Fiorita: ‘Augias, la Calabria è una terra normale. Stop al razzismo contro di noi”

"Che ne sa Augias delle calabrotte, degli africoti, di Olimpio Talarico, Domenico Dara, di Carmine Abate, di Vito Teti, di Mimmo Gangemi, di Sonia Serazzi, di Giuseppe Aloe, che ne sa degli umili, degli invisibili, delle persone qualunque che si limitano ad essere generosi, cortesi, accoglienti con gli immigrati e con i deboli"

Più informazioni su

    Pubblichiamo a seguire l’intervento del leader di Cambiavento e docente dell’Unical Nicola Fiorita dopo un articolo a firma di Corrado Augias pubblicato su Repubblica 

    “La Calabria però non è una terra normale, è una regione dove la criminalità coincide speso con la restante società e anche con le istituzioni”.
    Queste parole scritte da Corrado Augias e pubblicate oggi su Repubblica trasudano di un razzismo strisciante e di una assoluta ignoranza della nostra Regione.

    Non ho mai pensato che la mia terra sia, solo per questo, la terra migliore del mondo, non credo che la Calabria sia un paradiso e non ho mai ceduto al vittimismo e a quell’orgoglio patriottico che spesso fa pronunciare tante sciocchezze e impedisce una visione chiara delle cose.
    La Calabria è una terra complicata, in cui la modernità non ha saputo coniugarsi con un adeguato sviluppo economico e culturale e in cui persistono gravi fenomeni di criminalità organizzata e di clientelismo elettorale. Ma la Calabria è anche mille altre cose.

    La Calabria è una terra normale, un pezzo qualunque di Italia, in cui si muovono malfattori e politici corrotti ma in cui nei paesi più sperduti nascono circoli letterari e band musicali, in cui ogni giorno tante maestre accompagnano il loro lavoro con la determinazione di forgiare possibilità di crescita e di riscatto per i loro scolari, in cui tanti giovani ritornano alla terra e inventano coltivazioni di bachi da seta, birre artigianali e spremute di clementine, in cui migliaia di donne e di uomini antepongono la dignità alla ricchezza, l’umanità al narcisismo individualista, il benessere ambientale al benessere di qualche consorteria. Che ne sa Corrado Augias delle calabrotte, degli africoti, degli amori raccontati da Olimpio Talarico, delle scene di vita quotidiana descritte da Domenico Dara, che ne sa delle storie di Carmine Abate, di Vito Teti, di Mimmo Gangemi, di Sonia Serazzi, di Giuseppe Aloe, che ne sa degli umili, degli invisibili, delle persone qualunque che si limitano ad essere generosi, cortesi, accoglienti con gli immigrati e con i deboli, che ne sa delle famiglie che passeggiano tra i boschi maestosi di Buturo, che ne sa dei sindaci coraggiosi che amministrano Polistena, Cinquefrondi, Gioiosa, Acquaformosa, Gasperina, Cortale, Gioia Tauro, che ne sa delle piazze piene ad ascoltare Flavio Stasi, Alfredo Barillari, Enzo Voce, Gaetano Sorcale, Linda Cribari per sognare insieme un riscatto collettivo e non il successo individuale di chi pontifica dalla televisione di stato o da un giornale di grande tiratura.
    Anche un famoso intellettuale come Augias non riesce ad andare oltre al bisogno di cercare un capro espiatorio, un popolo, una razza, una terra su cui scaraventare tutti i mail del mondo per ripulirsi la coscienza. E’ più difficile evidentemente chiedersi cosa ha fatto l’Italia per la Calabria, a chi è servito tollerare una classe dirigente debole e screditata, a chi ha fatto comodo foraggiare con politiche assistenzialiste il voto clientelare, a chi è stata utile l’emigrazione che forniva forza lavoro a basso costo, a chi è utile oggi l’emigrazione sanitaria o l’emigrazione studentesca. Cosa ha fatto Augias per sostenere le esperienze di rinnovamento che sono nate ciclicamente in Calabria, dov’era Augias mentre Gianni Speranza bonificava Lamezia terme, mentre Mimmo Lucano veniva trascinato in tribunale per aver sognato un altro modello sociale, cosa conosce Augias della Calabria per permettersi un giudizio così generico e definitivo.
    Ognuno, comunque sia, ha il diritto di esprimere il proprio punto di vista. Fosse anche così superficiale e razzista. Ma a nessuno è dato scrivere, come fa ancora Augias, che le regole della democrazia per la Calabria non dovrebbero valere più. Non si permetta nessuno di mettere in discussione i nostri diritti, non siamo e non saremo qualcosa di meno e di diverso dal resto del Paese. Si garantisca ai calabresi la possibilità di esprimere un voto libero dal bisogno, si garantiscano i diritti essenziali (la salute, la formazione, il lavoro) e poi casomai si compari la qualità della democrazia e della vita.
    In un numero speciale che Il Ponte dedicò alla Calabria nel 1950, Renata Viganò scriveva parole straordinarie: “Ripenso a tanta parte della mia vita e non mi pento di averla vissuta come l’ho vissuta e tuttora la vivo. E vorrei che altri potesse sentire, come ho sentito io, che laggiù, in apparenza più lontani e quasi sperduti, si è forse più vicini che altrove al cuore profondo degli uomini”.
    Impara Augias, impara l’empatia, l’umanità, la capacità di vedere oltre gli stereotipi, la convenienza, la banalità.

    Più informazioni su