Un giallo colora il celeste dell’Arciconfraternita dell’Immacolata

Giovedì 11 marzo si vota per il rinnovo del Seggio priorale al quale non possono partecipare l’attuale priore Frustaci e altri in forza del nuovo statuto. Ma un mistero che aleggia sulla vicenda

È tempo di colori forti per la Basilica minore dell’Immacolata, cuore del cattolicesimo praticante catanzarese. C’è il viola dei paramenti quaresimali delle funzioni liturgiche. C’è il celeste che tradizionalmente veste i membri dell’antica Confraternita che la frequenta e la anima. E, per ultimo, c’è il giallo che ruota intorno al rinnovo del Seggio priorale in procinto di cambiare componenti.

L’attuale è in carica dal 2010 e non può ricandidarsi, in forza del nuovo statuto voluto dall’arcivescovo Vincenzo Bertolone che fissa in due mandati triennali consecutivi i termini massimi di candidabilità ed elezione. Alle 15 e trenta di giovedì 11 marzo si apre il seggio elettorale, al quale hanno diritto di voto i trentotto iscritti alla Confraternita, purché in regola con le quote sociali. Devono eleggere il nuovo priore (sono due i candidati, Luigi Bulotta ed Elio Cosentino, per la cronaca) e i sei componenti del seggio priorale (otto i candidati). Tra i votanti c’è anche Antonio Giulio Frustaci, il priore in carica, insieme ai membri del seggio attuale che con disciplina e partecipazione hanno accettato le nuove regole. Fino a quando non si sono scontrati con ciò che reputano una lesione a un normale diritto di cittadinanza sia pure inserito in un ambito ecclesiastico. Il giallo, appunto.


“Innanzitutto – dice il priore Frustaci accompagnato dal segretario Massimo Robertelli – voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni hanno fatto sì che la Confraternita sia a questo punto, per le tante cose fatte, per averla tenuta viva in tempi difficili. In particolare tutti i componenti del Seggio priorale e i sacerdoti che in questi anni si sono succeduti come assistenti spirituali”. Però….

Però, Frustaci, lunghi anni di esperienza da dirigente delle pubbliche amministrazioni, vuole intervenire su una questione che lo ha contrariato: “Queste elezioni dovevano svolgersi il 27 marzo 2020. A febbraio si era aperta la segreteria per registrare le candidature, tra le quali quattro di noi attuali componenti, perché così ci era stato assicurato dall’Unione diocesana che aveva validato la documentazione. L’Unione diocesana è l’organismo che il vescovo ha istituito sei anni fa, sovrintende alle confraternite della diocesi, con un consiglio direttivo composto da laici e da due sacerdoti. Ha sede presso la curia.

L’elezione causa pandemia è stata rinviata. A giugno 2020 ci viene comunicato che quattro di noi non potevano più candidarsi per il limite dei due mandati che il nuovo statuto fissa in due periodi di tre anni ciascuno, rispetto al precedente regolamento che ne prevedeva due di cinque anni. All’atto dell’approvazione del nuovo statuto era stato assicurato che le cariche precedenti sarebbero state azzerate nella decorrenza. Tant’è che a febbraio 2020 si erano svolte le nuove elezioni alla Confraternita di Fabrizia, che fa parte della diocesi, che si trovava nelle stesse condizioni nostre in quanto ad anzianità e cumulo di carica. Oggi quella confraternita è addirittura commissariata.

A luglio 2020 ci viene notificata ufficialmente la decisione, che disciplinatamente accettiamo ma, sulla quale, contemporaneamente, dissentiamo in virtù proprio degli accordi sui quali erano state condivise le nuove regole. In particolare, noi avevamo proposto di aumentare la durata a quattro anni, per consentire in ogni caso al priore di una delle confraternite di Catanzaro, che sono quattro, di potere almeno una volta nel mandato organizzare la processione della “Naca” che costituisce il punto culminante dell’annualità. In quella occasione ci è stato assicurato che il problema non si pone, appunto per l’azzeramento della tempistica precedente, che non avrebbe contato più”.
Invece… e qui entra la nota di giallo. “Invece – continua il priore Antonio Giulio Frustaci – non è stato così. L’Unione diocesana ha giustificato l’annullamento di Fabrizia, e anche il diniego a noi, richiamando una sentenza della Corte di Cassazione, riguardo agli incarichi nell’Ordine degli avvocati, in cui si dispone, a seguito di ricorso, che non si possono eleggere presidenti per la terza volta consecutiva. Ma quella è tutta un’altra storia: cosa c’entra? Insomma, veniamo a sapere che un nostro confratello in data 10 marzo 2020 aveva presentato ricorso contro la composizione delle liste dei candidati, richiamando appunto l’articolo 16 del nuovo statuto e chiedendone l’applicazione. Ora, di questo ricorso nessuno all’Unione né in Curia sa niente. Se ne sono perse le tracce, ne viene addirittura negata l’esistenza. Ne rimane solo un’ombra nella minuta della nota inviateci a luglio, in cui l’esposto viene citato e poi omesso nella copia definitiva. È importante invece che il ricorso venga ammesso, perché, come succede in ogni campo di qualunque amministrazione, in presenza di un ricorso la controparte ha il diritto di opporsi. A noi questo viene negato. Non essendoci ricorso, non si può controdedurre”.

Una spiegazione forse c’è. Alla costituzione dell’Unione diocesana delle confraternite doveva fare seguito l’istituzione di un Comitato dei priori che, tra l’altro, dovrebbe valutare i ricorsi. Il ricorso sarebbe così dovuto andare al Comitato dei priori che si sarebbe dovuto esprimere, approvandolo o respingendolo, comunicando l’esito al ricorrente e alla controparte dando avvio all’eventuale accesso ai gradi superiori di giudizio.
“L’Unione – argomenta Fruistaci – nega l’esistenza del ricorso e afferma che l’interpretazione delle norme statutarie non ne è conseguenza. Ha addirittura chiesto un parere legale in alto loco. Hanno scritto alla Confederazione nazionale confraternite diocesane di Roma che le dà ragione. Potremmo obiettare che il presidente della Confederazione, nominato su una terna di nomi fornita dalla Cei, è presidente e legifera sulla incandidabilità dei piccoli priori di provincia. Ma ci limitiamo a osservare che le finalità dell’Unione nazionale non sono quelle di fornire pareri di ordine giuridico. Viceversa si dovevano rivolgere, e noi avremmo potuto fare ricorso, al Dicastero per i laici, struttura che ha sede nella Città del Vaticano, presieduta da un cardinale con l’apposito ufficio legale che fornisce pareri su queste questioni. Anche per questa via avremmo potuto argomentare le nostre ragioni. Invece niente. Ci sentiamo defraudati di un nostro diritto”.

Frustaci, insieme agli altri confratelli, si recherà alle urne e contribuirà alla vita della Confraternita. Rimane loro, però, un senso di frustrazione coniugato all’amor proprio ferito. Non è facile spiegare ai fedeli le ragioni tecniche che impedisce la loro rielezione. Alcuni potrebbero semplificare e fare circolare il venticello sottile e malevolo del dubbio: “Se li hanno cacciati un motivo ci sarà stato”. E questo, in fondo, è il motivo principale per il quale Frustaci e gli altri, impediti nel loro diritto, chiedono giustizia. Laica o curiale, purché sia fatta.