Viale Isonzo, tutto ciò che Brumotti non ha visto e non racconterà… foto

La messa in onda del servizio di Striscia la Notizia scalda i social, ma ci sono altre verità che il Tg satirico di Ricci non conosce e che sono all'origine della malavita catanzarese

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    di Giulia Zampina

    Nulla di nuovo. Purtroppo. Sono queste le immediate riflessioni che vengono alla mente pensando al servizio registrato dall’inviato di Striscia la Notizia, Brumotti , in viale Isonzo e he verrà trasmesso domani. Nulla di nuovo per le forze dell’ordine, unico presidio di legalità rimasto in quei quartieri piagati e piegati dalla delinquenza e dalla malavita. Nulla di nuovo per chi da anni, senza ‘la copertura’ momentanea di un’auto delle Forze dell’ordine, in quei quartieri ci va per poterli raccontare da dentro. Non sono nuove neanche le parole del procuratore Gratteri, con cui Brumotti si è fatto ritrarre a vantaggio dei social, quando parla di assenza delle istituzioni amministrative.

    Nella zona sud della città, identificata per sintesi come viale Isonzo, l’unica parte in cui l’inviato di Striscia la Notizia si sia soffermato, ma che si estende molto prima e molto oltre, la società civile non esiste.

    Purtroppo non esistono le istituzioni, Chiesa e associazionismo compresi. E’ un terreno pervaso nelle sue viscere dall’acqua inquinata di una malavita per la quale lo spaccio della droga è solo una delle attività, quella che porta lucro.

    Molti dei bambini di quei quartieri non vanno a scuola regolarmente e vengono addestrati a rubare. Ultimo esempio quello di una settimana fa con due minori denunciati perché beccati dai poliziotti della Squadra Volanti a fare da palo mentre un adulto rubava.

    E allora viene da chiedersi e chiedere. Che fine hanno fatto le segnalazioni che, sempre e solo, le forze dell’ordine hanno inviato ai servizi sociali e alla magistratura competente? In quei quartieri la situazione igienico sanitaria prima o poi esploderà. E allora la domanda da fare  e alla quale pretendere una risposta è, Comune e Aterp hanno finalmente trovato le carte dalle quali è possibile evincere chi deve fare cosa e dove? Persone perbene private della libertà di uscire dalle proprie case, malati prigionieri dei loro appartamenti perchè residenti in palazzi dove la maggior parte sono abusivi, allacciati in maniera abusiva alla corrente elettrica che ad un certo punto viene staccata, per morosità (di chi poi non si capisce), ma nessuno è andato ancora a verificare chi deve cosa e chi non dovrebbe star lì ma ci resta.

    La politica utilizza viale Isonzo e le zone limitrofe, come scure nei confronti degli avversari facendo la conta di chi prende più voti in quella zona. Ma perché non fare lo stesso conteggio delle preferenze elettorali ad esempio a Gagliano, dove il clan storico (perché anche la malavita ha una storia e quella dei Rom, sebbene abbia oltre 40 anni, non è la più antica di questa città) gestisce la criminalità degli zingari utilizzandoli come manovalanza, in accordo con le più strutturate organizzazioni criminali del crotonese e del reggino.

    E allora forse un po’ di storia criminale della città è bene ripassarla.

     

    La pericolosità del gruppo degli “zingari”, nomadi di origine italiana, capeggiati dal pregiudicato Cosimino Abbruzzese, alias U tubu , deriva dal fatto che i Gaglianesi, dopo la rituale affiliazione, avevano demandato la gestione delle attività criminali nelle zone di Corvo, Germaneto e Catanzaro Lido del capoluogo calabrese. Ad Abbruzzese, secondo quanto è emerso dalle indagini delle diverse operazioni di polizia, era assegnato anche il compito di coordinare le attività criminali dei gruppi di rom operanti nella provincia di Catanzaro. Profitti notevoli erano ricavati, in particolare, dal cosiddetto “cavallo di ritorno”, ossia dal furto di autovetture e veicoli commerciali, restituiti ai proprietari dopo il pagamento di ingenti somme di denaro. 

    L’operazione Revenge  all’epoca portò alla luce la nuova mappa della criminalità catanzarese, gli intrecci tra la cosca più ‘antica’ quella dei Gaglianesi e l’allora emergenti zingari. Tutti riconoscibili tramite Alias.    “U Tubu”, al secolo Cosimino Abbruzzese; “Toro Seduto” (Domenico Bevilacqua) “Compare Gino” (Girolamo Costanzo); “”U Baruna”, “Chimichè”, “U Buffone”, “Nana”, “Cucuzza”, U Cavaleri “A Ditta”, “U Biondu”… 
    La novità emersa in Revenge, che poi si ripeterà nelle altre ordinanze, rispetto al vecchio clan capeggiato da Gino Costanzo (che, in carcere, era comunque considerato il vero leader), era comunque il sodalizio stipulato con gli zingari che però ad un certo punto si ribellarono alla predominanza dei gaglianesi: gli uomini di “Toro Seduto” mal volentieri sottostavano alle regole del gioco. 
    Ma tutto ea deciso. Ad ogni zona un responsabile. Ai quartieri dell’area Centro-Nord, secondo l’organigramma ricostruito allora dalla Squadra mobile – provvedevano direttamente i Gaglianesi, con la collaborazione di alcuni “fedelissimi” come Maurizio Sabato (ancora una volta indagato nell’operazione Aquamala).

    Di Catanzaro Sud e S. Maria si occupavano Antonio Comito e Vitaliano Cannistrà, mentre Antonio Gualtieri “Cucuzza”, controllava il quartiere Siano. Infine Corvo, Germaneto e Catanzaro Lido erano affidati a Cosimino Abbruzzese “U Tubu” e Domenico Bevilacqua “Toro Seduto”, ucciso sotto casa sua. 
    Il pagamento del “pizzo” era diventato  ed è ancora regola nel capoluogo.  Su tutto, vigilava pur se dal carcere Gino Costanzo. Sempre dalle intercettazioni  delle varie operazioni è emerso che la sua convivente, manteneva i contatti con gli affiliati di maggiore “prestigio”. Ma per le cose più delicate “Compare Gino” si rivolgeva direttamente alla famiglia Arena, i cui capi, se necessario, chiamavano a rapporto gli accoliti catanzaresi per inoltrare e al tempo stesso controllare l’attuazione degli ordini del capo cosca.
    Negli ultimi tempi il rapporto con una parte degli zingari s’era guastato. «Una pistola in mano ad uno zingaro è come un bazooka in mano ad un criminale esperto», disse all’epoca  il procuratore Mariano Lombardi. Ed i “gaglianesi” hanno pensato di eliminarli. Ma all’epoca, quando emerse questa frattura, poi ricomposta, non c’era nulla che facesse ritenere che l’agguato dell’anno precedente  a “Toro Seduto” fosse da inquadrare in quella  logica.

    E così andando avanti. Passando per Chiosco, Jonny, Passo di salto, All inclusive e tutte le operazioni di polizia che ogni volta hanno portato alla luce legami e affari loschi. Gli omicidi di Fraietta e Grande, quello di Toro Seduto.

    Le bottiglie incendiarie lasciate o fatte esplodere davanti alle attività imprenditoriali del capoluogo.

    Lo spaccio della droga a Viale Isonzo è certamente un cancro da debellare. Ma per farlo bisogna colpire le cellule malate. Togliere i figli a chi non ha le capacità di educarli per non far crescere una nuova leva criminale, colpire gli assuntori di droga quasi sempre facoltosi catanzaresi, contestualizzare i fatti e le persone. Tutto quello che Striscia la notizia, nonostante l’apprezzabile sforzo, non potrà mai fare, né raccontare.

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