Gli 80 anni del “compagno Nino”, l’uomo delle istituzioni

Rosario Olivo, Presidente della Regione, deputato e sottosegretario di Stato, sindaco

Non si può comprendere fino in fondo la lunga e straordinaria vicenda politica di Rosario Olivo, oggi fresco ottantenne, se si prescinde dalle sue radici familiari, culturali e spirituali.

La sua appartenenza ad una minoranza religiosa protestante come la Chiesa Valdese è la chiave di volta per tentare di leggere in profondità una personalità complessa che ha segnato, lo si voglia o no, la storia politica della Calabria per più di trent’anni. Valdese come Luigi Comencini, il grande regista di “Pane, amore e fantasia” e altri celebri film.

I Valdesi sono stati perseguitati per secoli ed hanno avuto un ruolo importante nel Risorgimento e nella Resistenza. Favorevoli alla laicità dello Stato, hanno storicamente avuto una visione progressista della società. Si pensi che anche oggi la Chiesa Valdese è in prima linea nella battaglia per i diritti civili, è favorevole al testamento biologico e alla ricerca sulle cellule staminali, si oppone all’omofobia ed è aperta all’accoglienza degli stranieri, organizzando i cosiddetti “corridoi umanitari” con la comunità di Sant’Egidio.

Rosario Olivo, Nino per gli amici più stretti, è la sintesi dei valori e delle contraddizioni della Chiesa metodista valdese. Ne ha ereditato il forte senso dello Stato e della sua preminenza anche sulla religione. Questo gli ha consentito di raggiungere le più alte vette delle istituzioni calabresi e nazionali con straordinaria dignità. La difesa dei diritti civili lo ha avvicinato, fin da ragazzo, al socialismo, la “religione laica” che predica che gli uomini sono tutti uguali. Il senso della comunità lo ha portato a considerare il “partito” come la sua seconda casa e la sua seconda famiglia. Si è portato dietro anche un pizzico di istintiva diffidenza verso gli altri e un po’ di settarismo, forse inconscia eredità delle persecuzioni storiche subite dai seguaci di Pietro Valdo.

Decisive per la sua formazione anche le radici familiari. L’esempio del padre, artigiano ebanista, l’infanzia nei vicoli del centro storico, l’adorazione per la madre.

Nel Partito Socialista di Catanzaro ha rappresentato l’anima più “popolare”, diversa dalle altre sensibilità, quella “aristocratica” di Mario Casalinuovo e Bruno Dominijanni e quella “intellettuale” di Michele Riolo. Nella sua stanza di segretario, nella sede della Federazione, campeggiava un grande poster di Salvador Allende, il presidente socialista del Cile, deposto dai generali golpisti di Pinochet.

La curiosità del giornalista, l’ansia della cultura come arma principale contro il degrado e contro la mafia, la lungimiranza a leggere gli eventi politici e culturali nel nostro Paese, hanno fatto il resto.

Aggiungerei anche la vicinanza ad un leader immenso e irraggiungibile come Giacomo Mancini, di cui è stato giovane proconsole a Catanzaro. Quando se ne distaccò, nel 1980, per abbracciare il nuovo corso craxiano, ne ebbe dolore e imbarazzo.

UOMO DELLE ISTITUZIONI

Rosario Olivo è stato – e resta – un uomo delle istituzioni. Presidente della Regione in anni difficili, parlamentare della Repubblica per tre legislature, sottosegretario di Stato nel governo D’Alema, sindaco della sua città. Difficile trovare negli annali della politica qualcosa di simile.

Mai è stato sfiorato da un dubbio o un sospetto. La lotta contro la criminalità è stata una costante nel suo agire. I suoi “no”, che qualcuno scambiava per pavidità, in realtà erano una solida barriera contro ogni tentativo di estranea ingerenza negli affari istituzionali. Una volta – era presidente della Regione in carica- qualcuno tentò di farlo finire fuori strada mentre rientrava a Catanzaro da Reggio Calabria. L’autore di quell’atto intimidatorio (o forse di una mancata strage visto che in auto, oltre all’autista, sedeva anche Bruno Dominijanni) restò misterioso e impunito. Erano gli anni difficili e duri del sequestro del giovane Cesare Casella, per due lunghi anni nelle mani della ndrangheta, una vicenda che gettò un’ombra sinistra sulla Calabria. La straordinaria mamma di quel ragazzo, la signora Angela, s’incatenò nelle piazze della Locride a supplicare i rapitori di liberare il figlio, suscitando una grande emozione in tutto il mondo. Rosario, ne sono testimone oculare, da presidente della Regione le fu vicino in quei giorni bui e drammatici.

La cultura. Il pallino gli era stato inculcato da Mancini che con il premio letterario Sila, una casa editrice e il Giornale di Calabria aveva indicato la strada del riscatto sociale della Calabria.

I primi film prodotti in Calabria – ricordo tra gli altri “Prima che il gallo canti”, dedicato al confino calabrese di Cesare Pavese, affidato alla regia dell’indimenticabile Mario Foglietti – la promozione degli autori e degli artisti, il sostegno ai teatri e alle biblioteche, sono tutti ascrivibili alla sua esperienza di assessore alla cultura e poi presidente della Regione. Non è un caso che i suoi più grandi amici siano stati il poeta Achille Curcio e il pittore Andrea Cefaly jr.

Con Rosario Olivo ho fatto un bel pezzo di strada nel Partito Socialista. E’ stata una grande amicizia, sia pure con gli alti e bassi tipici delle vicende politiche e umane. Entrambi insopportabilmente permalosi e chiusi di carattere, ci siamo di volta in volta distanziati e riavvicinati, ma sempre senza perdere la stima reciproca.

Orgoglioso fino all’eccesso, ogni tanto protagonista di memorabili scatti d’ira, un’ironia sottile e tagliente, la mania delle citazioni colte alla fine dei suoi discorsi.

E’ stato ugualmente capace di gesti di straordinaria umiltà. Non dimenticherò mai quella volta che per fare pace, dopo una burrascosa riunione del Comitato provinciale del PSI che ci aveva visto su posizioni contrastanti, si presentò a sorpresa sulla spiaggia di Soverato per farmi dono di un libro, “Il grano e la zizzania”, tra l’incredulità dei bagnanti a vedere lì il presidente della Regione aggirarsi elegantissimo tra bungalow e ombrelloni. Immaginereste oggi una scena simile?

Credo che la Calabria debba rendere onore a Rosario Olivo per quello che ha rappresentato, con i suoi grandi meriti e con i suoi fisiologici errori. Levandosi il cappello come si fa davanti ad un galantuomo. Auguri, compagno Nino.