Il pensiero giuridico di Filippo Sgubbi, confronto a più voci

Venerdì alla Camera Penale di Catanzaro

Sei mesi fa, all’età di 75 anni, ci ha lasciati il professore e avvocato Filippo Sgubbi, «grande giurista, uomo buono» (come lo ha ricordato Marcello Gallo). Nell’estate del 2019 ha visto la luce la sua opera definitiva: “Il diritto penale totale. Punire senza legge, senza verità, senza colpa”; un’opera – come ha scritto Tommaso Guerini – «che rappresenta il culmine di una analisi che Sgubbi aveva avviato già sul finire degli anni ’80, quando concepì e scrisse “Il reato come rischio sociale”, un testo per certi versi eretico rispetto ai dogmi della Scuola bolognese, nel quale si prendeva atto del tramonto dell’epoca aurea del diritto penale italiano degli anni Settanta, quando l’afflato politico […] si accompagnava all’idea di una riscrittura del sistema in una prospettiva rigidamente costituzionale». Un’opera, nella quale – per riprendere un passaggio assai evocativo della densa prefazione di Tullio Padovani – l’orizzonte già fosco che si intravvedeva nel “Reato come rischio sociale” si è fatto “plumbeo”.

Un’opera, infine, nelle cui conclusioni – scrive Gaetano Insolera nella postfazione – si «co[glie] quel fermento liberale, volto alla protezione dei diritti individuali, civili e politici che, perseguendo la certezza oggettiva nella regolazione dei rapporti tra individuo e autorità, delinea un’organizzazione del potere capace di tutelarli e garantirli senza costringere la poliedrica e autonoma vita sociale».

Venerdì 29 gennaio p.v., la Camera Penale di Catanzaro, con l’intervento di Tullio Padovani, Gaetano Insolera e Tommaso Guerini si propone una presentazione di questo lucidissimo pamphlet, “la cui densità concettuale e l’ampiezza di orizzonte” sono “inversamente proporzionali al numero occupato dalle pagine del testo” (come si legge, ancora, nella prefazione di Tullio Padovani), nel tentativo di descriverne i tratti fondamentali e i passaggi più illuminati e illuminanti.

Introdurrà i lavori Francesco Siracusano.

Dalla copertina: «[i]l diritto penale «totale» è invocato in ogni situazione come intervento salvifico e, soprattutto, quale preteso rimedio –politicamente e mediaticamente remunerativo – a vari mali sociali. Una simile espansione del sistema penale comporta il sacrificio dei principi fondamentali di garanzia, con l’aiuto del vigente clima di populismo e giustizialismo. Il diritto penale totale è senza legge: all’opera di definizione dell’illecito partecipano fonti non solo normative o giurisprudenziali, ma anche di natura sociale e perfino legata a formule algoritmiche. Emergono nuovi paradigmi punitivi quali discriminazione, minoranza, vittime del passato, vittime del futuro. È senza verità: la verità assoluta su cui si costruisce una norma penale condivisa dai consociati è sostituita da tante verità relative che danno origine a sistemi penali differenziati, accentuando così le divisioni sociali e i connessi conflitti. Prescinde dalla colpa individuale: una sanzione è meritata non tanto per ciò che il soggetto ha fatto colpevolmente, quanto piuttosto per ciò che il soggetto è, per origini e storia, per il suo ruolo nella società, per la sua pericolosità sociale. Da qui, il binomio puro/impuro che oggi ha sostituito il binomio innocente/colpevole. In una simile situazione, lo sviluppo dell’attività di normazione privata (protocolli, linee guida, modelli organizzativi, codici di condotta) può essere una soluzione per cercare di recuperare il valore di civiltà dei principi basilari di responsabilità colpevole individuale e di certezza del diritto».