Covid Catanzaro 2020-2022: le conseguenze per scuole e socialità. I contraccolpi psicologici

Prosegue il nostro approfondimento sulle conseguenze della pandemia a due anni dai primi contagi. Interviste, storie ed opinioni

Socialità tra i giovani: le conseguenze delle chiusure e delle limitazioni 

di Daniela Amatruda

Charlie Barnao, professore sociologia UMG
Generico marzo 2022

È la perdita di empatia la principale conseguenza scaturita dal lungo lockdown secondo Charlie Barnao, professore associato di sociologia all’Università Magna Graecia di Catanzaro. Barnao insegna Sociologia della sopravvivenza e della devianza sia nell’Ateneo che nel polo universitario all’interno del carcere di Siano, a 26 detenuti iscritti al corso di laurea. Si tratta di una materia che studia le strategie di sopravvivenza in condizioni di vita estrema e quindi indaga le trasformazioni sociali che scaturiscono nei diversi contesti quali il carcere, la vita di strada, la prostituzione e la guerra. A questi si aggiunge anche una situazione pandemica o post pandemica, come quella che stiamo ancora attraversando. “In letteratura – spiega Barnao – ci sono già studi sulla psicologia dell’emergenza e sulla psicologia dei disastri, però da un punto di vista sociologico è qualcosa di abbastanza nuovo.  Su cosa sia cambiato ed in che modo è stata affrontata la tematica legata alla pandemia possiamo al momento fare riferimento ad una serie di indicatori sul fenomeno nei giovani, che hanno messo in evidenza una serie di problematiche a livello psicologico e relazionale e che sono quelle che già si erano riscontrate in passato in riferimento all’eccesso nell’utilizzo di internet: la mancanza di empatia. La pandemia ha di fatto estremizzato, soprattutto nei giovani, l’uso della tecnologia”.

La mancanza di empatia, secondo alcune ricerche del prof. Barnao, è diventato un fenomeno mondiale: “Un dato particolarmente interessante – spiega  – è quello fornito da un movimento internazionale che, per combattere gli effetti patologici di questo fenomeno, ha avanzato la proposta di intervenire con la somministrazione, sotto guida medica, di una serie di sostanze cosiddette empatiche, perché uno degli effetti principali da un punto di vista patologico dell’uso eccessivo di internet è quello di un cambiamento della struttura della personalità, fra cui la perdita dell’empatia. Si tratta di sostanze, quali Lsd, acidi e funghi, che vengono utilizzate per la cura dei sintomi post traumatici da stress dei veterani di ritorno dalle missioni di guerra. Interessante notare, visto che si fa spesso il collegamento tra pandemia e guerra, che nella situazione odierna è un collegamento ahimè drammatico ed immediato: non solo abbiamo vissuto la pandemia come una situazione paragonabile a quella di una guerra, ma immediatamente dopo, stiamo vivendo un periodo di guerra vera e propria”.

Connessi, ma isolati

Lo stato di emergenza sanitaria ha avuto conseguenze su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana, rivoluzionando le nostre abitudini relazionali soprattutto a causa delle principali misure di contenimento del rischio di contagio del virus: il distanziamento sociale e la sospensione improvvisa della didattica in presenza hanno imposto la riorganizzazione delle forme di insegnamento sia nella scuola che nelle università. Il supporto della tecnologia si è rivelato da un lato essenziale per dare continuità all’insegnamento, ma dall’altro ha messo in evidenza alcune criticità legate al malessere emotivo dovuto alle distanze sociali. Alla dad si aggiungono anche altri supporti tecnologici, quali videogiochi e social network, che hanno scandito le giornate di tanti giovani e giovanissimi nel corso del lungo lockdown in casa.

La testimonianza di un giovane papà: “La tecnologia ha portato mio figlio ad estraniarsi”

“Sono il papà di un bambino di 9 anni, gli ultimi due trascorsi nell’era covid – spiega papà Massimo – in cui sono entrati prepotentemente gli strumenti digitali. Se da una parte hanno aiutato a velocizzare alcuni processi burocratici e lavorativi, dall’altra hanno accentuato le distanze tra le persone, ma soprattutto il confronto e quindi la possibilità di crescere e migliorarsi. Nel caso di mio figlio, ad esempio, in quel periodo è aumentata la noia ed è diminuito il senso di appartenenza ad un gruppo, che prima era rappresentato dai compagni di classe o dalla squadra di calcetto. Inoltre, per causa di forza maggiore, si sono aggiunti anche strumenti quali la PlayStation o piattaforme tv come Netflix, Disney e tante altre che lo hanno portato ad estraniarsi. Spesso abbiamo provato ad inventare giochi manuali che lo spingessero ad usare la sua personalità e creatività. Ad oggi mio figlio ha certamente sviluppato una maggiore conoscenza degli strumenti digitali, ma allo stesso tempo lo hanno reso meno voglioso di uscire”.

“La scuola è diventata un pc ed i compagni delle piccole finestre di dialogo su uno schermo”, aggiunge papà Massimo e mi si è stretto il cuore quando l’ho visto piangere perché desideroso di intervenire durante la lezione in dad, ma impossibilitato a farlo per le ovvie dinamiche che una situazione del genere comporta. È stato difficile dovergli dire: stai fermo, ascolta, non distrarti. Ma come si fa? Si fa, ma con effetti devastanti che ancora oggi cerchiamo di ricostruire, perché il ritorno a singhiozzi in presenza lo ha turbato e, piano piano, oggi sta riprendendo il suo percorso e la sua “normalità”. Tocca a noi, ora, ricostruire le loro vite per farli crescere con valori all’altezza di ciò che meritano”.

La storia del piccolo Francesco dopo il covid

“Non vuole più saltare un giorno di scuola” afferma Giuliana, mamma del piccolo Francesco che qualche mese fa ha avuto il covid. “E’ rimasto a casa per due settimane con il covid – racconta – senza poter uscire, ma soprattutto con la paura di poter infettare la sorellina e noi tutti. Si sentiva in colpa per aver preso il virus. Abbiamo cercato di tranquillizzarlo facendogli capire che non vi era alcuna colpa. Appena si è negativizzato è tornato in classe dai suoi compagni con più voglia di prima. Non fa più capricci la mattina ed è felice di andare a scuola”. “Grazie alle maestre – spiega Francesco – sto recuperando le lezioni perse. Ho studiato a casa, ma non era la stessa cosa”.

Lo psicoterapeuta Notarangelo sui giovani: “Pandemia catastrofica, fondamentale gestire la reazione all’evento”

di Alessia Burdino

Generico marzo 2022

La pandemia ha acuito fragilità che magari in altri periodi avrebbero “retto”. Così dicono gli esperti. Sono frasi e concetti che sentiamo da mesi. Che tuonano nella mente dei genitori alimentando preoccupazioni per bambini e adolescenti finiti, negli ultimi due anni, in un vero e proprio “frullatore”. Per capire di più l’effetto Covid 19 su bambini e adolescenti abbiamo posto alcune domande al medico psichiatra psicoterapeuta Mauro Notarangelo.

Covid 19, come stanno i bambini e i ragazzi?

“Il Covid 19 è  una sorte di scure che si è abbattuta sull’umanità. Purtroppo, per come viaggia oggi l’informazione, credo non ci sarà dato mai di conoscere se tale flagello sia stato opera dello stesso uomo o sia stato, per come gli organi ufficiali affermano, un salto di specie occasionale come ne capitano ogni tanto in natura.  In ogni caso, ciò che è veramente cambiato rispetto al passato è la velocità di diffusione delle epidemie per i nuovi mezzi di trasporto che abbiamo a disposizione, i quali accorciano enormemente le distanze e hanno reso l’intero mondo un’unica casa. La qual cosa, purtroppo, continua a non essere presa in considerazione dall’establishment, visto che le politiche di prevenzione rimangono confinate tra le mura dei singoli Stati, miopia che non ci salvaguarderà affatto. Oltre il gran numero di morti causati, l’ondata pandemica lascerà macerie al suo ritiro e a risentirne in maggior misura saranno stati proprio i ragazzi che sono stati deprivati di due anni di socializzazione.

Che cosa è successo per loro in questi due anni di pandemia?

“Il numero delle richieste d’intervento per patologie psichiatriche è notevolmente aumentato soprattutto tra gli adolescenti per Stati Ansiosi, Fobici, Attacchi di Panico e per fenomeni depressivi per disadattamento. Naturalmente vi è da considerare la fragile età in cui versano gli adolescenti, con le loro identità ancora liquide e in formazione, bisognose per la loro strutturazione di contatto, condivisione e socializzazione”.

Pensa che l’utilizzo dei computer e dei cellulari abbia contribuito a mitigare l’assenza di socializzazione in presenza, oppure abbia accentuato la dipendenza da Internet?

“Certo le tecnologie hanno notevolmente agevolato i contatti e facilitato il prosieguo della scuola. Rispetto alla dipendenza dai cellulari vi è ormai da considerare che gli stessi cellulari non sono da considerarsi più protesi di mani, bensì son diventati essi stessi mani che modellano le identità con il click sul like”.

Quali ripercussioni avrà secondo lei anche a lungo termine questa situazione?

“I nati digitali hanno avuto un’accelerazione evolutiva mai vista nel tempo. Tra i nati fine novanta e i duemila non c’è solo una generazione di mezzo, bensì almeno dieci generazioni, come se si fosse assistito a un salto quantico piuttosto che ad una crescita lineare, e questo andrà naturalmente a influire sulle modalità di costruzione della propria identità, con una sempre più crescente difficoltà a distinguere il virtuale dal reale.  In ogni caso, per quanto l’evento pandemico sia stato catastrofico, sarà ancor più importante gestire la reazione all’evento, perché l’evento stesso possa essere rubricato come esperienza di vita dalla quale si è potuto comunque imparare qualcosa; e qui tocco un tasto davvero dolente: la Scuola!”.

Diritto all’istruzione, diritto alla socializzazione e diritto alla salute: sono stati questi i tre grandi temi che hanno segnato gli ultimi due anni scolastici dei bambini e dei ragazzi. E’ possibile, davvero, stabilire una scala di priorità?

“Premesso che vi sono dei Soli Insegnanti davvero grandiosi, luminosi, caldi, empatici, che ahimè sono lasciati completamente a loro stessi nel ruolo d’Insegnanti soli, affermo con convinzione che il Sistema Scuola, così come è concepito, è lontano anni luce dal mondo dei ragazzi di oggi.  Oggi la Scuola, nell’era di Google, Youtube, dei Poadcast, dei Tic Toc è diventata una sorta di non luogo, dove si predilige l’Informazione alla Relazione. Purtroppo la Scuola Informa ma non Forma, e continua a focalizzarsi sulla prestazione non soffermandosi e approfondendo i nuovi linguaggi attraverso i quali i nati digitali esprimono i propri disagi.  Gl’insegnanti si soffermano sul QI  (Quoziente Intellettivo) e poche volte sul QE (Quoziente Emotivo). Perché continua a non misurarsi con il Social Emotional Learning quel processo attraverso il quale s’impara a riconoscere e gestire le emozioni, prendersi cura degli altri, prendere buone decisioni, agire in modo etico e responsabile. Piuttosto che etichettarlo come vagabondo e/o fannullone, ci si deve interrogare perché un ragazzo non va volentieri a scuola. Non è per nulla sufficiente trasmettere solo contenuti, occorrerà trasmettere processi e metodi e soprattutto passione e curiosità, e come si fa a far questo se non si entra nel cuore del ragazzo. La scuola è troppo importante e svolge un ruolo principe nella formazione delle nuove generazioni. Occorre che si metta al passo con i tempi. Occorre una riforma seria della scuola perché le nuove generazioni possano avere la loro opportunità di futuro. La scuola è il cuore di un paese e questo cuore è malato da tempo, basti solo pensare al termine “scolastico”, preparazione scolastica, quasi a significare il nulla cosmico e a voler fuggire una preparazione di tal guisa per lasciare all’individuo la scelta di formarsi fuori da quel luogo ormai non luogo. Non dimentichiamo che il luogo è la casa dell’anima e questa nostra Scuola ha perso la sua. Non so dove ci porterà questa pandemia e che effetti avrà. Tutti auspicano un ritorno alla tanto agognata normalità, poi, mi soffermo un attimo a pensare alla vita prima della pandemia e mi sovviene una domanda: ma era davvero quella la normalità? Non potremmo imparare qualcosa da questo Virus così cangiante e mutevole. Se volessimo dare un significato alla fatalità, ci avrà, questo virus, voluto dire qualcosa o no, almeno per ciò che concerne il concetto di normalità.  Tutto quel rincorrere prestazioni, quella frenesia che ci faceva scambiare il mezzo con il fine, quella bramosia della meta a tutti i costi a discapito della gioia e del gusto del viaggio. Cogliamo i segnali della natura, abitiamoci di più e condividiamoci. Se l’intelligenza si misura dai mutamenti, c’è da affermare che  questo virus è molto più intelligente di noi. Sapremo mutare o ci stordiremo nuovamente con la frenesia di raggiungere a tutti i costi la presunta libertà individuale che ci renderà ancora una volta schiavi. Sapremo incarnare la vera libertà dell’accettazione dell’Interdipendenza di ogni individuo? Sapremo stare insieme e condividere? Sapremo coltivare Umanità? Giusto per ricordarci che “Si corre una vita per star fermi un’eternità”.

Che consiglio si sente di dare per accompagnare i loro figli in questa fase di ritorno alla normalità?

“Di non fuggire la paura ma di accoglierla, di parlare di sentimenti e di emozioni con i propri figli, di non rifuggire gli abbracci, di far capire l’importanza della parola, di credere nella scienza medica che non è matematica, di comprendere in primis che i figli non appartengono ai genitori, e di accompagnarli nella ricerca della loro autenticità. Gradirei concludere con una frase della poetessa Alda Merini: “La normalità è una invenzione di chi è privo di fantasia”.

La scuola catanzarese e la “resistenza” al Covid

di Maurizio Ceravolo

In due anni di pandemia, sono mutati tanti equilibri e diverse istituzioni hanno dovuto rimodulare il proprio essere. Una di queste, è stata sicuramente la scuola, la quale ha dovuto affrontare le difficoltà che si sono, man mano, presentate nel corso degli anni. Di certo, i problemi principali hanno riguardato l’impiego della didattica a distanza, l’interpretazione della normativa anti-Covid e, non per ultimo, la mancanza di socializzazione per quanto concerne gli alunni. Per approfondire quest’ultime tematiche, abbiamo raccolto le opinioni di alcuni dirigenti scolastici degli istituti cittadini.

Elena De Filippis – Liceo Classico “P.Galluppi”

D

In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

“Non è stato solo all’inizio, perché dal 6 Marzo 2020 c’è stato un perpetuarsi di questa pratica a causa delle ordinanze della Regione Calabria, la quale ha dato la possibilità ai genitori di scegliere se volessero far frequentare o meno la scuola in presenza ai propri figli e la maggior parte di loro ha scelto di permanere in didattica a distanza. I danni di questa pratica sono stati enormi e le difficoltà iniziali dei docenti, specie di quelli legati ad una storia diversa della relazione didattica, ci sono state ma sono state brillantemente superate. In pieno lockdown, i docenti si collegavano direttamente dalla scuola con l’aiuto di tecnici ed esperti e, quindi, si può dire che da questo punto di vista problemi non ce ne sono stati.”

Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

“Il Liceo classico è stato sicuramente all’altezza. Di questa sezione mi sono occupata io in prima persona, con l’ausilio di un docente referente, dapprima la professoressa Masi e poi il professore Raione. Abbiamo applicato alla lettera la normativa, alle volte interpretandola in favore delle esigenze che la popolazione studentesca ed i docenti palesavano. Non è stato certamente semplice, per via del fatto che la normativa non è stata univoca ma, man mano che la pandemia procedeva, anche le norme mutavano. La responsabilità da parte nostra è molto grande. In questa scuola c’è un’aula Covid, in cui, ogni volta che c’è un ragazzo che non sta bene, mi reco per valutare le sue condizioni. Per tale motivo, ci sottoponiamo periodicamente a tamponi, i quali dapprima sono stati gestiti dall’Asp, poi da noi stessi, amministrati e pagati per accertare la nostra negatività. La macchina, quindi, ha funzionato e sta funzionando. Per di più perché, nonostante i numeri della pandemia siano in netto calo e la maggior parte degli alunni sia vaccinata con almeno due dosi, la scuola, in questo momento, ha un buon numero di positivi tra gli alunni ma anche tra i docenti.”

Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

“Sicuramente la didattica a distanza ha inibito ogni forma di socializzazione con il gruppo classe. Sono convinta che l’educazione, per dirla con Don Milani, non sia solo realizzata dal confronto con il docente ma sia il prodotto di una sinergia reale con un gruppo. I ragazzi, a distanza di due anni, non sanno più stare insieme, se non in modo anomico, ovvero in luoghi dove non vi sono regole né scritte né etiche dello stare insieme. Si sono verificati casi di ragazzi che hanno mostrato estrema asocialità, alcuni chiusi in sé stessi, altri aggressivi tra loro ma anche verso chiunque tentasse di riportarli alla norma. Se da un lato si è verificato il problema della socializzazione, dall’altro c’è, sicuramente, quello cognitivo. Abbiamo notato diverse difficoltà da parte dei ragazzi, soprattutto per quanto concerne le materie ad indirizzo, il latino ed il greco. L’atto di tradurre richiede una metodica della quale non si sono potuti appropriare. Stesso discorso vale per le discipline laboratoriali, come la matematica, la fisica e le scienze che non hanno fruito di nessuna delle strutture su cui la scuola ha investito. Il bilancio, quindi, non può che essere negativo ma, attraverso le iniziative che abbiamo proposto da settembre, stiamo provando a colmare queste lacune.”

Raul Elia – I.C. “Pascoli-Aldisio”

Generico marzo 2022

In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

“Il passaggio è stato repentino, da un giorno all’altro ci siano trovati costretti a passare dalla didattica in presenza alla didattica a distanza. Nella scuola secondaria di primo grado, all’inizio, c’è stato un problema di adattamento generale, soprattutto perché questa nuova tecnologia non era molto diffusa. Nella primaria, invece, è stato più semplice perché i docenti erano già soliti utilizzarla. Sicuramente, per via della scelta variegata delle piattaforme (questa scuola utilizza G-Suite) le maggiori difficoltà sono state a livello metodologico.”

Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

“Credo che abbia assolutamente funzionato perché, a parte i due mesi di lockdown completo, la scuola è sempre stata aperta. Questa istituzione è stata chiusa per altre motivazioni, per esempio gli atti di vandalismo che si sono verificati da inizio anno, ma mai per Covid. Abbiamo avuto qualche classe in quarantena, così come qualche ragazzo positivo ma non è mai stata una situazione grandemente drammatica. La normativa è stata certamente rispettata ma su alcuni aspetti abbiamo dovuto lavorare noi in prima persona, rimodulando la didattica. Ad esempio, il semplice controllo dei quaderni, tipico delle scuole elementari, non è stato più possibile farlo e le maestre hanno dovuto pensare a delle strategie alternative. Bisogna, certamente, fare un plauso a tutto il personale, perché ci ha messo tanto impegno e sacrificio.”

Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

“Questo è un problema più grande, del quale potremo avere contezza soltanto tra qualche anno, cioè quando questa generazione avrà raggiunto un’età tale da poter bilanciare pro e contro. Sicuramente il disagio c’è stato ed ha causato parecchie problematiche, sia d’isolamento, sia di perdita di capacità di relazione con i pari. Con il ritorno a scuola a settembre, abbiamo dovuto affrontare anche qualche caso particolare, cercando di mettere in campo, in una situazione di emergenza, delle nuove strategie.”

Angelo Gagliardi – IIS “De Nobili”

Generico marzo 2022

In questi due anni di pandemia, la scuola, soprattutto all’inizio, è stata costretta ad adottare lo strumento della didattica a distanza. Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate dai docenti?

“Gran parte dei docenti, pur essendosi formati negli anni passati, avevano di rado sperimentato l’uso delle tecnologie per svolgere attività senza la presenza fisica degli alunni nelle aule. Questa novità, diventata in breve tempo necessità durante i mesi della pandemia, ha fatto in modo che l’azione degli insegnanti si sia dovuta svolgere in una situazione completamente nuova, complessa, di grande incertezza e densa di criticità. Credo che le maggiori difficoltà siano state legate, soprattutto nei primi mesi della pandemia, da un lato alle carenze infrastrutturali degli edifici scolastici e alla ridotta disponibilità di strumenti tecnologici da parte di alcune famiglie e dall’altro alla mancanza di una rigorosa organizzazione della didattica e della valutazione e, in alcuni casi, a una nuova condivisione della definizione degli obiettivi delle singole classi.
In generale credo che lo sviluppo delle nuove competenze digitali dei docenti, nonostante tutto, abbiano consentito di garantire, con tutti i limiti e le problematicità connesse, il diritto all’istruzione, fondamentale per il presente e il futuro del nostro paese.”

Per quanto concerne la normativa anti-Covid, in che misura ha aiutato la scuola ad affrontare ed evitare il contagio? Secondo lei, la scuola, dal punto di vista della sicurezza, si è dimostrata all’altezza di quanto richiesto dal ministero?

“In questi due ultimi anni si sono susseguiti diversi protocolli ministeriali che hanno inciso profondamente sui comportamenti di tutti gli attori della comunità scolastica. Le scuole hanno lavorato incessantemente sulla riorganizzazione e ottimizzazione dei locali scolastici, hanno introdotto delle figure di riferimento, i cosiddetti “referenti Covid”, che si sono adoperati nella gestione dell’emergenza, sono stati adottati e condivisi con gli alunni e le famiglie dei regolamenti con lo scopo principale di ridurre il rischio biologico all’interno dei locali scolastici. I finanziamenti ad hoc destinati dal governo hanno inoltre consentito l’ampia disponibilità di disinfettanti e gel igienizzanti, di mascherine chirurgiche e di FFP2 da utilizzare per gli alunni e docenti in autosorveglianza. La scuola ha superato le tante difficoltà, grazie al comportamento responsabile e scrupoloso degli alunni e delle loro famiglie, dei docenti e di tutto il personale ATA.”

Quanto ha influito sulla crescita formativa e psicologica degli alunni la mancanza di socializzazione?

“Da quando la pandemia è scoppiata, in tutta Italia e in tutto il mondo sono cambiate moltissime cose. I ragazzi, essendo stati in quarantena per diverso tempo, adesso hanno difficoltà a socializzare con altri loro coetanei. Studi scientifici hanno mostrato come la pandemia da Covid-19 possa danneggiare l’intelligenza emotiva e sociale dei bambini, evidenziando alcune caratteristiche che prima del lockdown non erano presenti, come maggiore ansia e stress dovuti a una ridotta capacità di interazione sociale.

Finalmente nell’ultimo anno stiamo riuscendo a svolgere le lezioni in presenza e la didattica digitale integrata è limitata ai casi di positività o di quarantena.

Nonostante si stia cercando di tornare alla normalità, è evidente che la mancanza di socializzazione abbia inciso sulla crescita formativa e psicologica di tanti alunni che si sono trovati di fronte a delle situazioni inimmaginabili e difficoltà di ogni genere, aggravate da contesti familiari, sociali ed economici in alcuni casi precari. Gli istituti scolastici hanno attivato, grazie anche ad una convenzione tra il MIUR e l’Ordine degli Psicologi, gli sportelli di ascolto psicologico, che hanno rappresentato un valido sostegno per gli alunni e le loro famiglie. In quest’ultimo anno la scuola sta cercando di riprendersi gli spazi che la pandemia le aveva tolto, promuovendo attività che favoriscano la socializzazione, anche all’aperto, come i giochi sportivi studenteschi, laboratori teatrali, rassegne culturali e laboratori didattici anche finanziati dai fondi strutturali europei. La speranza è quella di recuperare o ridurre la fragilità emotiva anche se la consapevolezza diffusa è che gli effetti della pandemia tra gli adolescenti si protrarranno ancora per lungo tempo.”

(Fine 4 continua)