Cesare Mulè pioniere tra passato e futuro. Le intuizioni dell’aeroporto e dell’Università

"Per Cesare l’esperienza di sindaco, sia pure breve, è stata la pietra più preziosa della sua bella vicenda politica. Difficile trovare una persona più innamorata di questa città"

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    Riceviamo e pubblichiamo a seguire l’intervento di Sergio Dragone

    Cesare Mulè viveva in due “dimensioni”. Una era costituita dal passato, dai fasti dell’antichità, dalle ricerca delle radici. Ed era il Mulè storico, scrittore, saggista. L’altra “dimensione” era il futuro, la visione, l’ansia della modernità. Ed era il Mulè politico.

    Due dimensioni dell’intelletto solo apparentemente contrastanti, ma in realtà convergenti e complementari. D’altronde, se non si riesce a comprendere, amare e leggere il passato, non si può sperare di progettare e costruire il futuro. Le due “dimensioni” sono state una costante nella vita e nell’azione di questa personalità atipica, così diversa dagli altri intellettuali e così diversa dagli altri politici. E questo gli ha consentito di raggiungere alte vette sia nel mondo della cultura sia nel mondo delle istituzioni, senza inseguire compromessi.

    Del Mulè storico e custode della “civiltà” catanzarese si è detto e scritto molto in questi giorni. Personalmente gli serbo il ricordo grato per la stupenda introduzione che ha scritto per la mia “enciclopedia” di Catanzaro.

    E’ bene però che ci si soffermi più in profondità sulla “dimensione” politica di Cesare, una dimensione che gli ha consentito di costruire progetti ambiziosi sulla base di autentiche visioni.

    Mulè credeva fortemente nell’innovazione, nella ricerca, nella formazione, nel turismo intelligente, nella mobilità tra territori.

    Due semplici esempi. L’intuizione di un grande aeroporto internazionale al centro della Calabria, favorito dalla nascita di un Consorzio tra Enti Locali, il Consaer, antesignano dell’attuale Sacal. Se oggi Lamezia Airoport è una grande realtà nel panorama dei voli del nostro Paese, lo si deve anche ai pionieri come Mulè.

    L’altra grande sfida di Cesare, per la verità condivisa con altri grandi protagonisti, in testa il presidente Salvatore Blasco, è stata l’Università. Anche questa realtà, oggi palpitante, la si deve ad un’iniziativa consortile degli Enti locali che evidentemente svolgevano una funzione molto più incisiva di quanto avviene oggi.

    Cesare Mulè guardava al passato, alla Magna Graecia, a Scolacium, al Vivarium di Cassiodoro, ma nello stesso tempo sognava una Catanzaro collegata al resto del mondo e una Catanzaro sede di una grande Università. Le due “dimensioni” che in fondo convergono.

    Cesare non ha mai cercato i ruoli che poi ha ricoperto. Senza detenere tessere, senza coltivare truppe cammellate di elettori, è stato chiamato si può dire dal destino. Marcello Furriolo ha ricordato le vicende rocambolesche che portarono alla sua elezione a sindaco. Il grande e indimenticabile Aldo Ferrara una volta mi raccontò divertito come erano andate le cose. Ferrara a quel tempo era il presidente della Regione. “Sai Sergio, impegni a Roma mi impedirono quella sera di partecipare fino alla fine alla riunione della DC che doveva decidere il nuovo sindaco. Lasciai i lavori con l’indicazione a sindaco dell’avvocato Mario Celestino. La mattina dopo mi informarono che il partito aveva deciso per Cesare Mulè. Cose che potevano accadere solo in un grande partito come la Dc”.

    Il fato. Per Cesare l’esperienza di sindaco, sia pure breve, è stata la pietra più preziosa della sua bella vicenda politica. Difficile trovare una persona più innamorata di questa città. Di questa meravigliosa persona, così sensibile e ironica, conservo il ricordo di una passeggiata in Villa Trieste. Il direttore del mio giornale, Piero Ardenti, mi aveva chiesto un’intervista con il nuovo sindaco di Catanzaro. All’epoca lavoravo nella redazione di Piano Lago. Lo contattai e lui invece di convocarmi nel suo studio di Palazzo Santa Chiara, mi diede appuntamento nel nostro magnifico giardino. L’intervista la realizzammo seduti su una panchina, a due passi dalla biblioteca e dal museo provinciale. Ed è lì che ancora lo immagino.

     

     

     

     

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