Detenuto muore nel carcere di Catanzaro. La famiglia denuncia. La Procura indaga per omicidio colposo

Si tratta di un cinquantenne di Lecce che doveva scontare una condanna per furto. Sarà eseguita autopsia

In carcere, a Catanzaro, stava scontando una condanna per furti. Avrebbe respirato l’aria della libertà tra poco meno di un anno. Il fine pena era alle porte ed era stata già presentata istanza per la scarcerazione anticipata. E’ morto in cella, alla vigilia del suo 50esimo compleanno, F., originario di Lecce. Morte che alimenta una serie di interrogativi perché è arrivata all’improvviso ed è stata comunicata con una breve telefonata ai familiari che vivono a Lecce.

Fanno domande e attendono risposte: sono stati avvisati il 2 febbraio scorso dagli agenti della polizia penitenziaria di Catanzaro. Il decesso, a quanto pare, è avvenuto quello stesso giorno. Una telefonata sul cellulare durata giusto il tempo per consegnare la comunicazione. Nessuna spiegazione. Cosa è successo nel carcere? Com’è morto? Si è suicidato? La procura di Catanzaro ha aperto un’inchiesta per accertare le cause della morte del detenuto e ha disposto l’autopsia: il pubblico ministero Domenico Asumma questa mattina ha conferito incarico al medico legale Isabella Aquila. Il fascicolo è stato aperto ipotizzando il reato di omicidio colposo, al momento a carico di ignoti. Dopo l’esame autoptico, la salma sarà restituita alla famiglia e prima della fine della settimana arriverà a Lecce per il funerale.”Sono poche al momento le informazioni su questa morte”, dice a LaPresse, l’avvocato Francesco D’Agata dello Sportello dei diritti. Il penalista del foro di Lecce sta seguendo la vicenda per conto della famiglia del detenuto: l’uomo non era sposato, aveva ottimi rapporti con le tre sorelle e in modo particolare con un nipote. “E’ stato il nipote – racconta il legale – ad avere ricevuto la telefonata dal carcere di Catanzaro“.

Una doccia gelata arrivata il 2 febbraio, a metà pomeriggio .”Si sentivano spesso via lettera e non risulta che abbia mai mostrato segni di depressione”, prosegue l’avvocato D’Agata. “Il nipote ha provato a chiedere al telefono cosa fosse successo, ma non ha ottenuto risposte. Le domande, come è facile immaginare, sono diverse e sono tutte meritevoli di risposta. Innanzitutto, è necessario capire cosa sia avvenuto nel carcere e, quindi, quale sia stata la causa della morte: stiamo parlando di un uomo che avrebbe compiuto 50 anni da lì a qualche giorno (il 10 febbraio, ndr) e che aveva ottime possibilità di essere rimesso in libertà a breve, anche prima della data prevista per il fine pena della condanna per reati contro il patrimonio”.

“Il caso di Stefano Cucchi, purtroppo, insegna e non va mai dimenticato. Insegna che quando ci sono avvenimenti drammatici all’interno delle strutture carcerarie, sono necessari approfonditi accertamenti investigativi per amore di verità e giustizia”, dice D’Agata. “I parenti del detenuto non sanno nulla e meritano risposte certe e celeri. Allo stesso tempo, mi sento di dire che non biasimo la direzione del carcere di Catanzaro che attivato in maniera tempestiva il protocollo previsto in casi simili ed è per questo che confidiamo nell’inchiesta. Va dato atto alla procura di Catanzaro di aver subito disposto l’autopsia”. Per il deposito della perizia sono necessari almeno 60 giorni.