A Catanzaro il pizzo lo paga anche chi organizza kermesse culturali

La malavita non chiede solo soldi ma anche assunzioni per i sodali delle consorterie. Ecco come funziona


di GIULIA ZAMPINA

Estrorsione aggravata anche ai danni di manifestazioni culturali. E’ questo che durante le indagini dei Carabinieri del Nucleo operativo ed investigativo del Comando Provinciale di Catanzaro, agli ordini del Colonello Marco Pecci, hanno scoperto.

Reati a carico degli indagati dell’operazione Kyterion per i quali ieri è stata pronunciata la sentenza di appello.(LA NOTIZIA DI STAMATTINA)

Nell’informativa a corredo dell’operazione è ben tratteggiato il metodo utilizzato dalla cellula criminale catanzarese, dipendente dalla cosca di Cutro, e capeggiata da quel Mellea che si era guadagnato il titolo di fedelissmo del boss Nicolino Grande Aracri. Imprenditori, piccoli e grandi, attività stagionali, niente veniva lasciato fuori dalla morsaa criminale del pizzo. Neanche le organizzazioni di kermesse estive.  Ma il pizzo non è soltanto la richiesta esaudita di denaro contante, ma si sostanzzia anche nella richiesta di assunzione di soggetti appartenenti alla consorteria. Cosa che è capitata appunto all’organizzazione della  kermesse vittima di un’estorsione aggravata,

COME NASCE L’IMPOSIZIONE DEL PIZZO A CATANZARO

L’imposizione del pizzo è il reato principe della criminalità organizzata, la tassa per eccellenza, finalizzato a sostenere le famiglie, le cosche, le ‘ndrine, ad assicurare uno stipendio agli associati, assistere i carcerati, pagare gli avvocati. Il pizzo, dicono gli investigatori,  garantisce la quotidianità dell’organizzazione accresce il suo dominio,conferisce prestigio ai clan, certifica la sovranità sul territorio e misura il tasso di omertà di una zona, di un quartiere, di una comunità.

L’ESATTORE SI PRESENTA OGNI SETTIMANA DIVENTANDO QUASI UNO DI FAMIGLIA A CUI RIVOLGERSI PER OGNI PROBLEMA

L’esattore del pizzo, soprattutto quello dei quartieri e delle vie commerciali, che si presenta puntuale ogni settimana o ogni mese, diventa, con il tempo, uno di famiglia, a cui rivolgersi per qualsiasi problema, chiedere dei favori, affidargli la risoluzione di controversie, ricomporre liti.
Il pagamento del pizzo è indice di sovranità cui nessuno può sottrarsi, ma, anche per abbassare i rischi di una denuncia, l’organizzazione, la famiglia, il sistema, si dimostrano flessibili. Lo scopo rimane quello di alimentare paura, disseminare insicurezza, creare quel clima di intimidazione diffusa, tanto che quando arriva la richiesta di mettersi a posto per alcuni commercianti e imprenditori è quasi una liberazione. 

IL PIZZO E’ IL PREZZO DELLA PAURA. LE MODALITA’ DI AGGANCIO

Il pizzo è il prezzo della paura. La tassa ambientale che si paga per vivere e lavorare tranquilli. Più che la minaccia esplicita, conta il rischio di un danno
incombente, che ti può colpire in ogni momento e costare molto caro.
Le modalità di aggancio sono sempre le stesse. All’apertura di una nuova attività commerciale, di un negozio o di qualunque altra attività, qualcuno della famiglia l’avvicina.
La fase di avvicinamento e la richiesta della regolarizzazione scatta con l’intimidazione, graduata nella violenza all’obiettivo che si prefigge: la telefonata, la bottiglia incendiaria fuori dal negozio, il danneggiamento, fino alla sollecitazione a cercarsi un amico.

IL METODO DELLA SCARICA

E’ in questa fase che interviene la scarica: il compare della famiglia, l’amico, che si fa avanti, tratta la mediazione, ricerca l’accordo, più o meno volontario, tra vittima ed estorsore. La scarica è la vera novità degli ultimi anni: l’amico si dimostra disponibile ad abbassare la rata del pizzo, ma impone all’imprenditore l’assunzione di uno della famiglia che ha bisogno di lavorare, o di acquistare merce da un determinato fornitore. Se la vittima possiede un bar o dei stabilimenti balneari, gli s’imporrà di mettere il proprio marchio di caffè, i loro sistemi di video-sorveglianza e così via. In questo modo l’organizzazione mafiosa non solo taglieggia, ma entra nel negozio e se ne impossessa, prima condizionando la libertà d’impresa, poi controllando l’attività economica. 

IL CASO DELLA KERMESSE OGGETTO DI ESTORSIONE

Nel caso della kermesse culturale l’infiltrazione del gruppo criminale nell’imponente manifestazione veniva accertata inizialmente attraverso le intercettazioni telefoniche che permettevano di accertare come inspiegabilmente due dei soggetti fossero entrati a far parte dello staff incaricato per la parte tecnica. 

LE INTERCETTAZIONI

Ecco alcuni stralci di una telefonata tra due degli indagati che parlano di come mettere le mani sull’organizzazione della manifestazione
A: ho già capito ….. vuoi smantellare tutto?
B: no non dobbiamo smantellare tutto ti devono pagare?
A Bravo … perché la gente ormai è diventata tutta scostumata tutti si presentano non appartengono a nessuno e si prendono i soldi. 

ENTRARE NEL SISTEMA PER CONTROLLARLO

L’obiettivo dunque non era solo prendere soldi dagli organizzatori della kermesse, ma entrare a far parte del sistema affinchè nessun altro, magari un delinquente battitore liberto potesse avvicinarsi a pretendere ciò che secondo gli indagati non era dovuto