flaiano, l’italiano medio, le nevrosi e la commozione

Il pubblico del teatro di Catanzaro ha partecipato con intensità a uno spettacolo che traccia il solco della nostra italianità

Oltre due ore di monologo, tra recitazione musica, canto e imitazione, e a fine spettacolo, il Teatro Politeama di Catanzaro pieno, Lino Guanciale stanco e in t-shirt, ancora sul palco, con la generosità di rilasciare autografi, garbo, una stretta di mano.

In ‘Non svegliate lo spettatore’, una rivisitazione colta, approfondita e insieme popolare di Ennio Flaiano, grande interprete della cultura italiana del Novecento, capace di colpire i lettori di questo autore ma anche i profani, Lino Guanciale si conferma, o forse si consacra, grande eclettico attore padrone della scena. Diverte, fa ridere, ‘ridere che è conoscere’, come lui stesso dice, fa riflettere sulla nostra storia e sulla nostra contemporaneità.

Gli anni ’60 in fondo siamo ancora e sempre noi. Recita Guanciale citando Flaiano. Anni ‘60: ‘La famiglia è in crisi. I partiti sono in crisi. E le correnti dei partiti sono anche loro in crisi. Lo Stato è arteriosclerotico. Il Mezzogiorno è in crisi. Le Regioni sono in crisi. Il Comune di Roma aumenta il disavanzo. La metropolitana di Roma è ferma. La sinistra è in crisi la destra è in crisi. Il freddo ritorna’.

2022: siamo ancora lì. Flaiano però è un outsiderE’ un testimone dei tempi, cerca la verità. E’ il marziano a Roma dell’aforisma, de ‘L’insuccesso mi ha dato alla testa’. Sa che l’Italia ha più scrittori che lettori, oggi come ieri. Ama scrivere ma sa che la parola così come la letteratura è sacra. Per questo scrive solo un romanzo. Lui preferisce gli aforismi amari. ‘Il meglio è passato’, è il leitmotiv che ritorna. ‘Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso’. ’Tra trent’anni l’Italia non sarà come l’hanno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la tv’.

Guanciale fa sorridere della nostra italianità, nei suoi aneddoti, riti e miti, che con icastica e fine ironia Flaiano ha saputo raccontare, profetico narratore di quegli anni ’60, vincitore del premio Strega nel ’47 con ‘Tempo di uccidere’, romanzo che racconta le violenze del fascismo della guerra in Etiopia e di tutti i fascismi. Abruzzese Flaiano, abruzzese Lino Guanciale. Eclettici e colti entrambi, l’operazione di ‘togliere la polvere dagli scaffali di Ennio Flaiano’ autore non approfondito quanto merita riesce a Guanciale in pieno. Il pubblico di Catanzaro si diverte, partecipa, sorride, canta.

Il teatro e la letteratura arricchiscono. Ci aiutano a non ‘disunirci’. Ci ricordano chi siamo. Ci ridimensionano nei nostri problemi, nei nostri tic, nelle nevrosi, ci ricordano quello che siamo sempre stati.

C’è soprattutto e per tutto il tempo dello spettacolo molto sorridere. C’è l’abc dell’italiano medio. Quello che storpia le parole. Quello che ‘pensa che cornuti sono sempre gli altri’. Quello che ‘In amore bisogna essere senza scrupoli, non rispettare nessuno. All’occorrenza essere capaci di andare a letto con la propria moglie’. Quello del Dizionario dell’automobile, scritto da Flaiano nel ’61, che fa un viaggio tra le nevrosi di cui l’automobile è simbolo.

‘Perché quando siamo al volante anche se siamo soli non siamo mai. Ci portiamo dietro il nostro Mister Hyde. Se vi supera qualcuno a velocità doppia voi non gli augurate (segue maledizione in abruzzese) e poi c’è il pedone l’essere più odiato del globo questa cosa inutile che attraversa le strade rallentandoci magari sulle strisce pedonali’

Non manca però un passaggio sull’Amleto di Shakespeare a inizio spettacolo: “Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna o prender armi contro un mare d’affanni e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare”.

La recitazione incrocia tutti gli stili: dall’aulico al comico al tragico.

Il teatro e la letteratura, per citare Aristotele, hanno poi una funzione catartica: ci purificano dal dolore.

Dopo tanto intelligente sorridere, in un crescendo di due ore di spettacolo e musica, il finale fa commuovere, con Lino Guanciale che questa volta interpreta ‘l’amore purissimo’ di Flaiano per la figlia malata. L’amore e il suo dolore in ospedale, il dolore in quel momento in cui diventa solitudine, il riflesso distorto del suo viso in una smorfia che appare da una vetrata, poi il pensiero di Flaiano a sua madre, salvifico, che purifica, che fa riavvolgere il filo, tornare alle origini, in un riflesso argenteo e tra le nuvole di sollievo.

Flaiano giornalista, scrittore, critico teatrale, sceneggiatore di Fellini, autore di aforismi insuperabili, è interpretato da Guanciale in uno spettacolo che fa molti di più, racconta l’Italia, che racconta noi.

C’è l’omaggio a Luigi Tenco, tra le note di ‘Mi sono innamorato di te’. C’è lo scambio di lettere con Federico Fellini, è l’epistolario tra due giganti. In un linguaggio affettuoso di profonda amicizia, poi di distanze, come può capitare in ogni grande sentimento, poi di nuovo di stima e di quella umanità dei grandi, scandisce Lino Guanciale, che nasce dall’umiltà.

 ‘Non svegliate lo spettatore ‘ ieri in scena al Politeama di Catanzaro è uno spettacolo prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo in collaborazione con Stefano Francioni Produzioni, con musiche e regia di Davide Cavuti in scena in musica. 

 

L’intervista. Lino Guanciale: “Io, il teatro, ridere come comprendere. Vi racconto il mio Ennio Flaiano”