Ancora chiusure, commercianti esausti: “Così non possiamo andare avanti”

C'è chi mercoledì riaprirà, costi quel che costi. Molti hanno paura, altri chiedono una protesta condivisa e unanime

Nuova chiusura, altri sacrifici, troppa stanchezza: i piccoli imprenditori catanzaresi dei settori costretti a tenere abbassata la saracinesca non ce la fanno più e all’ennesima chiusura da zona rossa, sono intenzionati a riaprire il prossimo mercoledì. Attività come gioiellerie e negozi d’abbigliamento sono al collasso e nell’assenza di aiuti concreti e sufficienti non possono più rimanere fermi a guardare che l’emergenza passi.

Poche saracinesche alzate non fanno rumore, serve essere compatti

A molti l’ultima ordinanza di chiusura non va proprio giù e soprattutto tra le categorie tra le più penalizzate c’è la necessità di prendere una posizione: “Occorre protestare per queste chiusure, ma serve che la voce sia unanime, poche saracinesche alzate non possono far rumore ed esprimere tutte le difficoltà che stiamo vivendo noi imprenditori – ha spiegato Marisa Citriniti di Arcade – Si parla di crisi del settore turistico, di sofferenza del settore ristorazione, dove si ha la possibilità di lavorare su asporto, ma noi siamo completamente chiusi, come se tutti i contagi avvenissero nei nostri negozi che sono tutt’altro che luoghi di assembramento.”

Fitti, dipendenti e merci da pagare, la notte non si dorme più

Piccoli e medi negozi di città, che niente hanno a che fare con le grandi superfici con alto via via, si sono adeguati alle normative anti – contagio, dotati di ogni dispositivo di protezione e, considerato il flusso di clientela facilmente gestibile, rivendicano il diritto di lavorare: “Nei giorni antecedenti alla Pasqua la città sembrava rinata, c’era gente in giro come se i contagi non fossero un problema, possibile che sono solo le nostre attività a rappresentare un rischio? – ha proseguito – Siamo stanchi, non abbiamo più la forza di reagire, dobbiamo pensare agli affitti che in questa città sono altissimi, ai dipendenti, alla merce da pagare, non è più possibile andare avanti così.” E con la voce provata dallo sconforto l’imprenditrice ha aggiunto: “Non dormo più la notte, faccio questo lavoro da 38 anni e non riesco a pensare di chiudere la mia carriera in questo modo. All’inizio abbiamo tamponato le difficoltà con i risparmi ma ora siamo al limite, sentiamo in tv che la crisi finirà, ma in lontananza non vediamo luce.”

Saracinesca alzata accada quel che accada, l’invito ai clienti: “Venite a trovarci”

Spese da sostenere e magazzini pieni di merci, che certamente non verranno smaltite a porte chiuse, mettono i negozianti con le spalle al muro. Tre collezioni ferme e invendute, alcune del tutto intonse, e l’esigenza di dover pensare a programmare gli ordini nuovi per le stagioni che verranno. E Poi provvedere al pagamento delle vecchie e delle nuove merci, da qualsiasi punto di vista si guardi la situazione è complicata, la stessa per tutti. Ecco perché c’è chi giorno 7 riaprirà anche da solo. “Accada quel che accada mercoledì alzeremo la porta dei nostri locali e accoglieremo i nostri clienti – hanno detto Annarita e Francesco del gruppo Teti – ci auguriamo che gli altri commercianti della città si uniscano alla nostra protesta perché così non si può più andare avanti.” Rischieranno di prendere una multa ma non possono più permettersi di non lavorare: “Non abbiamo più il fiato per dire quello che ci sta accadendo e che dobbiamo sopportare – hanno proseguito – paradossalmente i nostri piccoli negozi sono luoghi sicuri, possiamo controllare le entrate, cosa si conclude a chiudere le nostre attività quando poi i supermercati sono strapieni di gente? O i sacrifici li facciamo tutti o non serve penalizzare solo alcune categorie.” E sul fronte aiuti dallo Stato: “Con il governo Conte qualcosa abbiamo percepito, ora non si sa se e in che modo ci aiuteranno, ma nell’attesa non possiamo restare immobili. Noi riapriremo – hanno ribadito – e invitiamo i nostri clienti a venire a trovarci nel rispetto delle norme sul distanziamento.”

Ristorazione: così si chiude per sempre, l’asporto non basta

E anche alcuni ristoratori vogliono appoggiare la protesta: “Ancora due settimane di forti restrizioni, non se ne può più – ha detto Santina Pultrone dei Vinattieri – Cosa vogliono da noi? Che chiudiamo per sempre? Dobbiamo essere compatti e far sentire la nostra voce, appoggiarci a vicenda, lavorare solo con l’asporto non è più possibile, abbiamo imboccato la strada della chiusura definitiva.” Giustamente c’è chi però ha paura e pensa di non riaprire per non incorrere a sanzioni: “Molti riapriremo, altri no, la paura è lecita ma credo che questa volta sia necessario mandare un messaggio forte perché siamo allo stremo delle forze – ha proseguito – Le porte della mia attività saranno aperte, ormai sono abituata ad affrontare di tutto. Dal 12 gennaio non ho più ricevuto nessun ristoro – ha concluso – forse tra qualche giorno riceverò mille euro che mi sembrano proprio una presa in giro, siamo alla frutta.”

Parrucchieri ed estetisti non più attività essenziali

Nella categoria di parrucchieri ed estetisti c’è infine chi rimane perplesso: “Ancora non mi sono confrontato con i miei colleghi per capire se unirci alla protesta dei commercianti ma la situazione che si è creata è particolare – ha spiegato Giacinto Raione di Barber Shop – Un diavolo per capello – prima le nostre attività erano considerate essenziali, ora non lo sono più, è tutto strano. Si può tornare a scuola e non si può andare dal parrucchiere che può contingentare ricevendo un cliente alla volta. Mi sono organizzato con le prenotazioni online e i miei clienti non si incontrano mai, chiudere le nostre attività invece può portare un danno maggiore – ha concluso – perché c’è poi chi si organizza a lavorare nelle case. E’ assurdo!”