Lettera aperta dell’arcivescovo Bertolone: il decalogo per seguire la messa dal 18 maggio

Le indicazione da seguire prevista dal protocollo firmato lo scorso 7 maggio

Il 7 maggio 2020 è stato firmato un Protocollo di intesa -ricorda l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone presidente della Cei Calabria – tra il governo italiano (rappresentato dal presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, e dal Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese) e la Conferenza Episcopale Italiana (nella persona del presidente, il card. Gualtiero Bassetti) circa la ripresa graduale delle celebrazioni liturgiche col popolo, “nel rispetto della normativa sanitaria e delle misure di contenimento e gestioni dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2”.

 

Pur rimandando al Protocollo, che si presenta già da sé come un testo chiaro e scevro da equivoci, richiamiamo in modo ancora più schematico gli accorgimenti da osservare, senza aver prima proposto delle riflessioni in merito al valore e al senso della Liturgia e, in particolare, alla centralità insostituibile dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. In ogni celebrazione liturgica, infatti, è Cristo-Capo che convoca e presiede il culto pubblico del popolo di Dio, che partecipa pienamente, consapevolmente e attivamente (actuosa partecipatio) per rendere al Padre il culto dovuto con la potenza dello Spirito Santo (SC 14.) La celebrazione eucaristica, a sua volta, è il rendimento di grazie per eccellenza, mediante il quale la Chiesa, Sposa di Cristo, convocata intorno alla mensa della Parola e dell’Eucarestia, ascolta Lui che è la Buona Notizia e si ciba di Lui, che è il farmaco d’immortalità. Mediante l’invocazione dello Spirito Santo, in ogni azione liturgica è Cristo che ci parla e ci dona la sua vita, rendendoci partecipi della sua morte e risurrezione, così come ci ricorda Sacrosanctum Concilium 7: «Per realizzare un’opera così grande, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, “offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. È presente con la sua virtù nei sacramenti, al punto che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura. È presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20)». Certamente questo incontro dal vivo in questi mesi è mancato, ma attraverso i social, abbiamo avuto la possibilità di alimentare il nostro cammino di fede, partecipando se pur virtualmente alle azioni liturgiche. Ora che la pandemia sembra essere gradualmente sotto controllo, questo incontro non si può più rimandare perché, per noi cristiani è vitale, proprio come l’aria che respiriamo e non possiamo più stare in apnea. 1. «Ricordati della carestia nel tempo dell’abbondanza, della povertà e dell’indigenza nei giorni della ricchezza» (Sir 18, 25). Con le parole ispirate, tratte dal Libro del Siracide, mi rivolgo a voi, carissimi fedeli, che dopo questo tempo di isolamento, con prudenza e pieno rispetto delle regole, potrete di nuovo accostarvi all’Eucaristia e agli altri sacramenti, per alimentare la vostra vita di fede ed essere nel mondo come il «lievito, che una donna ha preso e impastato con tre grosse misure di farina. Allora il lievito fa fermentare tutta la pasta» (Lc 13,21). Il tempo che abbiamo vissuto impedendoci di accostarci alla sorgente della grazia sacramentale è stato certamente un tempo di carestia.

 

Ed è proprio nella carestia che un popolo si rende conto dell’abbondanza che gli era concessa, di un dono forse troppe volte sciupato: quante comunioni ricevute superficialmente, distrattamente o abitudinariamente! Quante occasioni mancate per rinsaldare i nostri legami di vera comunione tra i membri della comunità parrocchiale! Ora che si intravede la luce della normalità, accogliamo il saggio invito del Siracide e ricordiamoci della carestia per non ricadere negli stessi errori di prima! Riflettiamo, pertanto, sul valore profondo dell’Eucaristia, centro della vita sacramentale, presenza reale del Verbo eterno del Padre, incarnato nel seno di Maria, morto, sepolto, risorto e asceso al cielo, per dirla con S. Tommaso Cristo in persona (cfr. STh III, q. 65, a. 3, ad. 3), di modo che, ritornando gradualmente ad accostarci al banchetto eucaristico, forti dell’esperienza che abbiamo vissuto, non ce ne dimentichiamo finendo ancora una volta per scadere nell’abitudine o nella distrazione. 2. Non si dà vita sacramentale senza riferimento a Cristo e alla Chiesa. Per dirla con sant’Agostino, non si dà vita sacramentale senza riferimento al Cristo totale (Christus totus), ovvero senza il Cristo, capo del corpo, costituito da molte membra, tante quante sono i membri a pieno titolo inseriti nella compagine ecclesiale. Cibandoci dell’Eucaristia, ci nutriamo del corpo di Cristo. Di questo corpo sono membra, con noi, anche i nostri fratelli, mediante il Battesimo, incorporati a Cristo, pietra vivente dell’edificio spirituale e reale che è la Chiesa. Ci ricorda s. Agostino: «Se dunque avrete in lui la vita, sarete con lui in una sola carne. Non è infatti che questo sacramento dia il corpo di Cristo per poi lasciarvene separati» (Serm. 228B, 3-4). Urge ricordare che non si può essere in comunione con Cristo se siamo divisi fra noi, se non siamo in comunione con l’Apostolo di Cristo, col Vescovo, col parroco, con tutti i membri delle nostre comunità parrocchiali. Non basta celebrare l’Eucaristia, bisogna diventare “Eucaristia”! Con le parole di s. Giovanni Crisostomo, meditiamo: «Che cos’è il pane consacrato? Corpo di Cristo. E che cosa diventano coloro che si comunicano? Corpo di Cristo. Non molti corpi: un Corpo solo, quello di Cristo» (Omelie sulla I Lettera ai Corinzi, 24, 2).

 

Attenzione alla “virtualizzazione della liturgia”. Seguendo papa Francesco, che in una sua omelia a Santa Marta ha sollevato l’attuale problema della “virtualizzazione della liturgia”, invito tutti voi a distinguere tra la visione/partecipazione alla Santa Messa via social e la partecipazione reale, vera celebrazione e attualizzazione del mistero del sacrificio della croce, realizzazione del sacro convivio in cui ci cibiamo del Cristo realmente presente sotto le sacre specie, celebrazione della Pasqua del Signore e della sua comunità di pietre viventi, che sono da lui stesso inviate nel mondo: Ite Missa est. Immolazione della vittima e comunione con la vittima immolata sono una cosa sola: si immola la vittima e la si mangia come segno di vita redenta e risorta. Chi mangia la vittima non è la singola persona, ma il corpo di Cristo, ovvero il suo popolo di pietre viventi convocato da tutto la terra. Il corpo di Cristo è fatto di fedeli e di presbiteri: il popolo offre, il presbitero immola, ma presbitero e fedele mangiano la stessa vittima risorta per noi uomini e per la nostra salvezza. Se non si parte dalle verità del sacrificio, dell’immolazione e della comunione, vero mangiare il corpo e vero bere il sangue, nulla si comprende della Santa Messa, che ci è mancata in questo tempo di coronavirus: è mancato il sacrificio di Cristo offerto, immolato, consumato. È mancato il popolo di Dio riunito nella casa del Padre. È mancata la comunione del solo corpo. L’Eucaristia non è soltanto visione, o evocazione, o ricordo, oppure unione spirituale, è immolazione incruenta del sacrificio che necessariamente esige una partecipazione reale e non virtuale, dal vivo e non soltanto nell’evocazione e nel ricordo. In virtù del Battesimo tutti i cristiani, concorrono attivamente alla celebrazione dell’Eucaristia (cfr. SC 48). Il popolo di Dio non è spettatore passivo di un rito compiuto dal sacerdote, ma celebra sotto la presidenza del ministro sacro con la propria presenza attiva e responsabile. Senza l’assemblea presente con i corpi e i volti, la celebrazione è monca. Tuttavia, non basta guardare e ascoltare da lontano, bisogna esserci e partecipare anche con le posizioni del corpo, l’ascolto attento, le risposte al dialogo liturgico, il silenzio orante, il canto, il gesto, i simboli. Quello che abbiamo vissuto in questi mesi è stato un grosso sacrificio, un’emergenza, che non può assolutamente essere equiparata alla normalità. Oggi occorre affermare con chiarezza che partecipare all’Eucaristia e guardare la Messa attraverso uno schermo non si equivalgono! Abbiamo bisogno di ritornare ad occupare l’aula ecclesiale, pur con tutta la prudenza e gli accorgimenti sanitari necessari, per sentirci assemblea convocata e animata dallo Spirito di Dio. 4. L’Eucaristia fonte della missione. Ritornare a celebrare insieme l’Eucaristia deve, farci riscoprire che è essa la sorgente della missione ecclesiale. Abbiamo già detto che non si può celebrare ignorandosi reciprocamente: correremmo il rischio di una fede gnostica, individualizzata in quanto avulsa dalla comunità. Di conseguenza, non si può celebrare senza farsi carico dei poveri mediante concrete opere di carità, il cui segno eucaristico resta nella presentazione delle offerte. Non si può celebrare trascurando i bambini, i ragazzi, i giovani e tutta la dimensione educativa che la fede comporta. Non si può celebrare dimenticando gli ammalati, i carcerati, gli emarginati. Ecco allora quanto è vero che la Chiesa fa l’Eucaristia ma che l’Eucaristia fa la Chiesa: quel gesto di lasciarci convocare, radunare e inviare dal Signore è costitutivo. La fede si vive e si trasmette celebrandola, non è una devozione individuale ma un atto comunitario.

 

 

Facciamo dell’Eucaristia la nostra “autostrada per il cielo”, così come amava dire il prossimo beato Carlo Acutis, che fin dalla tenera età ne ha scoperto il senso profondo. Tutto ciò acquista senso se saremo capaci di calarci nella storia degli uomini, di “sporcarci le mani”, condividendone sofferenze e problemi, come ha fatto Gesù ed al suo seguito hanno fatto i santi della carità. Interroghiamoci dunque sulla nostra “autenticità”, termine da intendere non soltanto come “sincerità”, ma anche come ricerca della verità e della rettitudine nei rapporti con Dio e con gli altri, come la ricerca di trasparenza nel proprio essere e agire. L’uomo, il cristiano autentico è vero, leale, sincero, verace, franco, retto, semplice, schietto d’animo, non doppio, furbo, ipocrita. 5. Regole di prudenza. Condivido con voi queste semplici riflessioni che spero vorrete fare oggetto di catechesi con i vostri fedeli. Le credo necessarie per poter essere più consapevoli del mistero che celebriamo e dal prossimo 18 maggio, celebreremo insieme, nel pieno rispetto delle regole del Protocollo di intesa, del quale vi do una breve sintesi, quasi come un vademecum, che ci si domanda di esporre anche ad valvas ecclesiae (al portone della chiesa).

 

1.Si consiglia di utilizzare in questa fase l’edificio ecclesiale più capiente nel territorio parrocchiale. A. Per l’accesso e l’uscita dai luoghi di culto: 1. Non puoi accedere in chiesa (o negli ambienti all’aperto previamente identificati per la celebrazione) se hai sintomi influenzali-respiratori o in presenza di temperatura corporea pari o superiore ai 37,5° C.

 

  1. Hai l’obbligo di indossare la mascherina per tutta la tua permanenza nel luogo di culto (al chiuso o all’aperto).

 

  1. All’ingresso della chiesa, che sarà stata preventivamente aerata ed igienizzata, troverai la soluzione igienizzante per detergere le mani. Non troverai l’acqua santa nell’acquasantiera.

 

  1. Evita assembramenti (osservando le regole che ogni parroco indicherà sulla base dell’effettiva capienza dei luoghi di culto) e mantienisempre la distanza di almeno 1,5 metri (sia lateralmente che frontalmente e anche se appartieni al medesimo nucleo familiare) e siediti dove ti verrà indicato dal sacerdote (o dai volontaricollaboratori).

 

  1. Segui le indicazioni del sacerdote (o dei volontari-collaboratori) in merito alle uscite stabilite e mantieni sempre la distanza interpersonale di almeno 1,5 metri. B. Durante le celebrazioni

 

  1. Non ci sarà lo scambio del segno della pace.

 

  1. La distribuzione della Comunione avverrà senza contatto delle mani con il ministro, che indosserà guanti e mascherina. Durante la processione per ricevere la Comunione, mantieni la distanza di sicurezza. Presenta le tue mani ben stese al sacerdote e ti ciberai del corpo di Cristo dinanzi a Lui
  2. Le eventuali offerte saranno raccolte attraverso appositi contenitori, collocati agli ingressi o in altri luoghi idonei, indicati dal sacerdote.

 

9.La Confessione (che consente a chi è in peccato grave di chiedere e ottenere il perdono) avverrà in luoghi ampi e areati e sia il sacerdote che il penitente indosseranno sempre la mascherina

 

10.Durante le celebrazioni dei funerali, trigesimi e anniversari di morte rispettare il numero massimo dei partecipanti che possono accedere all’aula liturgica. Sono vietate le condoglianze.

 

Conclusione. Vi scrivo nel giorno in cui la Chiesa ricorda la memoria di Nostra Signora di Fatima. In questo tempo di pandemia, spesso abbiamo invocato o sentito invocare i santi pastorelli Giacinta e Francesco, anch’essi vittima di una pandemia, la famosa “spagnola”. Giacinta sperimentò la solitudine dell’ospedale nei suoi ultimi momenti, mentre Francesco si spense tra le mura domestiche. Il messaggio di Fatima, cui i pastorelli ci richiamano, può essere riassunto principalmente come un invito alla penitenza e alla preghiera. Nelle apparizioni del 1916, l’angelo avrebbe indicato ai bambini la contrizione con quale pregare, spiegando loro la grande importanza del compiere sacrifici in riparazione delle offese commesse contro Dio e, nella sua ultima apparizione, avrebbe mostrato il modo consono di ricevere il sacramento dell’Eucaristia: «Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro delitti e consolate il vostro Dio». Questo messaggio è sempre vivo e attuale: accogliamolo per accostarci nuovamente e con somma devozione all’Eucaristia. Invito tutti voi, a meditare ed approfondire con senso di responsabilità, questa mia Lettera, nonché ad attenervi a queste indicazioni anche per senso di responsabilità in caso di controlli. La prudenza è necessaria per evitare che il rischio del contagio ritorni in mezzo a noi e sarebbe assai brutto che gli edifici sacri fossero fonte di dolore e di morte, anziché, di vita e rinascita. Intanto, in comunione di fede e di preghiera, paternamente Vi saluto, chiedendo con voi al Signore per la mediazione di Maria Santissima, Nostra Signora di Fatima, di liberarci al più presto dal coronavirus e di farci tornare gradualmente alla normalità, ricordando come ormai lontani i “giorni di carestia”. Santi, Agazio e Vitaliano, nostri patroni, accompagnate dal cielo i nostri passi sulla via dell’incontro con i nostri fratelli e sorelle!