La mascherina: chirurgica e calabrese

Presentate alla Cittadella le quattro aziende autorizzate a produrre dispositivi di protezione in regione

“Il virus è vivo e passeggia insieme a noi”. Questo l’esordio in conferenza stampa di Nino Spirlì, esuberante vice della presidente Santelli che, preannunciata, trattenuta, non c’era. La parafrasi al celebre motto barricadiero è servita da un lato a introdurre la presentazione in Regione delle quattro aziende calabresi validate a produrre mascherine chirurgiche, dall’altra a ribadire che “il pericolo non è passato, come purtroppo pensano in molti. Non è così, ci dovremo proteggere per molto tempo ancora”, come il focolaio di Palmi sta a dimostrare. Ma subito dopo Spirlì si affretta a tranquillizzare: la situazione è sotto controllo, abbiamo preso tutte le precauzioni possibili, entro sabato tutto tornerà alla normalità, i numeri non danno ragione ai catastrofisti. Anche perché, secondo l’ordine di scuderia, la bella stagione è già iniziata e la Calabria ha bisogno del mare, del sole e del turismo.

aziende mascherine

E delle mascherine. Siamo poco meno di due milioni, un po’ di più in estate. Con tutta la buona volontà dei produttori regionali, siamo lontani dall’autosufficienza. A pieno ritmo, le quattro fabbriche autorizzate possono arrivare a produrne 200 mila al giorno. Che non sono poche, considerando il deserto nel quale è esplosa l’emergenza coronavirus. Deserto non solo calabrese, ma italiano ed europeo. Tutta la produzione, ha detto Sandra Savaglio, assessora all’Università e alla Ricerca, era impiantata nel sud est asiatico, parte di mondo nel quale ci si è da tempo abituati all’uso dei presidi individuai di protezione, per via delle ricorrenti epidemie. Dalle nostre latitudini dovremo farcene una ragione. L’astrofisica, anche da titolare di assessorato, non smette il suo habitus professorale e bacchetta all’istante uno dei produttori che, per riferire al microfono della nuova esperienza d’impresa, si è tolto meccanicamente la mascherina: subito fulminato sul fatto dalla prof, che ne ha approfittato per impartire ai presenti discenti una ulteriore lezioncina di bon ton igienico.

C’è sempre da imparare, d’altra parte. Anche in questo tipo di conferenze. Molto celebrative dei successi conseguiti: “Un bel messaggio da questa Calabria molto spesso vituperata”, ha commentato Gianluca Gallo, assessore anche al Welfare. La buona nuova è che queste quattro aziende, al sopravvenire dell’emergenza, hanno riconvertito parte della loro linea produttiva per un moto solidale prima, al quale dopo hanno aggiunto la visione di un business. C’è una prateria aperta per i sistemi di protezione individuale, e le quattro capofila vogliono mettersi in testa alla carovana. Hanno una storia molto simile. Dapprima hanno ragionato in termini di solidarietà, per andare incontro alle necessità delle loro comunità di riferimento, tutte localizzate in centri medio-piccoli. Le prime partite sono state tutte di stampo artigianale. Poi hanno captato gli appelli della Protezione civile prima e di Invitalia poi. E si sono guardate intorno per trovare appigli, suggerimenti, guide in un settore per loro sconosciuto. Fino a imbattersi nel MaskTest Unical Team dell’Università della Calabria, guidato dal biologo Vincenzo Perri, messo su in obbedienza al Piano strategico dell’Unical di recente licenziato nell’ambito di una più larga azione intitolata Unical versus Covid19, un progetto con ben 21 gruppi di lavoro, la risposta ad ampio raggio dell’Ateneo, multidisciplinare nell’approccio e nelle soluzioni. Il Team ha validato le nuove produzioni industriali, l’Istituto superiore di sanità ha autorizzato la produzione. Le quattro aziende, chi prima, chi dopo, tra aprile e maggio hanno incamerato le nuove macchine automatiche e semiautomatiche, le unità prodotte sono passate da poche centinaia alle centinaia di migliaia al giorno. Le quattro aziende sono “Gli artigiani del riposo” di Oriolo, “Alessandro Pagano” di Arena, “Moda Service”di Cittanova, “GLF” di Castrovillari: chi produceva materassi, chi abbigliamento conto terzi, chi semplicemente stampava. Adesso hanno intrapreso il nuovo business, qualcuna ha assunto personale, ed è un’ulteriore bella notizia. Adesso vorrebbero che il mercato andasse loro incontro. Che, per esempio, la Protezione civile si rivolgesse anche a loro, che le farmacie prendessero in considerazione il loro prodotto, che sono in grado, tra l’altro, di vendere a un costo unitario inferiore a quello corrente. Altre due aziende stanno completando il percorso di validazione e presto faranno partire la produzione.

Buone notizie anche per il team dell’Unical: in due mesi ben 250 aziende, italiane ed estere, lo hanno contattato per consulenze varie, anteponendolo ad analoghi centri universitari forse più blasonati. Uno stimolo in più per la ricerca di Unical vs Covid19, orientata al concepimento di dispositivi individuali meno impattanti dal punto di vista ambientale, nel senso del compostabile se non proprio del riuso.