Tratta delle nigeriane, cinque rinvii a giudizio

Gli imputati sono accusati anche di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. Il 20 giugno il via al processo  GLI ARRESTI IL 19 DICEMBRE 2017


di Antonio Capria

Al termine dell’udienza preliminare il gup Francesca Pizii ha rinviato a giudizio le cinque persone coinvolte nell’operazione “Locomotiva“, condotta dai carabinieri di Lamezia Terme con il coordinamento della Dda, che nel dicembre del 2017 ha portato all’emissione di misure cautelari con le accuse di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, acquisto e alienazione di schiavi, immigrazione clandestina, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione con l’aggravante della transnazionalità. Le indagini, grazie anche alla collaborazione di alcune giovani vittime, avevano permesso di individuare un sodalizio criminale, operante nel territorio italiano e con ramificazioni in Nigeria e Libia, che reclutava giovani donne africane adescandole con la promessa di un lavoro in Italia. Secondo le pratiche della mafia nigeriana, le donne venivano sottoposte a rituali di magia nera “vodoo/juju”, al fine di vincolarle al pagamento del debito contratto per effettuare il viaggio verso la penisola italiana, ammontante a circa 30.000 euro. Un giuramento la cui rottura, nella loro cultura, avrebbe portato disonore e gravi conseguenze anche nei confronti dei familiari.

Da quel momento iniziava per loro un lungo e terrificante viaggio, durante il quale, attraverso il deserto del Niger, venivano trasferite in Libia, ove attendevano, fra violenze e abusi inauditi, di essere imbarcate per l’Italia. Giunte finalmente sulle nostre coste, ad attenderle non vi era, però, la vita promessa. Rintracciate presso i centri di accoglienza, venivano trasferite in varie località e lì costrette alla prostituzione senza possibilità di ribellione, pena minacce e violenze. L’unica priorità per le loro madam era che pagassero il debito contratto, tanto da costringerle ad abortire in casa e da privarle del cibo e dell’acqua se non avessero guadagnato abbastanza durante il giorno. Parte dei guadagni dell’attività di meretricio, inoltre, venivano investiti in una “contribution”, una cassa comune messa a disposizione delle madam per l’acquisto di nuove donne.

Accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Debora Rizza, alla quale si sono associati i rappresentanti delle parti civili, gli avvocati Emilio De Caro, Fabrizio Alfieri e Alessio Spadafora, il gup ha diposto il rinvio a giudizio di Ifueko Aiyamekhe, ritenuta madam sul territorio di Lamezia Terme; Osagie Omoregie, compagno di Ifueko, accusato di intrattenere i contatti con Nigeria e Libia provvedendo al procacciamento delle donne e all’organizzazione di tutte le fasi della tratta; Silvia James Ekuaze, ritenuta madam sul territorio di Lamezia Terme Sant’Eufemia; Joy Enoma, ritenuta madam sul territorio di Amantea e Gift Idahosa, ritenuta madam sul territorio di Rosarno. L’unico italiano indagato, Vincenzo Criserà, ritenuto un fiancheggiatore, aveva patteggiato la pena a 2 anni di reclusione il 15 febbraio scorso. Il processo inizierà il 20 giugno prossimo in Corte d’Assise.