Carrozze e cocchieri nella Catanzaro di una volta

Le carrozze percorrevano all’epoca svariate volte il corso “Vittorio Emanuele”, per poi andare su Via Bellavista e infine sull’attuale Piazza Matteotti

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A chi non è mai venuto il desiderio di salire su di un’antica carrozza o su uno di quei particolari calessi, usati anche per brevi “tour panoramici” cittadini? La carrozza, nella storia, ha rappresentato uno dei principali mezzi di trasporto, sin quando l’automobile non fece poi il suo trionfale ingresso (XIX secolo). Anche nel passato di Catanzaro questo singolare mezzo ha ampiamente percorso le sue strade, tuttavia, prima di ricordare come le carrozze assunsero una parte importante nella città, ci si vorrà soffermare su alcune loro caratteristiche. A determinare la tipologia della carrozza era certamente l’uso per cui veniva deputata, si potevano pertanto distinguere, ad esempio, carrozze “padronali”, “sportive”, di “servizio” e anche a “doppio uso”, a ciò erano ovviamente legati alcuni elementi principali: i finimenti, l’equipaggio e i cavalli.

L’uso, dunque, variava, a ricordarlo alcuni modelli come la “berlina chiusa”, usata per lo più come mezzo di rappresentanza o il “coupé”, anch’essa chiusa, ma a soli due posti o ancora il “calesse” che veniva usato in primavera poiché completamente aperto. Tuttavia la carrozza è stata anche un mezzo di trasporto “pubblico”, da “viaggio” o diversamente usata per soccorrere gli ammalati (la nostra odierna ambulanza), sino ad arrivare al comune “carro” adoperato per il trasporto merci. La tipologia era veramente vasta, anche il fattore “estetico” era fondamentale, quelle dell’alta borghesia erano infatti particolarmente decorate, leggere nella “foggia” e nei fregi di cui erano ornate. A ciò si aggiungeva un altro “mondo”, che includeva i “cocchieri” che le conducevano, i “carrozzai” che ne curavano le parti o addirittura s’interessavano della loro realizzazione e poi, come si è già detto, i cavalli, di cui erano dotate. Infine, anche le rifiniture erano importanti, come fanali, fruste e tutto ciò che occorreva per l’intero contesto, persino i bauli dei viaggiatori che dovevano essere particolarmente robusti. Non meno importante era l’abbigliamento da usare, sia quello dei conducenti che del “viaggiatore”, le donne in particolar modo dovevano abbinare il loro abito alla “tipologia” della carrozza.

CARROZZE A CATANZARO

E’ così anche il capoluogo calabro, come del resto i tempi richiedevano, si avvalse dell’uso delle carrozze. Si comincerà dall’impiego che se ne faceva a partire dalla sua periferia, infatti da “Pié della Sala”, ove era situata la stazione ferroviaria, per raggiungere il centro cittadino venivano usate per l’appunto le carrozze, quando ancora non era stata resa attiva la tramvia. I collegamenti non erano del tutto facili e anche i percorsi, che attualmente sembrano veloci e brevi, all’epoca apparivano completamente diversi. I mezzi a disposizione non sempre soddisfacevano le aspettative del viaggiatore tant’è che anche nel libro “Catanzaro – La grande bellezza nell’inedita raccolta delle più antiche immagini della città” di Rino Rubino, si descrive quanto nel 1899, il servizio delle carrozze da nolo alla stazione di Sala non fosse propriamente eccellente, aggiungendo quanto scriveva un giornalista dell’epoca in un suo articolo: ”…cocchieri senza patente, carrozze sgangherate tirate da cavalli viziosi. I passeggeri sono presi d’assalto e malmenati dai cocchieri, i quali bestemmiano, minacciano e ne fanno di tutti i colori, senza essere molestati. Arrivando a Sala, pare di arrivare in Africa”. Lo scenario non appariva del tutto “idilliaco”, ma sembra che i cocchieri, ritenendo troppo basse le tariffe stabilite e vedendosi minacciati dal “ritiro della patente”, avessero conseguentemente attuato un’azione di protesta ottenendone così l’aumento. Ma la vera “esposizione” di carrozze, avveniva in centro città, allorquando la nobiltà del tempo faceva quasi a gara a chi avesse la carrozza più bella nelle sfilate su corso “Vittorio Emanuele”.

“Ed era una gara nel patriziato e nell’alta borghesia a chi potesse vantare il più bello e costoso dei cocchi: carrozze superbe tirate da superbi cavalli: pariglie di bai dorati, di morelli, di sauri, di pezzati, di grigi pomellati, di roani”. E’ così che il Patari descrive lo scintillio delle carrozze nel suo “Catanzaro d’altri tempi”, sempre a trarre quella parte singolare della città, con i suoi fasti e le sue “promenade” pomeridiane quasi come fossero “parate”. Proprio in queste “sfilate”, le signore non mancavano di mostrare le loro “toilettes”, il cappello, quasi sempre d’obbligo, fermato da nastri o da uno spillone e l’abito, non troppo scollato e con manica lunga, sicuramente raffinato ma obbligatoriamente “coprente”. Ma, alle normali passeggiate in carrozza sul corso di Catanzaro, si aggiungevano anche quelle un po’ “particolari”, una “vetrina” per quelle ragazze delle ben conosciute “case di tolleranza” che venendo in città per un breve periodo di tempo (in genere si trattenevano quindici giorni) la ritenevano una buona occasione per farsi conoscere. La carrozza, infatti, passava per il corso e il cocchiere, di proposito, si soffermava davanti ai “caffè” per meglio mostrare le ragazze. La carrozza, dunque, non solo “mezzo” di trasporto, ma anche occasione di mostrarsi all’intero contesto cittadino, tuttavia, fra tutte, soltanto una in particolar modo eccelleva: la carrozza “episcopale”. “…l’auriga al suo posto, rigido, impettito, chiuso nella pomposa livrea e dietro il cocchio i palafranieri in piedi, brache corte, sciamberga a ricami dorati, la feluca in testa…”. Così ancora descrive il Patari la carrozza del Vescovo, l’ultimo ad usarla fu monsignor Raffaele De Franco, poi scomparso dopo quasi trenta anni di gestione vescovile.

Le carrozze percorrevano all’epoca svariate volte il corso “Vittorio Emanuele”, per poi andare su Via Bellavista e infine sull’attuale Piazza Matteotti. I cocchieri, ben pagati dalle nobili famiglie, traevano anche vantaggio da cortei funebri, matrimoni, battesimi e feste. Proprio per queste ultime, che alle volte si svolgevano nel rinomato “Albergo Moderno”, i cocchieri sostavano nella piazza durante il loro svolgimento, aspettando i “signori” che vi partecipavano. All’immagine “nobile” della carrozza, non mancava quella parte più “umile”, per le strade di Catanzaro era solito vedere anche i cosiddetti “trajni”, i carri adibiti al trasporto merci, a volte anche chiusi nella parte posteriore, la manovalanza ne faceva uso, come del resto era comune anche l’uso di carri trainati dai buoi, specie nella “marina” di Catanzaro, adibiti al trasporto delle merci scaricate dalle navi in sosta nella “rada” del “Villaggio Marina”. Ed era proprio nella zona “marinara” della città che i nobili, nei periodi estivi, usavano scendere dal centro cittadino con le loro carrozze, per i consueti “bagni di mare”. E dunque a Catanzaro le carrozze trasportarono viaggiatori, nobildonne, famiglie altolocate e medio borghesi e finanche illustri personaggi. Ancora da ricordare le ultime carrozze esistenti in città in un periodo relativamente recente. Infatti, intorno agli anni ‘60, si potevano vedere gli ultimi “cucchjeri” rimasti che, con la loro particolare divisa che comprendeva una corta “mantellina”, sostavano davanti al Tribunale, nei pressi del “Cavatore” o vicino la Chiesa dell’Immacolata e con le loro carrozze aspettavano di portare a “destinazione” qualche indaffarato cittadino catanzarese. Il loro servizio, infatti, fungeva per così dire da “taxi” nelle vie della città.

Fra i cocchieri di Catanzaro alcuni vengono ricordati da Silvestro Bressi, nel suo libro “Venditori ambulanti sui tre colli – fiere, mercati, voci e personaggi di Catanzaro”, sono dunque citati Filippo Caliò (detto ‘u sciosciu, come riportato nel testo), Pietro Timpano, i fratelli Angelo e Antonio Conforto, Francesco Cosentino di Santa Barbara e Giuseppe Cosentino d’a Vaddhotta. Un’epoca oramai lontana, ma ugualmente “vicina” nei ricordi della Catanzaro di una volta. (foto dal web)

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