Cantante folk e brani dedicati alla mafia: esposto in Procura presentato da Brugnano e Puccio

"Intorno a Teresa Merante c’è un fenomeno tutt’altro che ristretto: poco meno di 90.000 seguaci su Facebook, oltre 51.000 su Instagram, con oltre 5 milioni di visualizzazioni per i suoi video su Youtube"

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    Giuseppe Brugnano, consigliere comunale di San Luca e Segretario Nazionale del Sindacato di Polizia FSP (Federazione Sindacale di Polizia), e Saverio Simone Puccio, giornalista e consigliere comunale di Botricello, hanno presentato un esposto al Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, per chiedere di accertare eventuali fattispecie di reato, tra l’altro l’istigazione a delinquere, nei testi dei brani della cantante folk Teresa Merante.
    «Abbiamo avuto modo di ascoltare i brani della sedicente cantante folk – scrivono Brugnano e Puccio – che inneggiano alla mafia, elogiano boss e latitanti, cantano la gloria di ‘omini d’atri tempi’, con quelle che vengono definite da lei stessa “belli paroli”. Nei testi si riscontrano frasi raccapriccianti, tra le quali: «”Chissa è la polizia, sparati a tutta forza a sta brutta compagnia”; “non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti”; “sbirro traditore”; “due giudici erano contro (a Totò Riina) e arrivò il loro giorno… li fece uccidere senza pietà (Falcone e Borsellino)”».
    Secondo i due consiglieri comunali, «intorno a Teresa Merante c’è un fenomeno tutt’altro che ristretto: poco meno di 90.000 seguaci su Facebook, oltre 51.000 su Instagram, con oltre 5 milioni di visualizzazioni per i suoi video su Youtube. Tra i testi che abbiamo avuto modo di verificare, ci sono alcune frasi che appaiono superare il limite della decenza e della semplice libertà di opinione o di espressione».
    Tra questi brani, Brugnano e Puccio citano il testo di “U Latitanti”: «Un inno a chi si nasconde alla giustizia, ma anche un preoccupante appello a sparare contro le forze dell’ordine. La storia del latitante viene raccontata come quella di un idolo e all’arrivo della Polizia le parole sono crude: “… non aviti paura, su quattru pezzenti, nui simu i latitanti…”».
    Analoghe considerazioni riguardano la canzone dedicata a Totò Riina, dal titolo scontato: “Il capo dei capi”: «Riina viene descritto come “uomo di tanto rispetto e onore”. Per lui “la galera era villeggiatura… il rispetto non gli mancava”, eppure “tante persone lui ha ammazzato e dei pentiti non si è scordato”. Parole di disprezzo, quindi, per Tommaso Buscetta: “…uomo d’onore lui non lo era”, mentre alle forze dell’ordine vengono abbinati aggettivi come “traditore”».
    I due consiglieri comunali hanno anche citato l’ultimo brano edito da Teresa Merante, “Bonu Capudannu”, « rivolto – scrivono – ai detenuti e alle loro famiglie, con gli auguri diretti: “Buon capodanno ai carcerati, segregati in galera. Speriamo torniate in libertà, nelle vostre case gioia e serenità”. Nel video della canzone “Bonu Capudannu”, girato a Nicotera, appare anche l’attuale sindaco Giuseppe Marasco che, dopo le polemiche, ha preso le distanze con alcune dichiarazioni pubbliche».
    «I commenti che appaiono sotto i video e i post della signora Merante – scrivono ancora Brugnano e Puccio – destano perplessità e rischiano di fomentare un clima di illegalità e ingiustizia. A nostro parere, nei testi di tali brani prevalgono incitazioni alla malavita e ai suoi uomini, denigrando Forze dell’Ordine e Magistratura, con il risultato di offrire una immagine discutibile di questa terra, facendo gioire, invece, i tanti follower pronti a vedere Teresa Merante come la nuova artista da ascoltare per celebrare un mondo che non può e non deve avere questa ribalta. I messaggi che vengono diffusi attraverso questi testi – proseguono Brugnano e Puccio nell’esposto – non possono essere ricondotti a mere ricostruzioni artistiche e canore, ma equivalgono ad espressioni di odio nei confronti delle Forze dell’Ordine e della Magistratura e di esaltazione della criminalità organizzata e dei suoi componenti».
    Da qui la richiesta di «accertare se tali condotte possano ricondurre a fattispecie di reato, quali ad esempio l’istigazione a delinquere, ovvero ogni altro reato che dovesse essere accertato».

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