Comitato Pro Monte contro Chiesa, Istituzioni militari e Politica

L'aggregazione spontanea di cittadini chiede che i beni del Convento dei Cappuccini restino in città

L’evolversi dell’inquietante vicenda della chiusura del Convento dei Cappuccini, da più di 500 anni presenti nelle mura cittadine, con gli ultimi episodi che hanno richiamato l’attenzione sulla sorte dei beni culturali che si trovano all’interno della struttura monastica e nell’antica chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia, ci ha indotto ad alcune riflessioni nel tentativo di capire se, ancora oggi, si possono trovare soluzioni alle quali, sosteniamo noi che abbiamo costituito un Comitato Spontaneo Permanente pro Monte, si sarebbe potuto e dovuto pervenire se chi di dovere avesse prestato ascolto ai ripetuti nostri appelli. Tale analisi non può prescindere da una valutazione del ruolo che hanno sostenuto alcuni protagonisti, anche perché alcune notizie di stampa riferiscono di un rinnovato interesse negli ambienti comunali.

AMMINISTRAZIONE COMUNALE SEMPRE IN SILENZIO

L’Amministrazione comunale? Il Presidente del Consiglio Comunale? Il Sindaco? L’Assessore alla cultura? Ricordiamo comunicati di condivisione del problema, note di impegno formale. Un atto di indirizzo, peraltro sollecitato dal Comitato pro Monte. L’appoggio di un assessore che, pure sincero e partecipato, non poteva avere lo stesso valore istituzionale del Sindaco e del Presidente del Consiglio. Poi il silenzio.

ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE HANNO DISERTATO IL DIALOGO

Le Istituzioni ecclesiastiche, sua Eminenza il Vescovo? Il Provinciale dei Cappuccini? Hanno ritenuto di non accettare alcun dialogo, alcun confronto né pubblico né privato. Ci viene in mente che il vescovo ha disertato finanche un incontro nel convento del Monte, fissato in una data proposta proprio da lui, lavandosi pilatescamente le mani e non tenendo in alcun conto una petizione firmata da almeno 1000 dei suoi diocesani, adducendo di non essere un arruffapopolo, forse attribuendo tale epiteto al nostro Comitato spontaneo per la Chiesa del Monte che lottava per difendere la città e i suoi beni, anche quelli ecclesiastici.

Il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale assente

Le Istituzioni statali, la Soprintendenza regionale Belle Arti? La Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Calabria? Il Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale? Ancora non si è ben chiarito bene, in proposito, il loro ruolo e i loro compiti istituzionali; l’unica certezza è che, nonostante siano stati interessati per iscritto dal Comitato pro Monte, non hanno mosso un dito ed hanno scelto di subire supinamente le azioni dell’Ordine Cappuccino e le spoliazioni di questi giorni.

La Polizia ha identificato gli appartenenti al Comitato

Gli unici che si sono interessati delle azioni del Comitato pro Monte sono stati gli Agenti della Polizia di Stato, mandati sul posto per identificare i presenti ad una manifestazione che registrava la presenza di una dozzina di pacifici volenterosi che, esponendo uno striscione con lo slogan “Giù le mani dal Monte”, tentavano di richiamare l’attenzione della dormiente opinione pubblica su ciò che sarebbe potuto accadere.

E che, purtroppo, è realmente accaduto proprio in questi ultimi giorni. Sì, perché, mentre Roma discuteva e tergiversava – comportamento peraltro già utilizzato nel similare caso della perdita dell’Archivio Zinzi, portato a Cosenza -, il convento e la chiesa del Monte bruciavano e il suo patrimonio storico, culturale e religioso, gli arredi, le suppellettili d’altare, i paramenti sacri, i tessuti, i libri e le carte d’archivio si disperdevano prendendo la via di Lamezia Terme e, nuovamente, Cosenza, città dove evidentemente dovranno recarsi i cittadini catanzaresi per studiare la storia della loro città.

Il risveglio del Comune sulla questione visto con scettico interesse

In questi giorni, come dicevamo prima, apprendiamo dell’improvviso risveglio di alcune figure politiche comunali; un consigliere e due assessori, anche se per uno di questi ultimi si tratta di un ritorno.

Ci perdoneranno se accogliamo questa notizia con scettico interesse, al pari della freddezza con cui valutiamo le asserite interlocuzioni che il Comune avrebbe avviato con l’Arcidiocesi al fine di garantire la massima trasparenza e informazione sulle procedure in atto che riguardano i beni situati all’interno della Chiesa del Monte. Augurandoci di sbagliare, non vorremmo trovarci di fronte a nuove manovre dilatorie. Reputiamo, infatti, che sia finito il tempo delle buone intenzioni, delle decisioni da prendere, delle valutazioni da maturare, di nuove iniziative da concordare. L’unica possibilità di mantenere a Catanzaro quel che ancora non è stato sottratto, adoperandosi nel contempo per il recupero dei beni mancanti, è di attivarsi subito per far valere il principio, peraltro sostenuto da autorevoli voci in campo di diritto ecclesiastico e canonico e supportato, oltre che dalle prescrizioni contenute nella bolla del vescovo Bernardo De Riso del 30 aprile 1892, anche dalle indicazioni fornite nell’accordo tra Ministero ai Beni Culturali e Conferenza Episcopale Italiana, che tutti i beni, i libri, i documenti d’archivio e le opere d’arte appartengono, anche alla luce del diritto civile, alla città di Catanzaro in quanto testimonianze della sua vita, della sua storia e della sua cultura.