Anche il Consiglio di Stato dà ragione alla Regione e diverse associazioni

Respinto il ricorso del Comune di Catanzaro contro la sentenza del Tar

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La terza sezione del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso proposto dal Comune di Catanzaro contro la Regione Calabria (rappresentata in giudizio dall’avvocato Angela Marafioti), nei confronti di diversi comuni d’ambito e di diverse società socio-assistenziali (rappresentate dai legali Antonio Torchia e Giuseppe Pitaro) e ad opponendum dell’Associazione Strutture Sanitarie Sociali Assistenziali Calabria (rappresentate da Roberto
Previte e Claudia Parise)  per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, numero 1356/2020 pubblicata il 20 luglio 2020, con la quale era stato respinto il ricorso proposto dal Comune di Catanzaro avverso la delibera di Giunta regionale 423 del 9 settembre 2019 e della documentazione ad essa allegata, tra cui il “Regolamento per le procedure di autorizzazione, accreditamento e vigilanza delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale socio assistenziali, nonché dei servizi domiciliari, territoriali e di prossimità”, con cui la Regione Calabria ha demandato ai comuni “Capi Ambito”, tra i quali proprio il Comune di Catanzaro, il compito di individuare i soggetti – tra quelli autorizzati, accreditati e iscritti all’apposito albo – dai quali acquistare o ai quali affidare i servizi sociali.

Nel testo della sentenza si ricorda che la controversia si inserisce in un complesso contenzioso già venuto all’esame della Sezione sotto i diversi profili della partecipazione degli Enti e delle Associazioni interessati. Vengono altresì riassunte le doglianze del Comune di Catanzaro quanto alla ripartizione del finanziamento dei servizi sociali. Il Comune deduceva numerosi profili di violazione di legge con riferimento alla legge 328/2000 e agli articoli 81, 97, 117, 119 Cost., nonché al D.P.R. 267/2000, (artt. 183 e 191), ed ancora la violazione del principio di equilibrio di bilancio quanto alla mancata o insufficiente copertura finanziaria e all’omesso trasferimento di risorse finanziarie e delle risorse umane e patrimoniali, la violazione dell’art. 32, 38, 39 legge regionale Calabria 23/2003, con riguardo alla mancata e/o contraddittoria indicazione dei criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni del sistema integrato, sulla base dei criteri indicati nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, il difetto di istruttoria, ed ancora la violazione dell’articolo 15 della legge regionale 24 del 18/07/2008, l’incompetenza ed il difetto di istruttoria, l’eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti, dell’illogicità e della contraddittorietà manifesta. Il Comune inoltre deduceva incidentalmente le questioni dell’illegittimo trasferimento di competenze dalla Regione ai Comuni e con i motivi aggiunti denunziava l’illegittimità derivata per sussistenza dei medesimi vizi degli atti presupposti. Inoltre deduceva che le linee di indirizzo farebbero menzione di piano e delibere non più efficaci.

Ricorrendo al Consiglio di Stato, il Comune di Catanzaro in via generale premette che l’irrazionalità degli atti adottati si evincerebbe dal succedersi di circolari correttive, deduce di aver scoperto che le somme trasferite sarebbero destinate a rimanere invariate anche per gli anni successivi, rimanendo l’incertezza sulle modalità previste per fronteggiare l’aumento del fabbisogno. Nel ricorrere al Consiglio di Stato, il Comune, altresì, deduce i motivi di appello, evocando un error in iudicando da parte del Tar che avrebbe confuso la date della erogazione con quella rendicontazione. Le risorse stanziate, secondo il Comune, dovrebbero essere idonee a monte ad assicurare la copertura della spesa. La Regione, al contrario, non avrebbe compiutamente stabilito gli effetti finanziari da far gravare sul proprio bilancio e sugli esercizi futuri, ponendoli, quali imprevisti, su quello del Comune Capo Ambito. Le somme sarebbero state erogate in ritardo. Inoltre il Comune avrebbe ravvisato carenza e/o insufficienza di motivazione; contraddittorietà tra parte motiva e ricostruzione normativa.
Alle deduzioni del Comune, si sono succedute le deduzioni della regione e delle società socio-assistenziali e della loro Associazione.

La terza sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto l’appello infondato nel merito. Il Collegio “da un punto di vista generale, che non può che trovare condivisione quanto affermato dal primo giudice nella ricostruzione dell’assetto ordinamentale”. Nel sistema delineato dalla riforma avviata nel 2000 la gestione associata costituisce il modo per garantire i servizi uniformemente sul territorio nazionale e a tale logica rispondono i piani di zona e la delega ai comuni capofila. “Risulta smentito, dunque, l’assunto di parte appellante circa l’esclusione del concorso degli enti al finanziamento delle attività in argomento”.
Quanto alla corretta stima del fabbisogno, l’allegato 1 alla D.G.R. n. 423 reca l’aggiornamento delle tariffe, conseguenti all’adeguamento ai requisiti: “Complessivamente, le risorse indicate sembrano, dunque, idonee a realizzare gli obiettivi come previsto dalla legge 328/2000”.
Infondato, secondo il CdS, anche il terzo motivo di appello, in quanto il parere della commissione bilancio è previsto nel regolamento del Consiglio regionale e non con riferimento ai lavori Giunta.

In definitiva, mentre la complessità della controversia esaminata giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciandosi sull’appello, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza 1356 del 2020.

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