Maltrattamenti in famiglia

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    Maltrattamenti in famiglia: abitualità delle condotte vessatorie.

     

    Il reato di maltrattamenti in famiglia sussiste quando la condotta vessatoria si sia svolta in modo continuato ed abituale.

    Con la recente sentenza  n. 20498 del 28 maggio 2010, la Corte di Cassazione ha ribadito che il reato di maltrattamenti ricorre solo nel caso di abitualità e continuità delle condotte vessatorie.

    Al contrario tale reato, previsto dall’articolo 572 del Codice penale, dovrà essere escluso laddove i comportamenti oggetto della contestazione abbiano un carattere episodico.

    Nel caso esaminato dalla Corte, inoltre, si è prestata particolare attenzione all’elemento soggettivo della condotta.

    In particolare, si trattava di una moglie che impediva al coniuge di avere rapporti epistolari e telefonici con terzi, in conseguenza della manifestata intenzione di separarsi.

    Tali episodi erano, nel caso di specie, una mera reazione alla richiesta di separazione.

    Veniva dunque a mancare, oltre che l’abitualità anche l’elemento soggettivo del reato, ossia la volontà ( o meglio il dolo) di porre in essere condotte vessatorie nei confronti del marito.

     

     

     

    Maltrattamenti in famiglia e coppie di fatto.

     

    Il reato di maltrattamenti in famiglia sussiste anche nell’ambito delle coppie di fatto: presupposto del reato non è il matrimonio né la convivenza, ma una stabile relazione sentimentale tra il reo e la vittima.

     

    La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24668/2010, ha stabilito che il reato di maltrattamenti in famiglia sussiste a prescindere dalla convivenza o dalla coabitazione.

    Per la configurabilità del reato in questione, infatti, è “sufficiente che intercorrano relazioni abituali tra il soggetto passivo e quello attivo”.

    Ciò in quanto l’articolo 572 del Codice penale, dice la Corte, tutela le persone della famiglia “ove per famiglia non si intende  soltanto un consorzio di persone avvinte da vincoli di parentela naturale o civile, ma anche una unione di persone tra le quali, per intime relazioni e consuetudini di vita, siano sorti legami di reciproca assistenza e protezione e di solidarietà”.

    La giurisprudenza di legittimità, per altro, ha da tempo chiarito che il delitto di maltrattamenti in famiglia è ravvisabile anche per la cosiddetta “famiglia di fatto”, ovvero quando in un consorzio di persone si sia realizzato, per strette relazioni e consuetudini di vita, un regime di vita improntato a rapporti di umana solidarietà ed a strette relazioni, dovute a diversi motivi, anche assistenziali (Cassazione, sentenza n. 8953/1997).

    Si è anche precisato che non è necessaria la convivenza.

    In proposito sempre la Cassazione ha affermato con la sentenza n. 49109/2003 che il reato sussiste anche quando la convivenza sia cessata a seguito di separazione legale o di fatto.

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