L’intervento: ‘I processi di governance e la gestione della pandemia’. Quando l’economia ‘fa capolino’ nella sanità

Il dottor Gipo Taverniti: 'Ipotizzare ruolo, competenze e potere decisionale della componente economica, rappresentata dal Mef, nel processo decisionale politico del fenomeno emergenziale sanitario non rappresenta soltanto un’aberrazione sul piano squisitamente tecnico, ma identifica una vera e propria deriva culturale'

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    Riceviamo e pubblichiamo a seguire l’intervento del dottor Gipo Taverniti 

     “L’attuale Ministro degli affari Regionali, Mariastella Gelmini, facendosi latore di una richiesta proveniente dalla conferenza dei governatori regionali, ha avanzato al Governo centrale una proposta nella quale si auspica il possibile coinvolgimento del M. E. F. nella cabina di regia per la gestione della Pandemia.

    In pratica negli organi di governo territoriale si sta delineando il convincimento che i problemi sanitari necessitino per la loro risoluzione del contributo del parere degli economisti.

    Non che questo rappresenti una novità sul piano istituzionale, giacché è a conoscenza ormai di tutti che da inizio fenomeno emergenziale le scelte politiche in ambito salute siano state velatamente, ma concretamente, condizionate in modo preminente da interessi economici di parte.

    Ciò che fa notizia invece, ahimè solo agli occhi di pochi attenti e sensibili, e non certo né dei media né dell’opinione pubblica, è che oggi addirittura si vorrebbe legittimare sul piano scientifico e procedurale quest’andamento.

    Vorrei chiarire un concetto essenziale che forse sfugge ai più, presi come siamo purtroppo dalla risoluzione di problemi quotidiani più impellenti.

    I Governi, poiché organo politico di “governance” dei territori, sono tenuti, nell’esercizio del loro potere/dovere costituzionalmente contemplato, a rapportarsi con le diverse parti in causa nell’analisi dei differenti problemi, e nella consequenziale scelta fra le molteplici soluzioni possibili da operare, adottando fra le tante quella che consenta il perseguimento di un interesse e utilità collettiva, e mai quelle che invece potrebbero direttamente o indirettamente, volutamente o inconsapevolmente privilegiare una delle parti.

    Vi sono differenti modelli relazionali, che sostanzialmente si compendiano in tre diverse gerarchie delle relazioni e altrettante possibili soluzioni operative rappresentate da:

    Modello Decisionale, Modello Tecnocratico e Modello Pragmatico.

    Nello specifico le caratteristiche precipue dei tre modelli sono le seguenti:

    1) Modello Decisionale:

    In tale modello il rapporto tra parte politica e parte amministrativa/ di settore prevede una netta separazione di ruolo, e funzioni.

    La parte politica ha un’effettiva prevalenza sulla pubblica amministrazione o sul mondo scientifico.

    2) Modello Tecnocratico:

    Anche questo prevede separazione, ma a differenza del primo il rapporto s’inverte, prevedendo un dominio del mondo scientifico o della pubblica amministrazione sul mondo politico.

    3) Modello Pragmatico:

    Non prevede alcuna forma di separazione, non esistendo alcuna gerarchia tra i due mondi, ma una situazione di continuo scambio.

    Esperto (amm.vo o scientifico) ha lo stesso peso del politico, così come tutte le componenti politiche contribuiranno al dibattito politico per trovare la soluzione migliore, e mai quelle difese o sostenute da uno solo degli attori a scapito degli altri.

    Nei primi due modelli ognuno degli attori in causa opera secondo la propria logica di settore. Nel terzo modello ci troviamo invece in una situazione d’interazione concreta e proficua tra i due mondi. I modelli sopra descritti in tempi di “governante” non hanno un valore assoluto, né dal punto di vista spazio/temporale, né in ogni circostanza/problematica su cui devono essere applicati. I vari modelli postulati hanno dunque un valore e incidenza differente a seconda delle diverse variabili che caratterizzano il problema da esaminare, analizzare e risolvere. Questo giustifica la circostanza, apparentemente destabilizzante, che non esista un modello unico valido per tutto, tutti, in ogni dove, come e quando. Io mi astengo dall’indicare quale tra quelli elencati sia il modello di governance che prediligo, perché finirei per esprimere solo un’opinione personale. Vorrei invece sottolineare che l’adeguatezza, o l’inadeguatezza, di una politica dovrebbe essere identificata analizzando con attenzione e onestà i comportamenti degli utenti cui è destinata.

    Se consideriamo le tre componenti sociali di:

    1) Persone

    2) Parlamento

    3) Governo

    Tra di esse dovrebbe sempre esistere una convergenza di obiettivi. Dunque in una vera democrazia Parlamento, Governo e Amministrazione pubblica dovrebbero sempre attenersi alle linee guida indicate e stabilite dal popolo. La realtà è che la nostra è solo una democrazia di facciata, è la controprova consiste nell’assoluta mancanza di convergenza di obiettivi tra gli attori della catena, il cui risultato è l’insoddisfazione perenne del popolo, che si traduce in comportamenti disallineati tra le varie parte sociali che non consentono di perseguire il bene comune. Ciò premesso anche solo ipotizzare ruolo, competenze e potere decisionale della componente economica, rappresentata dal M.E.F., nel processo decisionale politico inerente analisi, interpretazione e soluzione del fenomeno emergenziale sanitario non rappresenta soltanto un’aberrazione sul piano squisitamente tecnico, ma identifica una vera e propria deriva culturale figlia dei nostri tempi.

    Sappiamo bene ahimè quanto grande sia divenuto il peso della bilancia economica nelle Democrazie liberali, e quanto la logica del profitto abbia completamente soppiantato qualunque altra ragione. Non ho idea quanto questa idea peregrina riuscirà a trovare terreno fertile nel dibattito politico in atto.

    Pur tuttavia il solo fatto che una parte sociale rilevante, come quella rappresentata dai Presidenti di Regione, abbia inteso percorrere quest’orientamento di pensiero ritenendolo indispensabile oltre che utile sul piano pratico, è la prova provata che l’Umanità corre il concreto rischio di abbandonare la scena del mondo per fare definitivamente spazio all’abbrutimento e all’alienazione di mercato dell’essere umano.

    In pratica se la soluzione di un problema sanitario dovesse comportare, a parere degli economisti, un disavanzo di bilancio sarebbe inevitabile sacrificare la tutela della salute per salvaguardare il mercato economico.

    Se magari non vi è ancora chiaro questa sarebbe la dichiarazione ufficiale del fallimento totale delle Società concepite e strutturate sulle basi dei principi e valori umanitari a vantaggio delle società di profitto. Una nuova scala di valori si affaccia all’orizzonte del nostro tempo. Provate, se ancora pensate riguardi in qualche modo non tanto il nostro presente quanto il futuro dei nostri figli, a prenderne atto, valutando se sia il caso di restarne indifferenti o provare ad avere un ultimo sussulto di dignità abiurando quest’orripilante deriva culturale”.

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