Operazione Quarta chiave: 300 carabinieri hanno espugnato il fortino impenetrabile di Scordovillo
Gratteri: "Venivano incendiati con regolarità rifiuti tossici. Per molti c'è la reiterazione". Capomolla: "reati che provocano allarme ambientale"
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Oltre 300 carabinieri per espugnare un “fortino” impenetrabile, epicentro di un gigantesco e illegale traffico di rifiuti che poi provocava un’autentica emergenza ambientale. La Dda di Catanzaro e il comando provinciale dell’Arma hanno dovuto mettere in campo un dispiegamento di forze senza precedenti per entrare nell’insediamento Rom di Scordovillo di Lamezia Terme e disarticolare un’organizzazione che da decenni gestiva abusivamente un’ingente quantita’ di rifiuti nel piu’ assoluto disprezzo delle regole. Dallo stoccaggio di materiale pericoloso – rottami, elettrodomestici, reti da letto, cavi elettrici – agli innumerevoli carichi non autorizzati, l’organizzazione aveva allestito una vera e propria realta’ imprenditoriale che, in violazione delle norme di settore, era dedita alla raccolta e trasporto di rifiuti presso ditte specializzate nella preparazione e nel riciclo, procedendo poi a continui incendi e interramenti di rifiuti che a loro volta procuravano un gravissimo inquinamento ambientale sia nel sottosuolo che nell’atmosfera, com’e’ avvenuto nel 2019 quando il denso fumo sprigionato dall’insediamento rom aveva raggiunto e avvolto il vicino ospedale e un’ampia fetta del territorio lametino. Questi i dettagli emersi dalla conferenza stampa nella quale la Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri, e i Carabinieri hanno illustrato l’esito dell’operazione chiamata in codice “Quarta chiave”, culminata nell’esecuzione di 29 misure cautelari (15 in carcere e 14 ai domiciliari).
“Molti degli odierni indagati – ha spiegato Gratteri – hanno l’aggravante della reiterazione. Per loro e’ normale delinquere e inquinare ettari ed ettari di terreno. Per loro e’ normale incendiare rifiuti tossici. Questa indagine e’ stata curata nei minimi dettagli dai carabinieri di Catanzaro e Lamezia, che hanno raccolto non indizi, ma prove schiaccianti documentando con riprese e intercettazioni la reiterazione dei reati, in spregio a tutte le norme a tutela dell’ambiente. Abbiamo assistito a fenomeni di continuo inquinamento. C’era un fortino dove gruppi di persone – sto attento ai termini perche’ non voglio criminalizzare in modo generico e perche’ non c’e’ alcun pregiudizio da parte nostra, ma lavoriamo solo con i fatti – erano dediti ai reati di inquinamento ambientale. Alcune aree di Lamezia Terme – ha specificato il procuratore di Catanzaro – sono contaminate anche da metalli pesanti in modo quasi irreversibile”. “Questa indagine – ha poi aggiunto il comandante provinciale dei Carabinieri di Catanzaro, colonnello Antonio Montanaro – nasce dall’esigenza di fare luce su una serie di episodi che si sono verificati nell’area del campo di Scordovillo. Vi erano ditte compiacenti che si prestavano allo smaltimento per avere delle utilita’. Stamattina ci siamo presentati al campo rom con oltre 300 carabinieri per eseguire le misure”. Per il procuratore aggiunto vicario di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, “siamo davanti a reati che generano molto allarme sul piano ambientale e igienico e sanitario. La nostra e’ stata un’indagine che richiede grandi competenze tecniche per scoprire i reati, un’indagine difficile perche’ il campo di Scordovillo e’ totalmente sotto il controllo della comunita’ insediata ed e’ molto difficile effettuare controlli ed attivita’ di indagine all’interno”.
Il maggiore Cristian Bruscia, comandante della compagnia dei carabinieri di Lamezia Terme, ha evidenziato che “l’indagine si e’ sviluppata con tecnologie avanzate documentando un’attivita’ costante di notte e di giorno. Sono state sequestrati 14 mezzi, due ditte individuali e 4 societa’ lametine che sfruttando le loro autorizzazioni immettevano nel mercato nero i rifiuti procurati loro dai rom”. Infine, il tenente colonnello Sergio Molinari, comandante del gruppo Carabinieri di Lamezia Terme, ha spiegato il perche’ del nome in codice “Quarta Chiave” dato all’operazione: “Il nome – ha detto Molinari – riprende il filo di un intervento rivolto da Massimo Berlingeri, detto Ciaiò, all’allora ministro Fabrizio Barca, al quale aveva indicato tre chiavi di volta per l’emersione delle zone piu’ degradate, istruzione, lavoro casa. La quarta chiave l’aggiungiamo noi, e cioe’ il rispetto dell’ambiente e della legalita’”