La Chiesa del Monte: arte e bellezza sulla piccola altura foto

Lo scrittore Patari, nel suo “Catanzaro d’altri tempi”, delinea un pò le fasi del passato dell'edificio

Fra le pregevoli chiese del centro storico di Catanzaro che mostrano nella loro struttura, la storia, l’arte e la bellezza architettonica, si può certamente considerare la “Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia”. Questa singolare chiesa, posta nelle adiacenze di Via XX Settembre, possiede un importante passato e contemplando la sua facciata se ne può già scorgere la rilevanza in alcuni particolari.

Il nome datole deriva dal fatto che sorge su di una piccola altura e, conseguentemente, dal fatto che in quel luogo venivano officiati i funerali. Nel breve iter che si vorrà fare per ricordarne la storia ci si avvarrà di un grande scrittore, il Patari, che nel suo “Catanzaro d’altri tempi”, delinea un po’ le fasi del suo passato.

C’è da dire che la storia di questo edificio risale al XVII secolo, ma, prima che la chiesa venisse edificata, alcuni nobili della città fondarono una “Confraternita” (Monte della Misericordia) nei pressi dell’antica chiesa di “Santa Maria del Mezzogiorno” ove venivano raccolte sia le “quote” annue degli associati che le offerte dei cittadini, costituendo così il cosiddetto “Monte” utilizzato proprio per la celebrazione dei suffragi per i defunti della città (anche da qui il nome “Monte dei morti e della Misericordia”).

Susseguentemente si avvertì la necessità di avere un luogo ove poter svolgere al meglio le attività e, pertanto, grazie alla generosità di alcuni nobili cittadini vennero acquistati dei locali (1630) del vicino palazzo “Morano”, realizzando così una cappella e un Oratorio. La gestione di quest’ultimo venne affidata (1706) al nobile sacerdote D. Ignazio Marincola, il quale essendo devoto a S. Filippo Neri pensò di far edificare un altare a lui dedicato. Tuttavia il crescente numero dei fedeli diede l’esigenza di una chiesa più grande, tant’è che si pensò di edificarne una nelle vicinanze.

I lavori iniziarono nel 1712, ma durarono numerosi anni ed infatti terminarono nel maggio del 1739, allorquando avvenne la sua consacrazione e apertura al culto, officiata dal Vescovo Don Ottavio Del Pozzo. Dal 1740 al 1769 vennero apportate alla chiesa numerose modifiche, sia “strutturali” che di abbellimento. Nel 1740, ad esempio, il patrizio D. Emanuele De Riso fece realizzare una singolare scalinata in pietra che, però, per volere dell’Amministrazione comunale dell’epoca venne demolita e sostituita con quella attuale edificata in mattoni e ghisa. La motivazione del provvedimento, come riporta il Patari, fu: “…perché si allargasse la piazza che è dinanzi la chiesa…!”.

A queste opere se ne aggiunsero altre e fu il rettore D. Emanuele Grimaldi a far adornare la chiesa di stucchi (1765 – 1769), inoltre, fece realizzare la cupola e nella facciata principale apporre la scritta che ancor oggi si può leggere:” Sancta Maria Mater Misericordiae erga animas defunctorum”. Successivamente, sempre il Grimaldi, fece edificare nel 1801 (sul luogo dell’antecedente cappella che poi venne diroccata per motivi strutturali) un palazzetto dove risiedevano i P.P. Filippini della Congregazione di San Filippo Neri (chiamati dai catanzaresi “montisti”) che a Roma aveva fondato il noto ordine monastico nel 1564. I Padri, oltre ad occuparsi della gestione della chiesa con le celebrazioni delle varie funzioni, avevano cura dell’educazione morale e culturale di giovani bisognosi, per tale ragione la chiesa era frequentata da diversi ceti sociali.

L’Ordine si occupò della gestione finché, il Vescovo di Catanzaro Mons. Bernardo Maria De Riso con la bolla del 30 aprile 1892, affidò ai Padri Cappuccini sia il rettorato che l’amministrazione della chiesa. Questi ultimi, a seguito della soppressione degli Ordini monastici (come da leggi emanate dopo la proclamazione del Regno d’Italia), avevano perso il loro convento ed annessa chiesa che sorgevano dove attualmente è situata la Caserma Pepe e per tale ragione erano stati allocati presso il palazzo Episcopale.

Ancor oggi si può ammirare la particolare architettura dell’edificio la cui facciata principale, adorna di un pregiato portale barocco in pietra arenaria, evidenzia nella parte centrale ed esattamente sopra il portone d’ingresso, la nicchia con la Madonnina a braccia aperte, quasi in segno di “accoglienza” ai fedeli. La nicchia è sovrastata da un grande finestrone che porta al di sopra un teschio, con la “scritta” di cui si è precedentemente parlato. Sempre sulla facciata principale si evidenziano due importanti “lapidi marmoree” (realizzate dal messinese Francesco Berardinelli) ove sono impressi i nomi dei 178 catanzaresi caduti nell’ultima guerra, entrambe benedette da Mons. Giovanni Fiorentini il 4 novembre del 1924 alla presenza di importanti istituzioni politiche e religiose e un gran numero di catanzaresi in trepidante commozione.

La chiesa, fra gli edifici sacri in città, resta l’unico caso ad avere la pianta a croce greca ed è sormontata da una cupola priva del “tamburo”, poggiando direttamente sulle “vele” di quattro grandi pilastri. Ed è nella parte interna della cupola che quattro tele raffigurano i “quattro evangelisti” dipinti dal pittore calabrese Giovanni Spadea con al centro un dipinto che raffigura “San Filippo Neri nella gloria”, inoltre, sempre all’interno, quattro cappelle laterali di cui un tempo due dedicate a S. Filippo Neri, all’Immacolata, a Sant’Antonio di Padova e San Francesco d’Assisi. Nel presbiterio l’altare maggiore, caratterizzato da colonne e stucchi, è dedicato alle anime del Purgatorio, al centro una tela raffigurante la S.S. Trinità con la Madonna e le Anime Purganti.

Ancora all’interno il singolare “pulpito” e le “cantorie”, sono poi conservati pregiati oggetti sacri, statue, paramenti e tante altre opere come ad esempio la tela del ‘600 raffigurante la Madonna con gli Angeli (detta anche “Vergine della Porziuncola”) tra i Santi Francesco d’Assisi, Michele e Bonaventura (la tela, del 1642 e dipinta da Giovanni del Prete, parrebbe provenire dall’altare della chiesa dell’ex convento dei Cappuccini). Da ricordare ancora due pregiati “ovali” del ‘700, con “S. Francesco Saverio” gesuita e “San Ignazio” di Loyola. Ultimamente, come è noto, i monaci rimasti dell’Ordine dei Frati Cappuccini, hanno lasciato definitivamente il Convento del Monte, una presenza determinante nell’evoluzione della città che ha molto sofferto di questo avvenimento, costituendo l’Ordine un importante “patrimonio culturale, storico e spirituale”.

Nel breve iter su cui ci si è focalizzati, sono state ripercorse le principali fasi storiche di questa singolare chiesa, pregio per la città e significativa realtà di un passato di ragguardevole interesse. (foto Franco Foglia)