Se Cristo si fermò ad Eboli, lo Stato (in ogni sua accezione) non è mai arrivato nelle viscere di Via Lucrezia della Valle fotogallery
I meno colpevoli ma certamente i più condannati sono i minori che vivono in condizioni disumane
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Se qualcuno scrisse che Cristo si fermò un giorno ad Eboli, lo Stato (inteso in ogni sua forma, sociale, burocratica, amministrativa), in alcune zone del capoluogo di Regione della Calabria è assente da circa 30 anni. Già parlare di accampamento in un capoluogo di Regione ad ottobre 2020 è anacronistico. E’ una cosa che da sola dovrebbe fare gridare vendetta a chi amministra, a chi vive la città a chi si propone di volta in volta di governarla.
Ma arrivare in quelle che sono le le viscere della città e trovarsi davanti lo spettacolo indecoroso, ai limiti di ciò che ogni essere umano potrebbe sopportare, fa capire quanto le riqualificazioni o gli interventi di facciata in una zona piuttosto che in un’altra non saranno mai abbastanza e mai troppo efficaci per dare dignità ad una città.
Nel 1943 Carlo Levi scriveva che Cristo si era fermato ad Eboli. Nel 2020 la speranza e la civiltà devono ancora arrivare in alcune zone della città di Catanzaro
“Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia”. Scriveva così Carlo Levi tra il 1943 ed il 1945. Scriviamo così oggi noi testimoni moderni di una realtà non antica, ma primitiva che pulsa nel cuore della città, in un angolo di quella strada su cui si corre veloce. Le auto moderne, come una Smart Rossa, o una Giulietta, cozzano con i rifiuti accatastati, gli animali rinchiusi in box di fortuna sul greto di un fiume che per chi vive in quelle condizioni è diventato una discarica. Le carrozze di antica fattura non richiamano alla mente le principesse delle favole, ma immagini di un pezzo di popolazione che non si è riusciti in alcun modo ad integrare. Le tavolate aggiustate a festa di prima mattina, non fanno venire in mente la convivialità ma rimandano le scarsissime condizioni igieniche in cui si vive.
Minori condannati a non conoscere altra vita se non quella vissuta nell’abbandono e nel degrado
E poi ci sono loro. I meno colpevoli, i più condannati. I bambini che scorazzano in luride pozzanghere, che guardano con circospezione le auto delle forze dell’ordine, a cui tutto quello che sta accadendo intorno a loro, come il braccio delle gru che porta via rifiuti e carcasse di auto, sembra un gioco.
Ma un gioco non è. Loro sono le vere uniche ed invisibili vittime di una situazione a cui mai si è voluto dare riparo. Lasciati in quell’ambiente cresceranno con la convinzione che quella sia l’unica vita possibile. Perché nessuno, neanche la società che si definisce civile, è riuscito a dare un’opportunità diversa. Perchè a Via Lucrezia della Valle, in quello che chiamiamo accampamento , ad ottobre 2020 come nel 1943 “non è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia”.
Sono arrivate, oggi, 28 ottobre 2020, molto in ritardo, le ruspe. Ma no, quelle non bastano e non basteranno mai a restituire una condizione umana e la dignità ad un intera cittadinanza. Perchè in queste condizioni non vince nessuno e tutti hanno miseramente perso, anche davanti a se stessi e alle proprie responsabilità.